“Il nostro vero studio è quello della condizione umana”
É con questa frase, nelle prime pagine dell’Emilio, che Jean-Jacques Rousseau prova a far capire che per iniziare a istruirsi è fondamentale iniziare a vivere. É quanto ho appreso discutendo e confrontandomi con una giovanissima e motivata Assegnista di Ricerca. Tra i delicati problemi del diritto e della cittadinanza, conosceremo insieme una donna che, in tempi di crisi, rappresenta l’equilibrio perfetto tra studio, passione e lavoro. Rosaria Mastroianni Ianni, consegue una Laurea in Giurisprudenza, con la qualifica accademica di Dottore Magistrale. Diverse sono le capacità professionali che ha saputo esprimere negli anni, tra le quali il titolo di Dottore di ricerca in “Teoria del diritto e ordine giuridico europeo” presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro e la Scuola di Specializzazione in Professioni Legali.
Rosaria, quando nasce la tua passione per il diritto?
Fin da quando ero bambina sognavo di fare l’avvocato. Adesso, invece, mi ritrovo a lavorare all’Università e devo dire che amo ciò che faccio. Stare a contatto con gli studenti, confrontarsi con loro, studiare, ricercare… credo che sia, in assoluto, uno dei lavori più interessanti al mondo. Da quando ho iniziato a frequentare il Dottorato di ricerca la mia vita è cambiata. Sono stati anni di sacrifici, ma anche anni proficui e soddisfacenti. Ho studiato e scritto anche durante il mese di agosto, ma ho anche viaggiato tantissimo e conosciuto gente meravigliosa che mi ha dato speranza, forse quella speranza che alla mia generazione, per svariate ragioni, è stata tolta.
Qual è il tuo settore di ricerca?
Premetto che collaboro da ormai più di sei anni con il professore Massimo La Torre, Coordinatore del corso di Dottorato di ricerca in Teoria del diritto ed Ordine giuridico ed economico europeo, nonché Professore Ordinario di Filosofia del diritto presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro. Una persona verso la quale nutro una stima immensa, sia professionalmente che umanamente. Al prof. La Torre devo tanto, difatti, grazie a lui ho approfondito lo studio e dunque la conoscenza della filosofia del diritto e dall’anno scorso sono anche cultrice della materia. Inoltre, e con questo non vorrei uscire fuori tema, ci terrei a dire che a lui devo anche la passione per i romanzi e l’approfondimento delle lingue straniere. Ricordo ancora quando mi disse che non avrei potuto scrivere una tesi di dottorato dignitosa senza una buona conoscenza della lingua inglese e così mi fece trascorrere tutta l’estate ad Hull, una cittadina dell’Inghilterra dove ricordo di aver sofferto molto. Le condizioni climatiche, il cielo sempre grigio, il cibo…etc. e mentre i miei amici si divertivano al mare io passavo le mie giornate tra il corso di inglese (dove ero l’unica europea iscritta, gli altri erano arabi e cinesi) e lo studio in biblioteca. Un professore esigente, inflessibile e con una cultura immensa.
Ma tornando al mio settore di ricerca, dunque, durante il corso di Dottorato mi sono occupata di Cittadinanza europea ed anche attualmente continuo a studiare il tema, soprattutto perché lo ritengo alquanto interessante sotto innumerevoli punti di vista. Tale Istituto, infatti, rappresenta un esempio unico di scissione tra Stato e cittadinanza, non paragonabile a nessun’altra esperienza, neppure a quella federale. Interessante è soprattutto lo studio di alcune sentenze della Corte Europea di Giustizia, specialmente al fine di comprendere cosa rappresenta oggi la cittadinanza europea ed anche per indurci a riflettere sul suo futuro e dunque sul nostro.
Inoltre, da dicembre per me, con la vincita dell’Assegno di Ricerca è iniziata una nuova ed entusiasmante esperienza. Adesso mi sto occupando di bioetica e sto studiando temi alquanto interessanti tra cui: l’aborto, la surrogazione di maternità e la procreazione medicalmente assistita.
Chi ha il piacere di conoscerti sa che numerose sono le tue esperienze all’estero. Quali sono i paesi dove hai lavorato e come vedi il tuo futuro da ricercatrice in Italia?
Come dicevo prima, da dottoranda ho trascorso un periodo in Inghilterra e poi sono stata varie volte in Spagna. Nel periodo di post-doc ho avuto la fortuna di trascorrere un mese all’Institut Européen de l’Université de Genève, dove mi sono confrontata con ricercatori veramente molto preparati. Quelli che mi conoscono sanno già che sono rientrata da qualche settimana da Madrid. Qui ho avuto la possibilità di fare ricerca presso l’Università Carlos III dove ho vissuto otto meravigliosi mesi, nei quali ho scritto tanto, (anticipo che a giugno uscirà una mia recensione su un’importante rivista dell’Istituto di “Derechos Humanos” Bartolomé de las Casas” sempre dell’Università Carlos III), ho conosciuto persone splendide, migliorato non solo il mio spagnolo ma anche l’inglese.
Il mio futuro da ricercatrice in Italia? Beh, con questa domanda mi metti un po’ in difficoltà. Il nostro paese vive un periodo molto particolare. Credo che ogni commento al riguardo sia superfluo e preferirei evitarlo. Io cerco di dare il massimo, tenendo innanzitutto in considerazione che chi si dedica al mondo accademico non lo fa per soldi, perlomeno non in Italia, e dunque sono quasi certa che continuerei a studiare e a fare ricerca anche qualora non dovessi essere più retribuita. Ma allo stesso tempo non mi sento di escludere la possibilità di andar via definitivamente da qui.
