Questo articolo è uscito sul periodico il Lametino lo scorso 15 gennaio 2011.
Non dimentichiamo i nostri ciclisti
Solo una parola può riassumere quanto accaduto la mattina del 5 dicembre 2010, e quella parola è tragedia. E’ bastato un attimo per passare da una semplice uscita in bici ad un fatto di cronaca nera di rilevanza nazionale, uno di quei fatti che fino a quel momento pensavamo potessero accadere solo in altre città, in altre regioni, in altre nazioni. Un episodio talmente raccapricciante da non poter accadere a Lamezia, da rimanere sconosciuto a noi senza i TG. Questa volta, purtroppo, è toccato proprio alla nostra città ricoprire il ruolo di palcoscenico di una tragedia gravissima che mai potremo dimenticare, una tragedia che ha portato alla scomparsa di sette nostri concittadini e al ferimento di altri tre. Le modalità dell’incidente sono state ampiamente discusse nel corso dell’ultimo mese e questo articolo è lungi dal voler ritornare sull’argomento.
I se e i ma sono tanti per un fatto del genere, il che ne testimonia la complessità. L’incidente in se stesso è stata una tremenda fatalità, ma il caso ha evitato il peggio salvando la vita di tanti ciclisti che, per i motivi più disparati, in quel momento non erano lì. Conosciamo benissimo i nomi delle vittime, nomi che sono rimasti impressi nella nostra mente: Pasqualino De Luca, Domenico Palazzo, Rosario Perri, Francesco Stranges, Vinicio Poppin, Giovanni Cannizzaro e il professore Fortunato Bernardi, titolare della palestra Atlas, ora chiusa per lutto. Persona conosciuta e rispettata da tutti per la sua esperienza e la sua gentilezza, il professore Bernardi era un istruttore impeccabile, capace di trasmettere come nessun altro l’amore per lo sport, e la sua tragica scomparsa è stata un durissimo colpo per tutti coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerlo.
Il funerale ha visto una Lamezia unita piangere le vittime con tanta, tantissima commozione. Per ovvi motivi di sicurezza, le forze dell’ordine hanno impedito ai rappresentanti della comunità marocchina di partecipare al funerale, e questo invita a riflettere tantissimo sul fattore razzismo, fattore che non ha bisogno di premesse data la capacità con la quale è riuscito a radicarsi nella nostra società. Demetrio Costantino del Cids (Comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza) si è già espresso in merito mettendo molta enfasi sulla necessità di non alimentare ulteriormente le paure e l’odio derivanti dal razzismo che i mass media hanno (volutamente?) portato alla ribalta in seguito alla tragedia dei ciclisti ed alla scomparsa della tredicenne Yara Gambirasio, usando come filo conduttore tra i due episodi la parola “marocchino”. Questo dimostra quanto può essere pericoloso il ruolo dei media in una società insicura, che risponde agli episodi di cronaca nera che la scuotono con pregiudizi e mancanza di fiducia nei confronti delle minoranze. Non si sa mai cosa può succedere alla fine della ricerca disperata di un colpevole, e se quel colpevole fa parte di una minoranza etnica i rischi sono maggiori. I mezzi di informazione non si sono limitati a questo: dell’incidente hanno parlato relativamente poco, e ne hanno parlato male. E’ sorprendente come un fatto di tale gravità sia stato dimenticato così in fretta per far posto alle solite storie trite e ritrite che ormai da diversi anni siamo abituati ad ascoltare. Persa l’attenzione dell’intero Paese, che è stata sì intensa ma anche labile, non ci resta che prometterci di non sostituire il momento del dolore con quello della rabbia e del razzismo, e di affrontare tutti gli sviluppi futuri della vicenda con maturità. Per il bene comune, è necessario evitare reazioni a catena di violenza, pensando invece a lavorare insieme per impedire ad un evento simile di ripetersi. Più controlli, più sicurezza: all’indomani della tragedia i lametini le cui intenzioni sono alimentate dal buonsenso desiderano questo per l’intera popolazione. Una città come la Lamezia che desideriamo non può non avere una pista ciclabile degna di questo nome (e sembra che il messaggio sia stato già recepito, ora speriamo in qualcosa di concreto, puntando sul passaggio dalle parole ai fatti), perché le piste ciclabili sono una delle caratteristiche fondamentali delle città più vivibili del mondo. Quando vari siti stranieri hanno riportato la notizia della tragedia, hanno dovuto specificare che in Italia non è affatto raro vedere ciclisti per strade non proprio adatte a loro, e questo la dice lunga sul modo in cui il resto del mondo ha analizzato i fatti accaduti. All’estero le piste ciclabili sono comuni ed apprezzate, qui sono praticamente sconosciute.
In questa tragedia, c’è una cosa della quale Lamezia può andar fiera, e quella cosa sono le parole di perdono della vedova Teresa Natalino, moglie del defunto professore Bernardi. Parole che hanno riempito i lametini di orgoglio e senso del rispetto, parole in netto contrasto con gli stereotipi sul meridionale e sul razzismo, parole che dobbiamo tenere bene a mente. Altra nota positiva è la promessa del direttore del Giro d’Italia Angelo Zomegnan, il quale ha affermato che all’ottava tappa del prossimo giro sarà previsto un giusto tributo per le vittime dell’incidente. Tra le iniziative in fase di organizzazione c’è “Una pedalata per non dimenticare”, i cui consensi sono promettenti, e la possibilità ancora da verificare di dedicare alle vittime del tragico incidente una statua commemorativa. In ogni caso, per tutti noi è d’obbligo ricordare i nostri concittadini deceduti e dare tutto l’aiuto e l’affetto necessari alle famiglie per andare oltre questo periodo di dolore straziante. Anche se i mezzi di informazione si sono già dimenticati tutto quanto, noi lametini non dobbiamo assolutamente ripetere il loro errore. Con le iniziative giuste, possiamo rendere immortali i sette ciclisti che non ci sono più e che qualcuno ha affettuosamente chiamato angeli.
Francesco D’Amico*
*Socio A.S.D. Atlas
Dedicato al professore Fortunato Bernardi.