Le innovazioni consentite dai droni

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 226) il 25 giugno 2016.

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Qui in Calabria un esempio di applicazione dei droni ai monitoraggi aerei

I droni, come abbiamo visto, sono strumenti innovativi che consentono ad un’utenza molto ampia (tra le persone potenzialmente capaci di diventare operatori di droni e coloro che potrebbero risentire del loro operato si arriva ad una copertura quasi totale della popolazione) di usufruire di servizi e applicazioni un tempo particolarmente dispendiose e/o di nicchia, o addirittura impossibili. Il semplice fatto di avere mezzi aeromobili di dimensioni ridotte e dotati di telecamere, oltre che di altri strumenti adattabili a svariati usi, consente una vera e propria marea di applicazioni, purtroppo anche illecite (basti pensare al traffico di droga e di armi, alla violazione della privacy, etc.).

La nostra regione, intesa come insieme di istituzioni e abitanti, ha come ben sappiamo un rapporto un po’ conflittuale con l’ambiente e la sua storia. Sappiamo tutti di vivere in aree soggette a rischio idrogeologico, e molto interessanti da un punto di vista storico e archeologico, eppure non sembrano mai esserci gli strumenti necessari per fare dei monitoraggi all’altezza dei rischi e dei patrimoni summenzionati. E’ pur vero che a monte c’è tanta, forse troppa incompetenza, ma è anche vero che spesso i costi impediscono l’attuazione di operazioni volte a garantire la sicurezza delle aree in cui viviamo (nel caso del rischio idrogeologico) e la corretta valorizzazione dei resti di interesse archeologico. Tanto per fare qualche esempio, costruire edifici antisismici sui rilievi è molto più difficile rispetto a costruirli su una pianura, in quanto le onde sismiche risentono di una certa amplificazione da parte delle forme dei rilievi e quindi diventano più potenti; analogamente, procedere col monitoraggio e il restauro di beni culturali situati in aree difficilmente accessibili diventa un’impresa logistica di entità non indifferente. E in Calabria è la pianura ad essere l’eccezione, più che la regola, con conseguente aumento dei costi fino a toccare livelli astronomici e spesso oggetto di derisione da parte del resto d’Italia (l’esempio dei tratti calabresi dell’autostrada SA-RC è forse tra i più calzanti).

E’ proprio sul fattore dei costi, ma anche su quello della fattibilità vera e propria di determinate cose, che l’impiego di droni al posto degli strumenti convenzionali va a fare la differenza. Basti pensare ai rilievi aerei in generale, ossia alle foto dall’alto di aree geografiche predeterminate, che normalmente richiedono l’impiego di aerei costosissimi con piloti qualificati e strumentazioni all’altezza dell’uso che se ne vuole fare, ai quali bisogna aggiungere le innumerevoli restrizioni che l’impiego di un aeromobile comporta, dal traffico aereo alla disponibilità di aerodromi, aeroporti e aerei idonei, il tutto con risultati spesso di dubbia utilità: le foto aeree scattate da aeromobili convenzionali, oltre ad avere alle spalle una macchina logistica mostruosa, spesso sono inferiori alle foto scattate dai droni a pochi metri di quota dall’area di interesse.

Antonio Puccio è un operatore di Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto, originario di Vibo Valentia, che è stato coinvolto da una equipe archeologica nella proiezione 3D di uno scavo a Gioiosa Ionica e che ha deciso di collaborare per la stesura di questo articolo. Grazie al suo drone DJI Phantom e all’uso di alcuni programmi informatici dedicati, Antonio è riuscito a far risparmiare agli archeologi migliaia e migliaia di euro, riuscendo non solo a scattare dall’alto foto ad altissima risoluzione (si arriva ad un cm quadrato per pixel) che avrebbero richiesto l’uso di un aereo vero e proprio, ma anche a creare dei modelli 3D degli scavi, oltre addirittura a dare una stima molto accurata della volumetria dei detriti residui ai fini dello smantellamento. Questi usi dei droni, che con gli strumenti un tempo disponibili erano un incubo, lasciano ipotizzare applicazioni molto utili anche nel campo del monitoraggio ambientale, in quanto diventa molto più facile, tanto per fare un esempio, ricostruire modelli e volumetrie al computer di aree soggette a terremoti e frane, in modo da avere dati precisi e coerenti sui cambiamenti catastrofici avvenuti. Insomma, roba non di poco conto se si considerano i rischi ai quali siamo soggetti.

Questo non è che l’ennesimo esempio di eccellenza calabrese che, tuttavia, risente di istituzioni poco attente a simili innovazioni, e risente altresì della presenza di una popolazione che erroneamente considera i droni alla stregua di alcuni giocattoli quando, in realtà, sono strumenti tanto utili quanto pericolosi, soggetti ad una ferrea regolamentazione e destinati a cambiare, si spera nel meglio, le nostre vite.

Francesco D’Amico

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