Rischio di collisione tra droni e aerei civili: una prospettiva sui danni commerciali

Non è solo una questione di sicurezza: fenomeni del genere possono avere ripercussioni su centinaia di persone e interi sistemi aeroportuali

Il dibattito sulla sicurezza aerea nel progressivo intrecciarsi delle operazioni svolte da sistemi aeromobili a pilotaggio remoto o SAPR, comunemente detti droni, con il traffico aereo ritenuto standard che comprende elicotteri e aerei commerciali, sta imponendosi sempre di più come una necessità nel campo dei trasporti. E’ ormai ritenuto vitale mettere a punto procedure che possano permettere ai due tipi di traffico di coesistere, e contestualmente al dibattito stesso, emerge la criticità di fare in modo di prevenire eventuali collisioni o altri fenomeni che possano minacciare la sicurezza.

Il dilemma del rischio di collisioni tra droni e aerei commerciali. Fonte: Emag.directindustry.com.

Il regolamento SAPR dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), così come tanti altri regolamenti nazionali che, progressivamente, convergeranno verso regolamenti prima continentali e poi mondiali, prevedono già notevoli limitazioni al traffico aereo dei droni al fine di tutelare il traffico standard dal pericolo di collisioni. Sono vietate, infatti, operazioni svolte senza autorizzazione in prossimità degli aeroporti, e nelle aree immediatamente circostanti, nonché lungo i sentieri di discesa, dove sono previste numerose serie di limitazioni alle quali i droni non sono normalmente sottoposti in ambienti isolati. Queste limitazioni non riducono a zero la probabilità di collisioni, in quanto molte espressioni del traffico aereo standard, si pensi per esempio alle eliambulanze, ai CL-415 (noti ai più come Canadair antincendio) e agli aeromobili delle Forze dell’Ordine, possono volare e senza preavviso in aree dove qualcuno sta operando in ambito SAPR nel pieno rispetto delle regole. Basti pensare, per esempio, a una ripresa aerea in ambito cittadino con un drone e un operatore autorizzati per le cosiddette “aree critiche” (CRO), interrotta dall’intervento in emergenza di un’eliambulanza per soccorrere una persona in pericolo di vita. Sono scenari concreti, frequenti e da contemplare, per i quali il regolamento prevede che ad avere la precedenza sia sempre il traffico manned (con persone a bordo) rispetto a quello unmanned (con controllo remoto), con precise istruzioni che prevedono una riduzione di quota per i droni, e l’eventuale atterraggio, in caso di avvicinamento repentino di un aeromobile con persone a bordo. Contemplare questi scenari e formare gli operatori di droni in tal senso non è sufficiente, in quanto la remota possibilità di collisione con un aeromobile manned comunque esiste ed è necessario capire quali conseguenze possa avere.

Ha attirato molto l’attenzione degli esperti del settore la questione del video, ancora disponibile su YouTube, che simula le conseguenze dell’impatto tra un quadricottero DJI della famiglia Phantom e l’ala di un piccolo aereo, mettendo in evidenza vistosi danni all’ala stessa. Il colosso cinese DJI ha successivamente invitato gli autori del video a cancellarlo o comunque a ridurne la diffusione, contestando la presunta validità dello stesso in un comunicato stampa rilasciato ad hoc che fonda la propria tesi, essenzialmente, sul fatto che la velocità relativa dei due mezzi al momento dell’impatto simulato non è compatibile con la reale velocità relativa possibile al momento dell’impatto stesso. Ipotizzando una velocità “reale” nettamente inferiore, in simili scenari, ne consegue che le ripercussioni dell’impatto debbano a loro volta essere inferiori, per una semplice questione di energia cinetica, che è estremamente suscettibile a variazioni di velocità.

Un estratto dal video tanto discusso.

Il comunicato stampa di DJI, associato a molti casi di collisioni tra aerei e droni non confermati dalle indagini, ha purtroppo generato non poche “correnti apologetiche” dell’abusivismo, ossia considerazioni prive di fondamento normativo da parte di operatori, registrati o abusivi che siano, che hanno ridimensionato l’identità del rischio associato a queste collisioni. Un paragone molto triste trovato sul web dall’autore del presente articolo, e più che mai attuale, “contestava” il volo celebrativo per la lotta al Covid-19, operato dalle Frecce Tricolori sulle principali città italiane in quanto nettamente più rischioso dei voli con droni, si presume abusivi, che invece sarebbero a “rischio zero” per la popolazione. Il paragone è stato reso ancora più triste in quanto associato alla menzione del disastro di Ramstein, che ha coinvolto la nostra pattuglia acrobatica nazionale alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Stendendo un velo pietoso sul tatto dell’analogia, che non è affatto calzante per una serie di motivi, bisogna prendere le distanze da queste filosofie di “apologia dell’abusivismo” e avere una cognizione concreta dei rischi reali. In questa sede, dato che non è sufficiente per una perfetta descrizione dei rischi stretti derivanti da una collisione tra un aereo e un drone in termini di ripercussioni catastrofiche (e.g., disastro aereo, gravi danni a edifici, morte o ferimento di persone), si affronterà una tematica dai più tralasciata, incentrata sulle conseguenze commerciali di un simile impatto, al netto del rischio di un grave incidente e dei danni strutturali che ne possono conseguire.

