L’essenza dell’uomo, mutato al mutare delle condizioni, nell’arte di Antonio Oliva
Per connotare l’arte di Antonio Oliva mi piace riportare la critica di una delle giornaliste più affermate del panorama cosentino, che lo segue da anni e con grande criticità, non solo sentimento e stupore, debbo dire. L’ingegnere Giulia Fresca.
La crisi valoriale, che il nuovo tempo ha inflitto alle umane esistenze, diviene elemento di ricchezza per artisti come Antonio Oliva, che offrono la loro opera alla terra natia di Calabria, nel nome del riscatto e della visione di un diverso futuro. Una filosofia inconscia che conduce l’animo di Oliva nella via dell’Arte che tenta di dare una risposta alla crisi morale di un mondo in preda al caos, devastato da una grande depressione a tal punto che sembra quasi diventato impossibile continuare a dipingere, come si faceva un tempo, fiori, nudi, e suonatori d’archi. La visione diviene pertanto surrealista, in un’ottica quasi fotografica di un mondo che, attraverso l’obiettivo immaginario, genera un contesto elaborato con cui si vuole enfatizzare l’azione, ovvero il gesto del dipingere, e in cui il quadro diviene estensione diretta dell’esperienza indiretta dell’artista, luogo di pulsioni primarie. La libertà di spirito di Antonio Oliva, appare orientata verso l’Idealismo metafisico e l’Astrattismo lirico di Kandinskij, così come l’opera di Willem de Kooning, che esercita su di lui un forte impatto. Pur nella diversità dell’indirizzo personale, ciò che lo accomuna è l’idea che l’astrazione sia un processo che conduce al sublime, alla scoperta di sé, all’espressione dei sentimenti e fa dell’emozione l’elemento stilistico fondamentale, scoprendo la forza del segno e creando composizioni “psicodinamiche” che si configurano quali campi di energia trasmessa sulla tela dal gesto dell’arista. Le sue opere sono l’espressione di una crescita non soltanto artistica che l’ha portato dalla creazione di splendide figure umane ed ambientazione di vita quotidiana, ad una visione deformante e violenta che astrae la realtà esteriore. L’arte è pensiero, è movimento, è azione. Non esiste distinzione tra il pensiero-azione, così come non è necessario insistere sulla dicotomia tra parole (manifestazione del pensiero) e fatti. Queste differenze per l’uomo vero non esistono, perché, quando il pensiero è vivo, esso è già azione. Cosa c’è di più “attivo” che provocare azioni e reazioni con i nostri pensieri esplosivi e con le nostre parole incendiarie? Anche l’Arte, quella vera che nasce dai più profondi moti dell’animo, è completamente legata all’azione. Traendo slancio da quel senso di angoscia insito nella vita e dalla necessità di esprimerlo, Oliva elabora lo spazio nel quale inserisce prima la figura umana, poi forme biomorfiche trattate in maniera curiosamente sperimentale, che si allontanano progressivamente dall’iniziale figurazione, seguendo una codifica che appare ma che invita ad essere decifrata. Tale espressione consente all’artista di esprimere il proprio disagio nei confronti della situazione socio-economica contemporanea e la sua pittura assurge così a strumento di denuncia sociale. Antonio Oliva è uno dei pochi Artisti che ancora riesce ad esprimere il proprio “spirito del tempo” e la propria visione del mondo attraverso il proprio fare creativo. L’Artista, durante la creazione dell’opera d’arte, non deve essere distratto da situazioni modali di nessun genere. Tale principio creativo (mitopoietico) continua a rappresentare l’aspetto rivoluzionario e liberatorio dell’Arte nei confronti del conformismo imperante presente in ogni settore della vita odierna. Oliva, mentre dipinge, sente dentro di sé l’anima di un filosofo presocratico che lo porta a tirar fuori la sua immaginaria geografia, il sogno che diventa architettura, che a sua volta è Arte. La sua città è spazio-estensiva ed è una realtà dell’anima dove s’incontra l’uomo, attore e spettatore, visibile ed invisibile, passato e futuro. Binari paralleli che nel sogno perdono la loro geometrica funzione e s’intrecciano, s’intersecano e si sovrappongono quasi con il rispettoso timore di non cancellare ciò che di buono, in ogni tempo, in ogni spazio ed in ogni mente creativa debba essere preservato e tramandato. Egli, con le sue visioni immaginifiche e i labirinti onirici ripercorre l’essenza dell’uomo mutato al mutare delle condizioni. Un ossimoro pittorico tra l’utopia del ritorno al passato e la precisione ornamentale per la cura del particolare dove l’uomo si avvolge in sé nel mistero della sua esistenza.
