Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 239) l’1 marzo 2018.
Le conoscenze scientifiche avanzano e provano a descrivere il tessuto stesso dell’esistenza
E’ passato un po’ di tempo da quando, a scuola o in ambito accademico, abbiamo studiato la struttura dell’infinitamente piccolo, un mondo fatto di legami atomici e molecolari. I vecchi testi di Chimica utilizzati nei licei (da molti ritenuti incomprensibili), e molti corsi universitari che toccano l’argomento solo marginalmente, trattano di un mondo che finisce al livello atomico e non va mai oltre, non perché non ci sia altro da scoprire e studiare, ma perché lì esiste il confine tra le conoscenze di base, quelle da “cultura generale”, e quelle settoriali tipiche della Fisica quantistica e altri ambiti scientifici molto specializzati. Queste ultime conoscenze hanno vissuto, negli ultimi anni, periodi di profondi mutamenti e approfondimenti (molti ricordano la scoperta del Bosone di Higgs, avvenuta nel 2012), per cui all’epoca dei “nostri banchi di scuola”, molte cose semplicemente non erano state ancora scoperte. Eppure, anche se per studio o lavoro non si ha la necessità diretta di approfondire queste tematiche, è molto interessante scoprire dove è arrivata la Scienza investigando l’infinitamente piccolo, andando a descrivere il tessuto stesso dello spazio-tempo. Ciò spinge a chiedersi il perché dell’assenza, nelle scuole moderne, di nozioni basilari riguardanti tutte queste nuove conoscenze e le loro conseguenti implicazioni, dato che più si va avanti nella ricerca più si comprendono i meccanismi che regolano l’intero Universo, ossia tutto ciò che ci circonda. L’infinitamente piccolo ha ripercussioni sull’infinitamente grande, e chi vive tra questi due mondi spesso ignora le caratteristiche dell’uno e dell’altro, nonostante la loro importanza vitale nel regolare fenomeni naturali erroneamente dati per scontati.
La scala dei tempi e delle distanze oggetto di questi studi “di nicchia” è impressionante. Le ricerche si concentrano su minuscole particelle volatili che scompaiono nell’arco di miliardesimi di miliardesimi di secondo, “grandi” miliardesimi di miliardesimi di millimetro. Ci si sta spingendo fino a un punto in cui le dimensioni di un corpo, così come le concepiamo nel mondo macroscopico, mutano nella loro concezione, tant’è che spesso si parla di fluttuazioni a zero dimensioni, ossia dei punti nello spazio che non hanno un vero e proprio volume; un netto passo in avanti rispetto all’approssimazione tipicamente scolastica che vede la forma di alcune particelle rappresentata usando “sfere”. Molte proprietà che credevamo essere costanti, come la massa, altro non sono che conseguenze di legami energetici, infra-atomici e variabili, che hanno la loro radice in un mondo difficile da comprendere per chi vive solo la routine quotidiana. Il tempo, altra cosa che per la nostra esistenza è costante, acquisisce proprietà diverse andando a trattare i casi più estremi, e in situazioni diverse trascorre in modo diverso. Le stesse particelle elementari già accennate, di fronte a studi approfonditi manifestano la loro natura di oscillazioni e perturbazioni di tessuti di spazio-tempo che permeano tutto l’Universo. Scoperte importanti, stranamente relegate ad ambiti accademici di nicchia, che spingono gli studiosi a porsi domande – a tratti filosofiche – su cosa sia effettivamente l’essere. E’ un po’ come se la Scienza avesse raggiunto, dopo secoli di divergenza dalla pura Filosofia, uno stato particolare in cui trattare determinate tematiche sull’infinitamente piccolo non si discosta molto dai ragionamenti filosofico-naturalistici dei grandi pensatori.
Francesco D’Amico
L’ha ribloggato su Mab7's Blog.