Effetti di un bird strike su un aeromobile commerciale. Fonte: Avionews.it.

Ipotizziamo una collisione, in fase di atterraggio, tra un aeromobile commerciale e un drone, secondo modalità parallele ai bird strike, ossia alle collisioni tra aeromobili e volatili, anch’esse potenzialmente pericolose. A collisione avvenuta, l’aereo continua il suo percorso di discesa e atterra a destinazione, e i suoi piloti notificano il controllo aereo di una collisione con un “oggetto” sospeso in aria. Sentono un tonfo o un rumore simile, ma non sanno esattamente dove è avvenuto l’impatto, fatta eccezione ovviamente per l’intake dei motori, dove un evento di impatto potrebbe causare uno stallo del compressore con ovvie ripercussioni sulle procedure finali di atterraggio. Ebbene, una situazione del genere comporta una serie di conseguenze tali da avere pesanti ripercussioni sulla gestione, o handling, dei voli commerciali: le operazioni di sbarco passeggeri e scarico di bagagli e merce possono iniziare tranquillamente, ma tutto ciò che riguarda la ripartenza, ossia l’imbarco e il caricamento di bagagli e cargo, è congelato e il volo subirà un ritardo indefinito. Bisogna interrompere le operazioni di preimbarco, per esempio, e notificare al più presto i tecnici che, se disponibili, devono condurre un’ispezione della fusoliera insieme ai piloti. Non è possibile parlare della partenza del volo se non prima si quantifica l’entità del danno: questo significa che un numero di passeggeri considerevole, in media tra i 100 e i 150, rimarranno in attesa al gate del proprio volo, aspettando impazientemente disposizioni e direttive su cosa accadrà. In base al modello di mercato adottato dalla compagnia aerea, potrebbe esserci una percentuale non indifferente, anche prossima al cento per cento, di passeggeri con voli in coincidenza che rischierebbero, per l’appunto, di perdere il volo successivo. Per molti di essi, potenzialmente per tutti nel caso si tratti di un volo serale, la coincidenza prenotata potrebbe essere l’ultima disponibile quel giorno, e questo significherebbe non giungere a destinazione entro sera, un disguido per molti ritenuto inaccettabile. In alcuni casi  di collisione non è nemmeno possibile effettuare il rifornimento, in quanto alcune collisioni prevedono, proceduralmente, una mancata ritrazione dei flap dopo l’atterraggio, spesso tale da impedire la procedura di rifornimento.

Altre situazioni ipotetiche potrebbero comportare la perdita dello slot del proprio volo, termine tecnico che può essere reso come una finestra di tempo specifica nella quale poter partire, ergo comportare un incremento imprevedibile dell’entità del ritardo dello stesso. L’effetto potrebbe essere amplificato da eventuali scioperi del controllo del traffico aereo, particolari picchi di traffico come quelli riscontrati durante le vacanze, o l’emergere di limitazioni particolari come la chiusura di una o più piste di un aeroporto trafficato. In casi come questo, ma anche in situazioni più comuni nella quotidianità del trasporto aereo commerciale, l’intera operatività giornaliera di un aeromobile può essere compromessa, in quanto il ritardo iniziale avrà massicce ripercussioni sugli altri voli previsti per quel giorno (fino a otto, in base alle tratte operate), e dunque estendere i disagi a un numero di passeggeri prossimo al migliaio, se non superiore.

