Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 236) il 30 settembre 2017. Leggi anche la prima parte, pubblicata tra il 20 marzo e il 3 aprile 2010, sul medesimo giornale.
I lametini credono ancora nell’esistenza di un fantomatico vulcano
Negli ultimi anni sono stati tanti gli articoli e i servizi di approfondimento scientifico sulle terme di Lamezia che hanno più volte provato a sensibilizzare la popolazione sulla mancanza di studi scientifici approfonditi per determinare le vere potenzialità di questa risorsa naturale nota da centinaia di anni. Ad oggi, infatti, non si ha una mappatura dettagliata di questa zona caratteristica del nostro territorio, ergo non si sa se è possibile sfruttarla in modi diversi da quelli attuali, con eventuali ripercussioni positive sull’economia locale e la creazione di nuovi posti di lavoro; d’altronde, basta fare un piccolo sondaggio tra i nostri concittadini per rendersi conto di come il lametino medio di fatto ignori cosa siano realmente queste terme, preferendo alla scienza in materia le varie dicerie e le leggende urbane su quest’area caratteristica del nostro territorio.
Ancora oggi, nel 2017, ci sono lametini che credono nell’esistenza di un “vulcano delle Terme” con “bocche laterali” e di antichi geyser. Tra questi, anche lametini “eccellenti” che hanno addirittura trattato queste leggende in libri e testi vari, spacciandole per vere e alimentando un circolo vizioso. Le conseguenze dirette di queste leggende diffuse hanno ripercussioni anche sul “mondo social”: i gruppi Facebook lametini pullulano di foto delle Terme Caronte e di post vari in cui i cittadini continuano a sostenere che si tratti di un “vulcano spento”. Quando qualcuno, pratico del settore delle Scienze Naturali e della Terra, prova a puntualizzare che non è così, partono piogge di insulti (!!!) in quanto si “osa” screditare secoli di racconti e di testi “autorevoli”, nonché le sacrosante testimonianze di zii, nonni e bisnonni.

Le Terme Caronte, immutate nel tempo.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza: è vero che ci sono due vulcani sottomarini spenti nei pressi delle nostre coste che si chiamano Lametini, ma non c’entrano nulla con le nostre terme: dalle Terme di Caronte, queste sconosciute, esce acqua sulfurea e calda perché alcune fratture nella crosta terrestre, le faglie, permettono all’acqua di andare in profondità, riscaldarsi, arricchirsi di particolari elementi come appunto lo zolfo, e poi tornare in superficie. Le rocce circostanti hanno colori caratteristici perché sono dolomie giurassiche, rocce di circa 200 milioni di anni fa formate da un minerale che si chiama dolomite, ossia un carbonato di calcio e magnesio, un po’ come la celebre catena rocciosa delle Alpi orientali. La genesi delle Terme Caronte si discosta molto, pertanto, dalla genesi dei vulcani, anche se condivide con loro alcuni aspetti come la fuoriuscita dal sottosuolo di elementi quali lo zolfo e le temperature idriche superiori alla media, fattori che sono sicuramente alla base delle concezioni sbagliate sulle terme diffuse tra la popolazione locale. Nessuna traccia di vulcani, con tutto il rispetto per i racconti dei nostri nonni.
Francesco D’Amico
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