L’animalismo sfegatato e l’amore per gli animali: la linea di confine

C’è chi dice “se li ami non li mangi“, c’è chi mettendo la cosa sul piano morale urla “ma come fai a mangiare cadaveri?”… ma amare gli animali significa per forza essere vegani?

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Fonte: greenme.it.

Quasi tutti noi amiamo gli animali, ma c’è amore e amore. C’è l’amore moderato, ragionevole e limitato dal buonsenso, e c’è quello che porta ad alterare il proprio stile di vita con diete restrittive e atteggiamenti nazipropagandisti nei confronti dei ricercatori, dei cacciatori, degli allevatori, etc.

Per gli “onnivori”, i vegani vanno oltre, superano quella linea di confine che porta l’amore per gli animali a livelli ridicoli e contraddittori. Per i vegani, chi ama gli animali non dovrebbe neanche mangiarli, altrimenti che amore è? Ci chiediamo, allora, cos’è l’amore per gli animali? Cosa significa rispettarli? I vegani sono i veri amanti degli animali?

Ecco cos’è l’Amore secondo Wikipedia:

“L’amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia e adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Oppure, può venire definito sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona.”

Nessun riferimento alle abitudini alimentari. Ora vediamo un po’ cosa dicono gli “Altri” (non quelli di Lost!). Su Vegfacile c’è scritto questo:

“Non mangiamo animali. Per quali motivi?

Perché si arriva a decidere di diventare vegetariani, cioè non mangiare più animali? I motivi sono tanti, e variano da una persona all’altra, ma il più importante, quello che, di solito, fa scattare la decisione, è la volontà di non uccidere, non far soffrire, gli animali, esseri sensibili, che come noi possono provare sentimenti, sensazioni, emozioni, positive e negative.

E’ un argomento poco piacevole di cui discutere, questo, e a cui non pensiamo mai, perché noi non li vediamo soffrire, questi animali, e non li vediamo morire. La loro sofferenza e la loro morte avvengono in luoghi nascosti, ma… nessuno può razionalmente pensare che per avere una bistecca nel piatto non sia stato prima necessario tenere prigioniero in condizioni pietose un animale e poi ucciderlo. La carne non cresce sugli alberi.”

La Voce dei Conigli riporta una citazione in perfetto stile “ipse dixit” / “argumentum ad auctoritatem“:

“Gli animali umani, che incarcerano, mangiano e sfruttano gli animali non umani, fingono che questi non sentano dolore. E’ necessaria infatti una netta distinzione tra noi e loro, se vogliamo farne ciò che vogliamo, se li indossiamo e li mangiamo senza avvertire rimorsi o sensi di colpa. Gli umani, che spesso si comportano con crudeltà verso gli animali, vogliono credere che essi non possano soffrire. In realtà il comportamento degli animali dimostra il contrario: essi sono troppo simili a noi.

Carl Sagan e Ann Druyan – Scienziati – Tratto da: Shadows of Forgotten Ancestors, 1992

Forse è una questione di opinioni, forse non è possibile stabilire chi ha ragione e chi torto, forse… de gustibus. Tuttavia, è doveroso porre un freno alla propaganda veg e far notare ai lettori che le cose non sono come sembrano. Amare gli animali, apprezzarli per la loro varietà, per le loro catene evolutive, per i loro colori, per i loro comportamenti, si può fare senza diventare vegetariani o vegani, perché è una cosa naturale. La Fauna di Ediacara del Proterozoico superiore forse è l’unico esempio, seppur molto primitivo, di un mondo “cruelty free” come quello agognato dai veg, ma nell’ultimo mezzo miliardo di anni le cose sono cambiate. Ecco un passo da Life of Gaia, interessante blog su Tumblr, che per chi non lo sa è un rivale di Facebook:

