Questo articolo è uscito sul mensile Il Lametino lo scorso 20 aprile 2013. Potete trovarlo anche sul blog GSI. Per maggiori informazioni circa la presenza dell’articolo su entrambi i siti, si consiglia la lettura della FAQ.
Il social network per antonomasia perde utenza e terreno rispetto alla concorrenza.
Facebook. Il Re dei social network, il must have dei giovani d’oggi, il sito con più di un miliardo di utenti che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente e si è insinuato, in un modo o nell’altro, nella vita di tutti i giovani. Se non fosse per i limiti di età imposti dal social network più o meno direttamente (ai minori di anni 13 è vietata l’iscrizione, gli over 50 appartengono ad una generazione non particolarmente legata ai computer e alla rete), l’utenza è talmente capillare nella società da rendere coloro che Facebook non lo usano delle rare eccezioni. Eppure, queste semplici eccezioni stanno diventando sempre più numerose, con giustificazioni sempre più articolate e comprensibili, ben lontane dal classico “non ho tempo”, “non mi interessa”, “sono una persona riservata”. Quella è roba vecchia, ora i detrattori di Facebook sanno quello che fanno.
In America, secondo un sondaggio del Pew Research Center, circa sei utenti su dieci del celebre social network lo usano saltuariamente, con periodi di “astinenza” di varie settimane. Lo stesso sondaggio riporta che gli utenti appartenenti alla fascia d’età compresa tra i 18 e i 29 anni sono più propensi a ridurre il tempo passato su Facebook. Questi sono solo due dei dati più interessati emersi dall’analisi del PRC. Altri dati da altre fonti riportano 1.400.000 utenti americani in meno nel mese di dicembre dello scorso anno, l’equivalente della popolazione della città di San Diego; sempre più persone decidono, per vari motivi, di prendersi una lunga pausa del social network, e una percentuale sempre più rilevante decide di trasformare la pausa temporanea nellacancellazione definitiva del proprio profilo. Un buon 10% lamenta un calo di interesse nei confronti di Facebook, mentre il 9% degli intervistati ammette di aver abbandonato FB per drammi personali. (Molte scappatelle sono state scoperte grazie a Facebook, e più in generale FB è stato il teatro di brutte situazioni di vario genere). Vari sondaggi dimostrano che molti adolescenti altri social network come Instagram (proprietà di FB, non tutti lo sanno) e Twitter per la loro specificità: il primo si concentra sulle foto, il secondo su messaggi corti in stile sms. Facebook prova a mischiare il tutto ma per alcuni questa non è una formula vincente. “C’è un cambiamento nell’ambito dei social media”, dice il CEO del social network Pheed, O.D. Kobo. “Nessun giovane vuole usare i social network per leggere una storia. Non è una cosa veloce, immediata. I giovani di oggi sono più interessati ai multimedia ”. Altri sondaggi individuano in Tumblr il rivale più pericoloso per Facebook, un social network impostato come un blog che si propone come un buon compromesso tra immagini e testi. Un altro social network da tenere d’occhio è Diaspora, nato come progettoopen source, aperto a programmatori capaci di contribuire gratuitamente al suo sviluppo. A quanto pare, uno di questi potrebbe riuscire dove MySpace ha fallito, sottraendo a FB centinaia di milioni di utenti.
Recentemente, Facebook ha introdotto gli hashtag, assumendo un’impostazione simile a quella di Twitter.
In effetti, Facebook ha raggiunto praticamente tutti i suoi potenziali utenti, riducendo il tasso di crescita: ora, i nuovi iscritti sono pochi rispetto a quelli che decidono di cancellare il proprio profilo, o che semplicemente decidono di non usarlo più, rendendo gli abbandoni più evidenti di quanto non lo fossero in passato. Come se ciò non bastasse, Facebook si sta svendendo. E’ un servizio gratuito, ma ha cambiato alcune cose nella sua impostazione e ora permette agli interessati di pagare per una maggiore visibilità, penalizzando i post non pubblicizzati. Ora proliferano pagine e post “sponsorizzati”, promossi coi soldi per garantirne una maggiore popolarità secondo varie fasce di pagamento. Ad ogni fascia di pagamento corrisponde un potenziale in termini di audience: più si paga, meglio è. Si usa Facebook per sapere cosa fanno gli amici e stare in contatto con loro, eppure Facebook stesso rappresenta il primo ostacolo alla condivisione delle nostre esperienze, dato che ci nasconde buona parte dei post dei nostri contatti e ci incoraggia a pagare per far sapere a tutti i nostri amici quello che facciamo.
Facebook non funziona neanche come un forum, ossia un sito dedicato alle discussioni. Da una parte è possibile pubblicare un link o scrivere qualcosa, taggare qualche amico e discuterne, dall’altra non è possibile – o meglio, è difficile – discutere efficacemente e civilmente con le persone che aggrediscono in massa le pagine popolari per discutere notizie di una certa importanza. Offese, commenti senza senso, spam, pubblicità che non c’entra nulla con l’argomento trattato: si trova di tutto, e gli utenti e mandano il concetto di dibattito civile a farsi benedire. Un altro problema di Facebook è proprio la sua utenza: molte persone non sanno, o fanno finta di non sapere, che la rete ha le sue regole e non sempre quello che troviamo su internet rispecchia al 100% le nostre idee e le nostre opinioni, tanto che un numero pazzesco di utenti finisce col segnalare come inappropriati post, immagini o intere pagine che invece rappresentano un modo di pensare diverso, nient’altro.
Tumblr e Facebook: chi vincerà?
Un moderatore di Facebook, ossia una persona pagata per smistare le segnalazioni ed eventualmente far intervenire le forze dell’ordine quando necessario, qualche giorno fa ha ammesso di non essere riuscito a prevenire uno stupro nei confronti di una bambina di 7 anni, semplicemente perché la segnalazione della bambina – che è riuscita ad usare Facebook per chiedere aiuto, non avendo altri mezzi a disposizione – è finita nel caos delle segnalazioni stupide di altri utenti, segnalazioni con giustificazioni veramente banali, rendendo impossibile un’azione tempestiva. Insomma, FB non presenta solo problemi intrinseci, ma è caratterizzato anche da un’utenza poco propensa allo scambio di opinioni, con conseguenze che possono essere tragiche. Forse è il caso di cambiare aria, forse è il caso di valutare bene le varie alternative che la rete ci offre. Il mondo è bello perché è vario, che senso ha limitare la propria concezione di social network a Facebook?
Francesco D’Amico
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