Automazione nel trasporto aereo, quale prezzo e quali sviluppi?

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 231) l’11 febbraio 2017.

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Procedure, tempistiche: tutto rivoluzionato dalla tecnologia, con ciò che essa comporta

Quanto è cambiato il trasporto aereo negli ultimi decenni, in particolare nell’ultimo? Tanto, tantissimo, e lo ha fatto grazie al significante contributo della tecnologia. Le compagnie aeree, che sono aziende private in un mercato generalmente libero, hanno molto a cuore il tema dell’ottimizzazione delle risorse, del taglio dei costi e della riduzione delle perdite finanziarie; anche grazie a quest’ottica di risparmio ed efficienza sono nate regole e procedure che hanno stravolto il settore del trasporto aereo commerciale.

Il “problema”, per così dire, è che alcune cose sono state esasperate fino al punto di compromettere posti di lavoro e, allo stesso tempo, creare piccoli disagi alla vasta clientela, in barba all’ottimizzazione e alla sicurezza: non tutto quello che è economicamente/temporalmente efficiente, lo è anche da un punto di vista dell’assertività, della sicurezza e dell’attenzione nei confronti del cliente. Quella dell’automazione è una tematica molto attuale, che vede due tesi e fazioni contrapposte discutere pregi e difetti del progresso tecnologico: da una parte gli ottimisti che auspicano un mondo “senza lavoro” dove tutti avranno un reddito minimo di cittadinanza, e dall’altra chi vuole regolare il processo per mantenere centinaia di milioni di posti di lavoro “a rischio”. Si stima, infatti che nei prossimi anni intere professioni spariranno, annichilite dal progresso tecnologico dell’automazione. Il settore del trasporto aereo, per i motivi menzionati a inizio articolo, non è esente da questo tema e dai suoi sviluppi.

L’esempio più evidente ed eclatante è il check-in, una procedura che segue la prenotazione, tramite la quale si verifica l’idoneità del passeggero prenotato a partire (documentazione valida, condizioni fisiche, comportamento propenso al rispetto di leggi e regole) e si procede con l’emissione della carta di imbarco, che è una cosa diversa dal biglietto, contestualmente alla selezione del posto e all’eventuale spedizione del bagaglio da stiva, anch’esso opportunamente misurato, pesato e dal contenuto idoneo. Con l’automazione, il check-in è diventato sempre più un “compito” del passeggero, che spesso e volentieri è praticamente obbligato a farlo autonomamente a casa, pena il pagamento di un supplemento: il “controllato” dunque diventa autocontrollore, ovvero autodichiara di avere tutti i requisiti necessari, e inserisce da solo i dati del proprio documento di identità. Il posto, nella stragrande maggioranza dei casi, è scelto in automatico da algoritmi informatici, e la selezione di posti specifici comporta per il passeggero il pagamento di un supplemento. Risparmiando sul check-in con l’automazione, la compagnia aerea riduce il flusso ai banchi di accettazione, riduce il rischio di ritardo per congestione degli stessi, e risparmia la spesa sul personale, pagando però un “prezzo”: fa venire meno il contatto umano con il passeggero, sempre più assimilabile a un numero piuttosto che a un individuo, e penalizza il ventaglio delle sue scelte.

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Esempio di chioschi per il self check-in aeroportuale.

Il processo è lungi dall’essere finito: la pressione per l’automazione delle procedure è incessante, tant’è che sono stati sperimentati con successo anche alcuni dispositivi per la spedizione automatica dei bagagli da stiva, presso i quali i passeggeri possono procedere autonomamente al peso, all’etichettatura e alla spedizione degli stessi. In alcune parti del mondo è stato sperimentato l’imbarco automatico, dove i passeggeri scansionano la propria carta d’imbarco al gate e accedono a bordo degli aeromobili senza controlli documentali; comodo, direbbe qualcuno, ma poco sicuro, direbbe qualcun altro. La questione, tuttavia, rimane sempre la stessa: fino a che punto l’automazione è un progresso che garantisce gli stessi standard che si hanno quando a operare è un essere umano? Sarà il tempo a dirlo.

Francesco D’Amico

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