La nuova mostra di Antonio Oliva, la Personale dal titolo “Tracce”, è stata aperta al pubblico dal 7 al 21 febbraio presso il Viale della Resistenza a Rende.
Tracce…”ora parlo a Lucia”
Tracce come pennellate.
Come impronta
Tracce come passaggio,
Vissuto
e storia.
Tracce dico:
quelle,
che l’amore dell’artista
riserva alle sue mani,
impregnate di dono,
“pasticciate” d’affetto,
di colore
E offrono scenari
e ritratti
in nuovi orizzonti
(by Lucia De Cicco)
“Tracce è stato coniato dalla critica, ci racconta il rendese Antonio Oliva, che si è interessato alla personale. Esasperazione sulla tela, messi con impeto, forza di ciò, che sento, vivendo in questa mia Terra calabrese e sono segni messi con la spatola simil a coltello”.
Perché utilizza una nuova tecnica, la spatola?
Il pennello dà effetti stucchevoli, mentre la spatola mi concede la possibilità di graffiare la tela; utilizzo anche le mani a questo fine.
Oliva è il suo mondo fiabesco della pittura?
La fiaba, può essere meravigliosa e anche spaventosa, ecco che rappresenta per me un mondo che c’è nell’immaginario umano, quasi metafisico. Sensazioni, che riporto sulla tela con un dinamismo. La fiaba all’apparenza appare un mondo ideale, incanto, ma poi emergono nella fiaba i particolari del nostro quotidiano in preda al caos.
Antonio usa una scala di colori caldi.. il giallo, soprattutto…
Oggi la pittura è un universo meno realistico, perfetto e riproducente così come nel passato la realtà. E oggi si deve trarre ispirazione da ciò che ci circonda in un modo differente. Di certo Van Gogh è tra i miei preferiti. Ma anche il modo rivoluzionario di Kandinsky, d’astrarre nell’assenza totale dell’uomo, pur studiando i classici e grandi del passato.
Quando nasci come artista professionista?
L’amore per il disegno e la pittura comincia da piccolo, ma si concretizza attorno all’età di 14 anni, negli anni ’90 del secolo scorso con la prima mostra ispirata a Cartesio. Oggi faccio parte dell’Associazione pittori cattolici di Cosenza. E posso affermare però che a questo punto della mia vita religione e scienza fanno un bel per corso di comprensione nel mio Io.
Ritornando a “Tracce”, che cosa ti aspetti da questa Personale?
In questa mostra voglio propormi a un pubblico più vasto, perché ho qualcosa da “raccontare”, voglio lasciare una traccia che arrivi a tutti. Il negozio di Belle Arti offre la possibilità anche del profumo dell’arte, colori e pennelli garantiscono l’avvicinamento dell’uomo qualunque, che però vuole apprendere o semplicemente riempirsi di stupore. Connubio tra materia e prodotto finito che porta tutti in questo mondo di colori e tecnica.
Antonio Oliva è nato a Rende, in provincia di Cosenza, il 22 luglio del 1969 e matura la sua arte fuori da ambienti accademici. Sin dall’età di tre anni manifesta una forte propensione per il disegno, una passione che lo porterà ad attraversare varie transizioni sia nelle tele che esistenziali, un lungo percorso creativo con più di 2600 produzioni che hanno dato vita a 20 mostre personali, tante collettive e concorsi; La prima nel 1994, dal titolo “Io penso dunque Sono” e l’ultima, nel 2014, con le sue “Ipotesi Future”. Un tour dimostrativo che ha raggiunto, oltre alla sua amata Calabria, le città più importanti in Italia e due “perle” in Francia e Texas. E’ stato premiato in 62 concorsi di pittura e insignito da riconoscimenti di prestigio. Le sue opere, già definite dalla critica come “tracce” sono sinonimi e ricerca della sua espressione artistica; Ci parlano di un mondo che passa attraverso l’instancabile osservazione delle cose che ci circondano e vengono plasmati e ricondotti ad una totalità di significati. Ad oggi lo scopo dell’artista è quello di riportare fuori le emozioni sopite, cercando di resuscitare quella traccia che ci accomuna, innalzandola a simboli universali che mutano insieme al corpo ma che trovano pur sempre un’identità nella differenza. (dottoressa Raffaella Reda)
Lucia De Cicco