Tornando alla fattispecie ipotizzata, a controllo effettuato e dopo le dovute verifiche tecniche del caso, le possibilità per il volo sono due: un prolungamento del ritardo, forse anche più indefinito del precedente a causa degli interventi tecnici speciali da svolgere (nei casi peggiori può dover essere necessaria una sostituzione dell’aeromobile, ergo l’impiego di un aeromobile diverso rispetto a quello programmato), o una partenza con un ritardo generalmente tra la mezz’ora e l’ora di entità che, come già stabilito, potrebbe essere molto pesante per i passeggeri con voli in coincidenza. Basti pensare, per esempio, che molte compagnie aeree accettano come MCT (Minimum Connecting Time), ossia come lasso di tempo al di sopra del quale i sistemi informatici di prenotazione possono vendere i biglietti a passeggeri in coincidenza, finestre temporali di 30 o 45 minuti. Avere un connecting time di 45 minuti di fronte a un’ora di ritardo del primo volo significa perdere la propria coincidenza. A pagarne particolari conseguenze potrebbero essere le categorie di passeggeri in difficoltà, come i disabili e i malati in viaggio per motivi medici, da soli o con appositi accompagnatori: per loro, un ritardo causato da una collisione tra aereo e drone “senza reali conseguenze per l’aereo, basta col terrorismo psicologico”, come direbbero gli abusivi, potrebbe essere un vero dramma personale. Immaginate, per un attimo, cosa possa significare, per una persona in attesa di un ricovero di vitale importanza, sapere che il ricovero rischia di essere rimandato perché un incosciente ha causato una collisione tra un aeromobile a pilotaggio remoto e un aereo commerciale.

Il ritardo di un volo indotto dal drone utilizzato da un operatore abusivo e incosciente può causare molti disagi.

In realtà, le ripercussioni potenziali di queste collisioni, anche senza danni strutturali seri agli aerei commerciali, possono essere molte di più di quelle elencate velocemente in questa sede. Nel complesso, nel concludere questa digressione, gli esempi servono a far capire che una collisione non catastrofica tra un drone e un volo commerciale può provocare ingenti danni economici, tra le cinque e le sei cifre, alle compagnie aeree, e disagi immateriali e non quantificabili a un numero di persone prossimo alle mille unità. E’ importante tenere conto di questi fattori quando si discute il rischio di collisione, dato che non si può ridurre a una mera caratterizzazione fisica del danno strutturale potenzialmente inflitto dal drone impattante. E’ doveroso porre fine all’apologetica del cosiddetto “innocente” operatore abusivo che opera “senza rispettare le regole, ma con una buona dose di buonsenso” nei pressi di uno scalo aeroportuale, dove “ha già volato per tante volte senza problemi” perché sul web ha letto che “in realtà, non ci sono mai state vere collisioni tra aerei e droni” e, soprattutto, “anche se ci fossero, l’aereo non verrebbe giù e non ci sarebbero ripercussioni gravi”.

Francesco D’Amico

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2 risposte a Rischio di collisione tra droni e aerei civili: una prospettiva sui danni commerciali

  1. Alessandro Scar ha detto:

    tutto vero quell che si dice su danni sopra elencati da un drone all’aviazione ma non capisco perche quando vengono toccati argomenti come esercitazioni militari fuori da ogni regola, o esibizioni come appunto quelle delle frecce tricolore si debba mettere tutto a tacere come se i problemi non esistessero. eppure è all’ordine del giorno di aerei militari che superano la barriera del suono vicino a centri abitati, con voli a quote molto basse, con disastri come quello fatto da i piloti americani che volando a bassissima quota tranciarono i cavi della funivia con un numero considerevole di morti, elicotteri monoturbina che non potrebbero sorvolare i centri abitati ma che vediamo spesso sopra le nostre teste in città e non voglio dilungarmi. eppure in america, in inghilterra e in altri paesi non certo meno sviluppati del nostro, che con traffici aerei lungamente piu intensi dei nostri, ci sono meno restrizioni, è consentito l’fcc , le quote sono piu elevate e anche la potenza in db dei trasmettitori è piu elevata. Allora in italia veniamo considerati dallo stato, ma anche da persone come lei che ha scritto questo articolo, un popolo di irresponsabili ?

    • lightbluemobius ha detto:

      Ciao Alessandro e grazie per il tuo feedback, che su questo sito è sempre ben accetto da parte del team.

      Il tuo articolato intervento tocca una tematica molto complessa, che esula per buona parte dall’oggetto dell’articolo. Questioni come il superamento del muro del suono da parte di intercettori militari, per esempio, richiederebbero una digressione a parte, fuori da questa sede. Per quanto concerne l’aspetto affrontato in questo articolo, il riferimento è essenzialmente rivolto alle interferenze, da parte di operatori di droni abusivi, alle operazioni del traffico aereo commerciale, dato che spesso ci si focalizza sugli ipotetici, e a quanto pare contenuti, danni che l’impatto di un drone arrecherebbe a un velivolo commerciale, di fatto ignorando i danni economici e personali che ne conseguirebbero, come un ritardo non indifferente nel ricovero di un malato bisognoso di cure. L’articolo affronta queste tematiche nello specifico e lo fa con l’intenzione di sensibilizzare il lettore sui rischi “aggiunti” che derivano dall’interazione tra droni e aeromobili commerciali.

      TLR – Francesco

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