“La Fauna di Ediacara era composta esclusivamente da organismi marini di basso fondo a corpo molle; non si sono conservati né gusci calcarei, né scheletri chitinosi, né conchiglie. Alcuni avevano strutture simili alle spicole degli attuali Poriferi, presumibilmente con l’unica funzione di sostegno del corpo e di aggancio dei muscoli, che si presume fossero quasi inesistenti. Non esistevano inoltre predatori, si trattava esclusivamente di consumatori primari, da cui la definizione di ‘Paradiso o Giardino Ediacariano’. Della grande varietà di forme si potevano comunque definire alcune categorie principali: le numerosissime meduse, di cui ne sono stati definiti almeno 6 generi e 15 specie; delle forme coralliformi a corpo molle, simili agli attuali Pennatulacei; dei vermi segmentati, dotati talvolta di robusti scudi cefalici; degli strani organismi a simmetria bilaterale, assomiglianti a vermi; altre forme non accomunabili a nessun altro organismo.”

Tempo qualche milione di anni e arrivò il terribile Anomalocaris, il terrore dei mari primitivi che fece diventare il Paradiso di Ediacara un lontano ricordo. Comparvero i gusci, perché gli organismi dovevano difendersi dai predatori, e arrivò l’esplosione del Cambriano, l’evento-spartiacque che portò alla varietà di esseri viventi che possiamo ammirare oggi. Come, e perché? Secondo Wikipedia queste sono le cause più probabili, e una in particolare è molto interessante:

“Sono state proposte diverse cause per l’esplosione cambriana: alcune di esse sono riferite all’ambiente (come l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera o la fine della glaciazione), altre alla possibilità che piccole modifiche nella crescita degli embrioni possano causare grandi differenze nella forma finale; altre ancora si soffermano sulle interazioni tra diverse specie, ad esempio modifiche nella catena alimentare o la necessità di sfuggire ai predatori (e, per questi, di “tenere il passo” con le prede).

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La Fauna o “Paradiso” di Ediacara, da alcuni definito “Eden” facendo riferimento ai testi sacri giudaico-cristiani, era un ecosistema senza predatori che appartiene ai tempi remoti dell’Eone Proterozoico. Fonte: Life of Gaia (Tumblr).

Quindi, il “salto di qualità” della Vita sulla Terra potrebbe essere dovuto alla nascita della predazione e a tutto ciò che essa ha comportato per le forme viventi in competizione. La predazione non solo sarebbe naturale, ma sarebbe il motivo per il quale il mondo non è più dominato da piccoli organismi pluricellulari.

Chiusa la parentesi paleontologica, vale la pena di parlare di chi ama gli animali e non ha la benché minima intenzione di diventare veg. V., ragazza che chi ha già letto questo articolo/intervista ha sicuramente imparato ad apprezzare per il suo coraggio e la sua determinazione, ci dice la sua sull’argomento. Ha un maneggio in Irlanda e ama gli animali, in particolare i cavalli, ma non è vegana.

“Penso, sinceramente, che l’amore per gli animali (quello che esisteva anche prima della Moda Animalista) non coincida affatto con un astenersi contro natura dall’assunzione di alimenti di origini animali o da un boicottare la ricerca farmaceutica. È responsabilità di un consumatore intelligente e informato scegliere carni e prodotti provenienti da allevamenti controllati, meglio se non intensivi, dove gli animali vengono trattati e curati in modo “etologicamente” consono e con tutte le cure veterinarie di cui necessitano. Si dovrebbe aprire l’ennesima ed infinita parentesi che vede il cittadino scegliere la mediocrità in favore del mero risparmio economico ed in barba non solo al benessere animale, ma anche all’inquinamento e alla propria salute che sono problemi gravissimi.

