Droni e Geologia, nuove prospettive di sviluppo

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 234) il 27 maggio 2017.

Disparati e interessanti gli impieghi dei SAPR nel settore delle Scienze della Terra

Stiamo esplorando lo spazio, nel giro di qualche decennio torneremo sulla Luna e forse ci avventureremo su Marte o Venere mandando missioni speciali con equipaggio umano; la nostra razza si espande grazie alle nuove tecnologie e fa cose che prima avremmo reputato impensabili, al limite fantascientifiche. Con tutto quello che accade nell’era moderna, sembra strano che intere aree della superficie terrestre non siano state mappate a dovere con rilievi geologici, geotermici e geomeccanici, per non parlare delle profondità oceaniche, per noi praticamente sconosciute. Sembra ancora più paradossale conoscere le superfici e le composizioni chimiche di alcuni suoli marziani, venusiani e di alcune grandi comete, e non poter dire lo stesso di alcune aree del nostro pianeta.

La Geologia, la scienza che studia la Terra, è una scienza giovane che attraversa da sempre periodi di sconvolgimenti frutto delle nuove scoperte scientifiche. In senso lato, l’Uomo ha studiato la Geologia praticamente da sempre, esprimendosi sulla natura di ciò che trovava intorno a lui, e cercando spiegazioni ai fenomeni ai quali assisteva. In senso stretto, invece, la vera Geologia come scienza non ha nemmeno due secoli di storia, non è consolidata come altri settori della conoscenza umana e ha ancora molta strada davanti. Questa sua natura da “scienza giovane”, nonostante sia seconda solo all’Astronomia nella classifica delle scienze che si occupano dell’antichità (la Geologia copre quattro miliardi e mezzo di anni, la storia della Terra, mentre l’Astronomia si spinge fino al Big Bang, ossia fino a quasi quattordici miliardi di anni nel passato), giustifica la mancanza di mappature globali dettagliate. Altro fattore importante è dato dall’impraticabilità di molti rilievi, ritenuti troppo pericolosi o economicamente infruttuosi; non ha molto senso, infatti, spendere ingenti risorse se non è strettamente necessario. Fatta questa precisazione, non c’è da stupirsi nel constatare che uno dei più forti stimoli allo sviluppo della Geologia come scienza e all’affinamento di molte delle sue tecniche è arrivato dalla ricerca delle georisorse quali petrolio, carbone, rame, oro e uranio, materiali la cui estrazione genera ingenti profitti. Anche la sua “scienza sorella”, la Paleontologia, è cresciuta moltissimo quando gli scienziati hanno trovato un nesso tra alcuni particolari fossili e la presenza di petrolio in alcune aree.

Se è tutta una questione di economia, l’attenzione si sposta sulla variazione dei costi nel tempo per stabilire se ciò che prima risultava essere non conveniente e remunerativo, ora potrebbe esserlo. E’ qui che entrano in gioco i droni, o sistemi aeromobili a pilotaggio remoto, una delle innovazioni tecnologiche più importanti degli ultimi anni. Puntando sulla miniaturizzazione delle componenti e sull’abbattimento di rischi e costi, questi dispositivi stanno garantendo alle Scienze della Terra un boost significativo: solo negli ultimi quattro anni, i rilievi prima considerati rischiosi e/o economicamente non sostenibili sono aumentati in modo esponenziale, diventando l’oggetto di pubblicazioni scientifiche che hanno attirato l’attenzione di tantissimi geologi in tutto il mondo. Intanto, i droni continuano a migliorare in sicurezza, stabilità e prestazioni, tant’è che quelli adoperati nei rilievi geologici ormai resi famosi da diversi siti specializzati in Scienze della Terra, sono obsoleti e surclassati dai nuovi modelli disponibili sul mercato. Come se ciò non bastasse, le strumentazioni montate sui droni per questi rilievi sono sempre più avanzate e variegate: si parte con semplici foto e video da normali telecamere montate su APR, scattate da quote e con prospettive che un tempo avrebbero richiesto l’impiego di elicotteri o aerei; nello stadio successivo, sofisticati programmi informatici vanno oltre le semplici foto ed elaborano lunghe serie di scatti per fare rilievi morfologici fornire dettagliati modelli a due o tre dimensioni delle aree ispezionate; telecamere ad infrarossi e termocamere riescono a rilevare possibili fonti geotermiche, fuoriuscite di gas quali il metano dal sottosuolo e a fornire indicazioni sulla possibile presenza di vene di particolari elementi negli strati di roccia sub-superficiali; sensori magnetici montati sui droni sono riusciti, e con precisione, a trovare ordigni bellici sepolti; con appositi sistemi integrati, inoltre, alcuni droni sono riusciti a mappare su una cartina leggere variazioni nella forza di gravità in punti diversi dell’area ispezionata (gravimetria), facilitando la scoperta di giacimenti di materiale inerte. Applicazioni notevoli che sono andate oltre le aspettative e hanno portato a risultati concreti, tant’è che interi stati si stanno attrezzando per stare al passo coi tempi e ricorrere a questi nuovi sistemi di supporto per le scienze geologiche.

L’Italia non è da meno, nel senso che potrebbe fare un uso molto diffuso dei SAPR in campo geologico e ambientale, ma “stenta a decollare”. Troppa burocratica e un eccessivo attaccamento a ciò che “si è sempre fatto” rischiano di lasciare il Bel Paese vicino al fanalino di coda nella classifica dei grandi innovatori tecnologici. Eppure, i recenti eventi sismici di natura catastrofica hanno messo in evidenza, nel centro-nord d’Italia, gli enormi vantaggi dei droni: perché non standardizzarne l’uso in questo interessante e utile campo? Dobbiamo forse aspettare la prossima tragedia e dire, in perfetto stile italico, “si sarebbe potuta evitare”?

Francesco D’Amico
Operatore di SAPR certificato

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Una risposta a Droni e Geologia, nuove prospettive di sviluppo

  1. michele molinari ha detto:

    Con qualsiasi legge elettorale il partito del “Si è sempre fatto così” avrebbe ininterrottamente la maggioranza nel Paese.

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