Quando la difesa da “Calabria terra di mafia e terremoti” è più banale dello scivolone iniziale

Nel rispondere a una ormai celebre gaffe mediatica sono stati fatti più errori che nella gaffe stessa, con risultati banali e stereotipati

Dell’ormai arcinoto scivolone di una nota compagnia aerea se ne è parlato tanto, anzi, tantissimo. La notizia ha fatto il giro di siti e telegiornali nazionali, ed è stata ripresa nei soliti talk show in chiave patriottica-antistereotipata, ossia con quel solito miscuglio di difesa del “marchio Italia” accompagnato da luoghi comuni che stentano a svanire.

Dovrebbe far riflettere, tuttavia, come tutto il percorso che va dalla pubblicazione oggetto di polemica alla sua conseguente critica, e culminato coi salotti di talk show vari e con la rettifica da parte della compagnia aerea, ha ancora una volta evidenziato i problemi alla base degli stereotipi, positivi e negativi che siano. Nel prendere le distanze dalla descrizione che vede la Calabria come “terra di mafia e terremoti”, gli stessi calabresi hanno commesso una serie di errori che ancora una volta denotano quanto potenziale inespresso si nasconda dietro la Calabria, una regione che da sola potrebbe spostare il baricentro economico del Paese, se cambiassero alcune cose nel modo di gestirla. Il tutto ha come contorno l’ignoranza italiana nei confronti della Calabria, ossia un’Italia che di fatto non la conosce e ne parla sempre e solo allo stesso modo.

Questione terremoti: la Calabria è a rischio, non si può negare sperando che i grandi eventi “non accadano”, ma bisogna saper fare le giuste politiche di prevenzione, così come avviene in altre regioni del mondo. Fonte: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Partiamo dalla reazione in stile non vedo, non sento e non parlo in merito alla questione terremoti, tra l’altro molto nota al sottoscritto essendo stato l’argomento oggetto di studio accademico. La Calabria è la regione col più alto rischio sismico d’Italia, nonché quella dove si sono concentrati molti dei terremoti storici italiani con più vittime, quelli più devastanti e quelli con magnitudo (stimata o misurata) maggiore. E’ sufficiente consultare la cartina del rischio sismico, rilasciata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per vedere come la quasi totalità del territorio calabrese rientri in aree con rischio elevatissimo. Nel corso della storia, infatti, la popolazione calabrese è stata flagellata da questi sismi, molti dei quali con magnitudo momento (Mw) superiore a 7 e ripercussioni storiche e sociali tali da averla mutata in modo permanente. I terremoti storici calabresi hanno raso al suolo innumerevoli centri abitati, modificato i paesaggi e sterminato centinaia di migliaia di persone. L’ultimo terremoto catastrofico, il noto sisma di Reggio Calabria e Messina del 28 dicembre 1908, è considerato il più grande disastro naturale della storia d’Europa del quale si abbia traccia storica: ha praticamente raso al suolo due intere città, molto popolate per l’epoca, provocando un numero di vittime che alcune stime vedono intorno alle 120.000, alcune delle quali dovute al colossale tsunami con picco massimo da 12 metri che è arrivato dopo la fortissima scossa. E’ stato qualcosa di immenso, difficile da concepire in chiave moderna, e che deve fungere da lezione per il futuro, nonché da testimonianza del passato. Se la Calabria affronta da sempre problemi economici e occupazionali, si deve in parte anche a questi fenomeni, coi quali bisogna imparare a convivere, così come avviene in luoghi del globo che hanno rischi sismici ancora più elevati, quali Giappone e Cile (Milano non sarebbe quella che è ora se negli ultimi secoli fosse stata colpita da terremoti di magnitudo prossima a 7, che dite?). Il corretto approccio scientifico impone che non si può far finta di nulla e incrociare le dita, anche perché i meccanismi geodinamici alla base di questi sismi sono in atto. D’altronde, la stessa città di Reggio Calabria era stata precedentemente distrutta da un altro devastante terremoto, in occasione dello sciame del 1783, e andando a scavare nei dati storici scopriamo di tanti altri eventi simili che nei secoli hanno interessato e plasmato Calabria e calabresi, toccando tutte le aree della regione. Questi eventi sismici non hanno risparmiato nemmeno Lamezia Terme, città sede dell’unico aeroporto calabrese dove la compagnia aerea inglese, resa celebra dalla gaffe, vi opera da oltre un decennio.

Il nocciolo della questione è: dobbiamo tenere alla larga i turisti a causa del rischio sismico? No. Dobbiamo far finta che i terremoti di elevata intensità non ci siano stati e non possano ripetersi? Nemmeno. Se qualcuno tira in ballo il delicato argomento dei terremoti in Calabria dobbiamo fare i “negazionisti”? No, nemmeno.