A proposito di etologia, il concetto predatorepreda è quando di più naturale ci sia al mondo. L’uomo è un onnivoro con una dieta prevalentemente concentrata sull’assunzione di carboidrati e con moderazione di proteine, lo testimonia la nostra fisiologia: confrontate i denti di un essere umano con quelli di una mucca! Senza il consumo di carne molte razze domestiche sarebbero estinte e in alcuni studbook non ci sarebbe un adeguato controllo e miglioramento del patrimonio genetico di una linea di sangue. Vi faccio l’esempio dell’esperienza che sto avendo con dei cavalli francesi da tiro pesante (razza Trait Comtois): gli esemplari non adatti alla riproduzione vengono castrati ed esportati dalla Francia presso commercianti di cavalli. Ovviamente si ha la possibilità di riscattarli e di domarli ma, purtroppo, proprio l’animalista medio rifiuta di salvare questi animali solo perché magari non hanno il musetto dolce come un cavallo da sella. Io, per me e i miei allievi, ne riscatto circa un paio al mese ma gli altri finiscono al mattatoio. Naturalmente c’è un pro legato al miglioramento delle razze e un contro, non indifferente, legato alla quantità esagerata di carne (e di vite) che si butta via perché nessuno consuma. Il problema non è il consumo di carne in sé, ma l’esagerazione e i comportamenti non consoni degli allevatori e dei commercianti, spesso ai limiti legali e di buon senso.”

Ora, la mia opinione, che in un articolo così personale è d’obbligo: al momento ho otto cani di tre razze diverse, vivo in periferia e apprezzo il contatto con la Natura quasi incontaminata, anch’io “amo” gli animali, anche quelli estinti, non nutro nei confronti dell’attività venatoria quel sentimento di odio che caratterizza tanti miei coetanei e, per carità, non sono vegano. Per me, la linea di confine è delimitata dal buonsenso e dalla ragionevolezza: per quanto possa “preferire” uno dei miei cani ad un estraneo, la ragionevolezza e il buonsenso mi dicono che la razza umana è più importante delle altre razze animali, che è sbagliato mettere gli animali domestici prima dell’uomo, che la sperimentazione animale è necessaria, che cibarsi di carne è naturale per la nostra specie, etc. Non mi sognerei mai e poi mai di negare ad un ricercatore e ad un malato che ha bisogno di cure, una cosa indispensabile come la ricerca scientifica.

I due principi cardine di ragionevolezza e buonsenso mi dicono anche di evitare determinati eccessi. In particolare, trovo esagerato leccare o baciare gli animali domestici, vestirli, designarli come ereditari di beni mobili e/o immobili di un certo valore, portarli in giro snobbando tutto e tutti, adattarli a stili di vita e alimentari innaturali, farli diventare obesi, etc. Amare gli animali sì, ma con moderazione e senza andare contro la Scienza.

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Ecco, questo invece non lo farei. Fonte: petsblog.it.

Ergo, a conti fatti, voi “onnivori” potete stare tranquilli: potete amare gli animali senza essere vegani, e potete essere a favore della sperimentazione animale senza cadere nella contraddizione. Ma quale contraddizione? Dopotutto, se avete un computer tra le mani, forse è proprio merito della predazione.

Francesco D’Amico

Un ringraziamento va ad Alfonso Lucifredi per l’ottimo lavoro che svolge nel campo della divulgazione scientifica.

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5 risposte a L’animalismo sfegatato e l’amore per gli animali: la linea di confine

  1. Cam Morris ha detto:

    Thanks for thee post

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  3. Serena ha detto:

    Amare gli animali sì, ma con moderazione e senza andare contro la Scienza.
    scusami ma questa frase mi fa schifo…

  4. Dario ha detto:

    Hai tutta la mia stima; ottimo articolo, ciao.

  5. Connacht ha detto:

    Mi giunge nuovo che non esistessero predatori, anche le amebe lo sono a modo loro quando fagocitano un microbo, forse è qquestione di definizioni.

    Comunque l’eterotrofia è evolutivamente pressante perché per procurarti il cibo devi pensare a come prenderlo. Le piante non hanno problemi e quindi “vegetano” per l’appunto, producendo solo metaboliti tossici per difendersi dai loro predatori. Gli erbivori invece non hanno bisogno di intelligenza per procurarsi i vegetali, gli bastano stazza, numero e vista laterale per difendersi dagli attacchi. I carnivori invece devono escogitare dei mezzi per aggirare queste temibili difese e sviluppano vista frontale, zanne e artigli (anche artificiali come una lancia) e un’intelligenza più acuta.
    In soldoni, senza complicare il discorso con olfatto e altre considerazioni evolutive.

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