Smisurato egoismo (Parte II)

Leggi anche: Smisurato egoismo (Parte I)

Bisognerebbe imparare a comprendere

Non capisco perché ogni questione che si tratti, in qualsiasi contesto, debba sempre diventare una questione di parte, in cui vi è una divisione messa in atto, la formazione di gruppi diversi e, questo è il problema, divisi. Ci si rende sempre parte di una parte, per quanto misera possa essere. Come una necessità ontologica per cui io devo essere una cosa, l’altro deve essere opposta. E i governanti si divertono un mondo.

Vi stanno dividendo, rendendo faziosi e quindi vi stanno portando a fare guerre tra poveri, ognuno per il proprio orticello; vi stanno rendendo corporativi e portando a essere atomi; vi rendono singoli e separati; è tipico, e per voi è normale; vi stanno togliendo l’anima e per voi è naturale. Continuate pure a soddisfare il vostro ego sentendovi parte di una parte e non di un tutto, e prendetevela con le altre parti, dall’alto del vostro cieco e smisurato egoismo. Vi sta bene così, senza l’umanità che ci dovrebbe guidare. Guidati solo da finiti e idioti interessi privati. Poi, mi raccomando, andate a messa o in moschea (anzi, i musulmani sono almeno meno individualisti) e sciacquatevi le coscienze con acqua che non bagna.

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Anche qui, come si vede, si tratta di prendere una posizione, stare da una parte, contraria a un’altra. In questo caso, però, la contraddizione è possibile che venga meno, e se non viene meno non mi importa. In questo senso: sto sopra i vari insiemi particolari, cercando di oltrepassare le fazioni che ci rendono nemici. Con buona pace del paradosso degli insiemi di Russell. (Non è altezzosità, o superbia… cretinate. Si tratta di provare a salire un po’ per capire l’inutilità di certe lotte).

Il problema è uno: l’ego. Egoismo ed egocentrismo la fanno da padroni oggi. Uno smisurato oltrepassamento dell’io nella sfera sociale che costringe l’io stesso a stare sempre in mezzo, a porre il proprio punto di vista come assoluto e universale. E, in più, porlo come il grande parere del grande esperto. E lo si vede sempre, basta guardare per mezz’ora (non di più se non vogliamo farci del male) lo sviluppo di conversazioni su Facebook, i commenti dei commentatori sempre esperti, sempre sententi il diritto di dire la propria, dall’alto della loro sapienza e preparazione; un sacco di “esperti in materia” che nemmeno il mondo accademico ha la pretesa di dare. Pareri esperti uno dietro l’altro. Cavolate esperte una dietro l’altra. Senza vergogna né pudore. L’ego che sorpassa ogni forma di rispetto, non vedendo nemmeno, e dunque non rendendosi conto di quello che ha fatto. Così pieno di sé, quest’ego di quest’ipotetico ma realissimo uomo, non si è reso conto di quello che ha calpestato, e per lui è normale: la sua vita continua a procedere come prima.

Lo smisurato egoismo che lo caratterizza lo rende felice, lo rende consapevole dell’inesistente, cioè del proprio sapere, della propria scienza (e non fa niente se la grammatica che usa è un pochino incerta). E quest’egoista egocentrico ego vede nella sua vita l’esempio della vita altrui, e raccoglie nella propria esperienza le esperienze altrui. Per quest’uomo qui tutti possono, ma che dico “possono”, devono agire come ha fatto lui. Tutti devono fare le sue stesse esperienze, perché le considera giustissime e inappellabili, le considera il giusto procedere dell’esistenza. Quante volte capita di sentire dire da questo personaggio qui espressioni del tipo: “Io mi alzo alle cinque di mattina per fare questo, perché lui si deve alzare alle sette?”, oppure: “Io ho fatto un sacco di sacrifici, perché non li deve fare lui?”. Ecco. Il sacrificio, questa parola così usata… Ma il problema è che il valore del sacrificio è unico, vale per chi lo compie, e costui non può avere la pretesa che tutti lo compiano, pena, al minimo, la perdita di valore dello stesso. Che valore avrebbe un gesto compiuto sistematicamente da tutti? Ma tieniti il tuo sacrificio e glorificalo! Avrai il plauso di tutti! Il problema è la pretesa di questo personaggio di ripetere il proprio sacrificio in maniera sistematica, e di ripeterlo non su se stesso, ma principalmente sugli altri. Non è così, forse? Non è capitato a tutti di ragionare: “Se l’ho fatto io perché non dovrebbe farlo lui?”. Beh, la risposta è molto semplice: “Perché l’hai fatto tu”. La tua vita non è la mia, e tu, egoista egocentrico, non puoi avere la pretesa che la tue massime diventino leggi valide per tutti. Mio caro egoista, io ho le mie di massime, e delle tue non mi importa: bravo a rispettarle, degno di plauso, certo. Ma altro non posso dire. E tu, per favore, prima di fare ragionamenti spiccioli come questi, dovresti pensare un attimino alla vita altrui, prima che alla tua, senza avere la pretesa che quello che vale per te valga per gli altri, senza pensare che ciò che a te è possibile sia possibile per gli altri. Insomma, tu fatti i tuoi di sacrifici, io mi faccio i miei.

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La vita, di tutti, è unica, e nessuno può pretendere di uniformarla a un’idea, soprattutto soggettiva. La vita è fatta di dolore che ognuno vive a suo modo, di sacrifici che ognuno compie a suo modo, di notti insonni uniche e irripetibili. La vita non è pura ripetizione di un’esperienza singola che ritrovi in tutti, ma ogni gesto è unico e valido per sempre. E bisogna pensare che questo gesto si ripeterà in eterno, così per renderci conto della gravità di ogni nostro momento. (E così, tra il Kant di sopra e il Nietzsche di adesso, ho fatto arrabbiare qualcuno… ma sì. Però un conto è la pura citazione aforistica e senza senso, un conto è questa cosa qua. Anche qui, un po’ di comprensione non farebbe male).

La vita mia, in altri termini, non è uguale alla tua. E meno male.

A. Ve.

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2 risposte a Smisurato egoismo (Parte II)

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