La risposta corretta a queste esternazioni, risposta tra l’altro anche molto concreta, è quella di puntare sulla gestione ottimale del rischio sismico, che non è affatto fantascienza. In realtà, ed è sufficiente interfacciarsi con un qualsiasi geologo calabrese per rendersene conto, questa prevenzione è bistrattata, tralasciata, messa sempre in secondo piano, proprio perché a qualcuno piace essere “negazionista”, ossia comportarsi come se le cose che hanno un tempo medio di ricorrenza (120-150 anni) superiore alla vita media umana, di fatto non esistessero. Il prossimo evento di elevata magnitudo potrebbe avvenire tra 50 anni, tra 100 anni, non possiamo saperlo prima, ergo per molti è “inutile” preoccuparsi. Ecco l’errore nella difesa da “Calabria landa di terremoti”: non rispondere con la sana politica sulla sicurezza e la formazione della popolazione al rischio sismico, ma incrociare le braccia e sperare che i grandi sismi non si ripetano, quando dalla Scienza sappiamo che si ripeteranno eccome e per molto altro tempo ancora. Alzino la mano gli studenti delle scuole dell’obbligo calabresi che sono stati formati in modo esaustivo sul tema dei terremoti: vedrete che sono pochi, perché gli interventi di formazione nelle scuole sono a loro volta rari e limitati. Il tutto è esasperato e reso ancor più tragicomico dal fatto che i presentatori da talk show italiani, come si evince dai loro interventi degli ultimi giorni, sono a loro volta molto impreparati da questo punto di vista. Non essendo l’argomento di attualità, dato che, come già specificato, l’ultimo sisma di notevole magnitudo è avvenuto alla fine del 1908, sono risultati incapaci di fare interventi all’altezza e di concentrare l’attenzione del pubblico italiano sulla tematica, e in modo sapiente. D’altronde, cosa volete che sia il più grande disastro naturale d’Europa per numero di vittime? Ma andiamo avanti, perché non finisce qui.

Non conoscete la Cattolica di Stilo e tanti altri posti simili perché pensate che il turismo in Calabria si possa fare con le sole belle spiagge? Ecco la radice del problema. Fonte: visitstilo.it.

In ordine di gravità, dopo la politica delle tre scimmiette in tema di terremoti calabresi, abbiamo visto la solita solfa trita e ritrita della Calabria che in realtà è bella da visitare perché si tratta di uno splendido posto dove passare l’estate, con le sue spiagge che si stanno imponendo per fascino nello scenario turistico mondiale. Ecco, ancora una volta, il fallimento totale nella valorizzazione delle reali risorse calabresi. Un’ennesima occasione perduta per parlare della Calabria per i suoi monumenti, i suoi resti archeologici, e per le meraviglie animali atipiche rispetto alle spiagge, nella forma della Sila, delle Serre e dell’Aspromonte, con i loro borghi, i loro prodotti tipici e i loro percorsi. Ecco che, ancora una volta, si è imposta un’immagine della Calabria lontana da quella del suo potenziale inespresso, un’immagine che la vede come una terra per soli vacanzieri estivi, che non avrebbero nulla da fare lontani dalle coste. L’immagine di una Calabria senza borghi antichi da visitare, senza minoranze linguistiche da studiare, perché tutta la ricchezza sembra relegata nelle spiagge. Quest’immagine finisce, se portata all’esasperazione, a bollare la Calabria come una meta per turismo stagionale quando, in realtà, presenta le caratteristiche di base del turismo annuale, con un picco di natura stagionale per l’apporto extra derivante dal clima estivo, ma con un minimo garantito nell’arco di tutto l’anno per le ricchezze di altra natura, il tutto con ovvi benefici nei confronti dell’economia locale. Invece, tutto tace: ecco che riappare ogni volta la storia delle spiagge calabresi, stupende, per carità, ma senza la volontà di iniziare a imporsi nello scenario internazionale per un turismo più completo, a vantaggio di tutti.

Infine, tabula rasa totale per quanto riguarda l’aspetto culturale della recente polemica. La mancanza di una presa di posizione culturale nel difendersi da chi ha bollato la regione come “mafiosa, ma in realtà bella per le sue spiagge” è preoccupante, perché si lega ai soliti stereotipi e blocca la nascita di una coscienza culturale regionale, plasmata invece dalla solita solfa delle spiagge e del negazionismo dei terremoti. Perché è stata difesa la Calabria per principio e in modo così banale e scontato, senza portare in auge esempi concreti della sua cultura millenaria? Perché parlare per stereotipi e non ricordare alla compagnia aerea inglese, per esempio, che i suoi aerei volano grazie a un’evoluzione degli studi matematici che hanno tra le proprie fondamenta i teoremi impostati da Pitagora? Perché non citare la ricchezza, anche culturale, della Magna Graecia? Nei talk show degli ultimi giorni, nessuno ha voluto, forse proprio per una questione di ignoranza personale di base, far menzione di tutto ciò, e/o ricordare che la difesa della dignità calabrese passa anche per l’origine stessa del nome Italia, che pare sia nato qui, in tempi storicamente antichi. Si è palesata, per l’ennesima volta, una banalità allucinante nel parlare della Calabria e di chi vi abita, con una macedonia di conoscenze frammentarie e stereotipi negativi rimodulati in positivi, al fine di difenderne, almeno all’apparenza, la dignità. Il risultato finale? Un’apologetica della Calabria che è più banale e scontata dello scivolone mediatico della compagnia aerea inglese.

Francesco D’Amico

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