Tra pochi giorni si svolgerà il Gran Galà della Ricerca presso l’Università Magna Græcia di Catanzaro. Dopo anni di studio, presenti un ottimo lavoro, frutto di impegno e dedizione, dal titolo “L’inclusione attraverso i diritti: verso un nuovo modello di cittadinanza”. Di cosa si tratta? Potresti anticiparci qualcosa?
Ti ringrazio per aver definito il mio lavoro “ottimo”. Premetto che ho un pessimo rapporto con la telecamera e che il giorno della videointervista avevo la febbre a 38. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Donatella Soluri, tra l’altro mia collega di università ed un’altra sua collaboratrice per l’enorme pazienza avuta nei miei riguardi. Per il resto, mi limito a dirti che c’è un mio articolo sulla rivista Tigor dell’Università di Trieste, laddove spiego meglio quali sono le mie idee. In breve, oltre a quello che si percepisce dal video, sostanzialmente ritengo che ogni individuo possiede il diritto di appartenere ad una determinata comunità politica e che la scelta di appartenere a questa o a quella comunità politica deve essere rispettata dagli stati ospitanti che saranno tenuti ad integrare tutti gli individui in possesso di determinati requisiti. Un tema ovviamente che solleva numerose questioni, in parte affrontate nella tesi di dottorato, in parte nell’articolo sopra citato ed in parte ancora da affrontare. Questioni certamente attuali e alquanto complesse.
L’obiettivo che mi sono posta è stato quello, tenendo conto anche del rilevante numero di stranieri presenti sul territorio europeo, di sostenere la possibilità di un nuovo modello di cittadinanza, che dovrebbe caratterizzarsi per l’inclusività e dunque per una più facile concessione dei diritti.
Rendici complici del tuo progetto. Quali sono i benefici che potrebbe portare, questa tua ultima fatica, alla comunità e agli individui?
Dunque, la storia della cittadinanza è una storia di continue dinamiche di inclusione ed esclusione. Il susseguirsi inevitabile tra “chi è dentro e chi invece rimane fuori”. Chi oltrepassa i nostri confini statali o europei, suscitando spesso timore, perplessità e sicuramente molta diffidenza, spesso viene ritenuto una minaccia incombente alla nostra sicurezza e se vogliamo anche alla nostra ricchezza. Esclusione, emarginazione e soprattutto espulsione ne costituiscono le “logiche” conseguenze. La mia aspirazione è dunque quella di indurre il lettore ma soprattutto le nuove generazioni a riflettere sulla condizione che vive oggi “lo straniero” intendendo con questo termine il “non europeo”. A Madrid ho avuto molte occasioni di confronto soprattutto con persone provenienti dal Sud America, episodi che confermano sempre di più le mie idee: mentre noi, cittadini europei, a volte dimentichiamo di possedere tale status, per molti stranieri esso viene visto come una conquista enorme, che darebbe loro la possibilità di muoversi liberamente nei vari paesi che compongono l’Europa nella ricerca di lavoro e di migliori condizioni di vita.
Concludiamo questa piacevole intervista e ti ringraziamo. Prima di lasciarti, però, ti chiediamo un’ultima riflessione, alle luce delle tue esperienze sempre impegnative, che si collega alla frase di apertura di Jean-Jacques Rousseau. Il tuo lavoro ti porta a un contatto continuo con gli studenti. Quali consigli pratici ti senti di dare a questi giovani in cerca di occupazione?
Premetto che per me stare a contatto con gli studenti significa anche apprendere da loro. Non di rado instauro con gli stessi legami di amicizia, (dopo il superamento dell’esame intendiamoci!), e ciò che più mi gratifica è sentirmi chiedere dei consigli. Quello che percepisco dalle loro domande o affermazioni è una evidente paura per il futuro lavorativo. Sono spaventati, alcuni perché non sanno come “muoversi”, altri perché sono già coscienti che dal giorno successivo alla discussione della loro tesi di laurea entreranno a far parte del mondo dei “disoccupati”. I consigli che mi sento loro di dare e che difatti ad alcuni ho già dato sono, innanzitutto, quello di fare l’Erasmus, andare all’estero per un periodo è fondamentale, specialmente per chi studia a Catanzaro e dunque non ha la fortuna di interagire con persone provenienti da altri paesi. Io, ad esempio, sono stata in Erasmus ben 12 mesi… ma solo perché non potevo chiedere ulteriori prolungamenti e, ti dirò di più, per andare in Erasmus ho posticipato di alcuni mesi la mia laurea, ma credimi ne è valsa la pena; poi, fondamentale è certamente imparare l’inglese. Una laurea in giurisprudenza serve a ben poco se si conosce solo l’italiano. Dico giurisprudenza ma potrei dire lettere, scienze politiche etc. Certo, c’è sempre chi nasce con la camicia e dunque non deve sgomitare, ma per la maggior parte di noi non è stato così e non sarà così.
Infine, e mi ricollego a quanto afferma Rousseau ed anche al tuo commento, “per iniziare a istruirsi è fondamentale iniziare a vivere”, e mi permetto di aggiungere che è necessario vivere con onestà e con una grande dose di tenacia. Quest’ultima è indispensabile per chi cerca oggi lavoro, non bisogna mai abbattersi, bensì bisogna insistere, perseverare, far leva sulla cultura, leggere almeno un romanzo al mese, viaggiare e lavorare all’estero. La seconda, vista l’epoca che ci è toccato vivere è necessaria se vogliamo lasciare un mondo migliore ai nostri figli.
Permettimi di concludere con una frase di Nelson Mandela: “Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso”.
Antonio Mirko Dimartino
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Grazie ai cari amici Mirko e Rosaria,per avermi dato l’occasione di arricchirmi,su degli argomenti mai abbastanza definiti . Complimenti dott.ssa Rosaria Mastroianni Ianni .
Rosa
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