Cos’è la biomineralizzazione bifasica?

Se ne parla in una recente scoperta, ma in cosa consiste questo fenomeno?

È uscito sulla rivista Palaeo3 (Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology), volume 639, art.no. 112060 uno studio dal titolo “Double-phased controlled and influenced biomineralization in marine invertebrates: The example of Miocene to recent reef-building polychaete cirratulids from southern Peru“. Al di là della complessità intrinseca del titolo, di cosa si tratta e perché può essere ritenuto importante? In poche parole, cos’è questa “biomineralizzazione bifasica” (“double-phased biomineralization“) menzionata nell’articolo scientifico?

Lo studio ha coinvolto sette autori di tre distinti paesi, afferenti a ben otto istituzioni diverse, e documenta – grazie ad un’analisi incrociata su biocostruzioni ad anellidi del Perù, sia attuali che fossili – la descrizione di un processo mai osservato prima. Le biocostruzioni, così come suggerisce il nome, sono i prodotti dell’azione di organismi che generano strutture resistenti all’interno delle quali gli stessi organismi spendono il proprio ciclo vitale. L’esempio più famoso sono i coralli, come quelli della grande barriera corallina australiana che, come ben sappiamo, è soggetta alla minacce costanti derivanti dall’inquinamento antropico e dal cambiamento climatico.

Entrando ora nel merito della ricerca scientifica, questo studio annuncia la scoperta di una particolare circostanza, perlomeno l’unica al momento nota nel regno animale: la concomitanza di due processi di biomineralizzazione (controllata e influenzata) messi in atto ad uno stesso organismo. Infatti, i processi di biomineralizzazione – di norma – hanno luogo singolarmente e portano alla genesi, per esempio, delle ossa nei vertebrati, incluse quelle umane. Questi singoli processi sono classificati in modo diverso, questo in base a come hanno luogo: la nuova scoperta scientifica riporta che è stato osservato, in sequenza, un processo di biomineralizzazione “controllata” (ossia sotto il controllo diretto degli organismi) al quale è seguito un processo di biomineralizzazione “influenzata” (non direttamente imputabile agli organismi, ma influenzata per l’appunto da essi). L’ordine è importante, perché il secondo tipo di biomineralizzazione – secondo gli autori dello studio – va a colmare i vuoti lasciati dal primo processo, e il tutto contribuisce al rafforzamento generale della struttura.

Immagini estratte dallo studio scientifico Guido et al. (2024) che mostrano, nei campioni attuali, la chiara differenza tra gli strati biomineralizzati.

Lo studio è andato oltre: infatti, i ricercatori riportano di aver analizzato centinaia e centinaia di dati chimici e morfometrici, grazie ai quali è stato possibile osservare correlazioni e tendenze mai notate prima nello studio dei cirratulidi, anellidi policheti (sostanzialmente, vermi marini) biocostruttori. In particolare, la squadra di ricerca riporta di aver trovato alcune formule matematiche che mettono in relazione la composizione chimica di queste biocostruzioni e alcuni parametri dimensionali. Oltre a questo, è stato anche visto come nei campioni fossili osservati ci sono diverse influenze dei processi “tafonomici” che nel corso di milioni di anni sono andati a modificare sia la struttura che la composizione chimica delle biocostruzioni prese in esame.

Le specie che sono state analizzate hanno due nomi quasi impronunciabili, e forse per prendere dimestichezza con esse servirebbe un ripasso di latino: Dodecaceria fistulicola, quella attuale, e Diplochaetetes mexicanus, quella fossile. Molto simili, secondo lo studio, ma anche molto diverse, soprattutto considerando il fatto che a separarle sono diversi milioni di anni di storia della Terra!

Ci sarà un seguito? È presto per dirlo, ma l’argomento ora è aperto e potrebbe svilupparsi in futuro con nuovi spunti. C’è da dire, sicuramente, che questo annuncio rende ancora più articolata e complessa la Natura, in quanto non si smette mai davvero di imparare da essa e si trovano sempre nuove cose che portano a riflettere sulla reale complessità dei sistemi naturali del nostro pianeta. Chi avrebbe mai pensato, per esempio, di associare un fenomeno complesso come un processo di biomineralizzazione in due fasi a piccoli vermetti marini? Quali altre meraviglie naturali aspettano ancora di essere scoperte, e che applicazioni potrebbero avere queste scoperte nella vita di tutti i giorni?

Antonio Mirko Dimartino

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