Questo articolo è uscito sul periodico il Lametino lo scorso 17 aprile 2010.
Riprendendo gli ideali di autori liberali, l’MGPP invita la cittadinanza a riflettere sulle responsabilità della classe politica e su quello che i cittadini possono fare per cambiare veramente le cose.
Le elezioni sono un momento molto importante per la società: la popolazione è chiamata a scegliere i propri rappresentanti tra una fitta schiera di candidati. Una volta eletti, almeno in teoria, questi rappresentanti hanno il compito di risolvere i problemi, di bloccare nuovi problemi sul nascere e di sfruttare determinate potenzialità per migliorare la condizione socio-economica generale. Senza la popolazione a mantenerli (sia economicamente che con le preferenze) i politici non sono nulla, eppure nessun cittadino comune è portato a considerarli come dei propri dipendenti, pagati profumatamente per svolgere dei compiti ben definiti. Nella nostra società, il rapporto tra cittadino comune e uomo politico è di pura subordinazione a quest’ultimo… ma è giusto che le cose stiano così? Perché in altri paesi i politici sono costantemente sotto pressione al fine di migliorare la loro rendita mentre qui la situazione lascia molto a desiderare? Senza un controllo deciso e imparziale la politica diventa fine a se stessa e i benefici per la popolazione vengono ridotti ai minimi termini.
La società è caduta diverse volte nell’errore di considerare i partiti di opposizione come dei mezzi ideali per bilanciare la preponderanza di una qualsiasi maggioranza e metterne in evidenza le lacune con assoluta imparzialità: niente di più sbagliato, dato che la storia insegna che i patti (più o meno evidenti e prevedibili) tra fazioni politiche in apparente contrasto sono una costante da tenere continuamente in considerazione. In uno scenario di questo tipo, è umanamente impossibile sperare che la politica si possa controllare da sola.
Le azioni della massima parte dei politici sono a breve termine, ovvero sono volte a garantire delle soluzioni temporanee e caratterizzate dal solito giro di favoritismi di casta e meriti di dubbia validità. Il politico ideale dovrebbe lavorare per il futuro, considerando le conseguenze a medio e lungo termine delle proprie azioni sull’intera società; tuttavia, se non c’è nessuno a vigilare sulle azioni dei politici, la buona volontà iniziale tende ad eclissarsi inesorabilmente e gli unici a pagarne le conseguenze sono i cittadini. Gli stessi cittadini, oltretutto, vedono la loro libertà di scelta andare scemando di fronte alle figure politiche e alla loro presunta capacità di essere in grado di prendere le decisioni migliori per il bene comune. In questo frangente è opportuno citare il “teorema della dispersione della conoscenza” del liberale classico Adam Smith: le figure carismatiche e presumibilmente onniscienti non esistono e una persona che si considera all’altezza di tale ruolo è da ritenersi folle. Il discorso vale, ovviamente, anche per i piccoli gruppi di persone alle quali sono affidate enormi responsabilità – questa affermazione, che all’apparenza potrebbe sembrare antidemocratica e/o sovversiva, risulta valida nella maggior parte dei casi.
In un mondo in cui la classe dirigente non fa nulla o fa molto meno di quello che potrebbe fare è necessario che i cittadini prendano l’iniziativa. Una limitazione considerevole del potere politico, necessaria per spostare l’ago della bilancia verso i cittadini e verso la concretezza, richiederebbe una riforma radicale del sistema attuale. Riforma che, tra l’altro, è impossibile da attuare se si affida ai politici il compito di limitare il loro stesso potere: aspettarsi una cosa del genere da loro è indice di ingenuità. Come si fa, allora, a risolvere il problema? Chi ha pensato ad una rivoluzione sociale più o meno violenta non ha considerato quella che, ai nostri occhi, sembra essere l’alternativa migliore.
Il Movimento Giovanile di Pressione Politica è nato e sta per entrare nel vivo dell’azione proprio per fungere da alternativa. Grazie alla natura apolitica e apartitica, il movimento si pone come un mezzo per mandare avanti iniziative concrete e, cosa ancor più importante, dimostrare che la capacità di fare non è e non deve essere solo nelle mani dei politici: il bene comune non può essere di parte e se il movimento ha come obiettivo l’affermazione di Lamezia è nostra intenzione proseguire per questa strada senza interferenze dall’esterno. Per meritare il proprio appellativo, la classe dirigente lametina deve agire per garantire ai cittadini che la mantengono il migliore futuro che si possa auspicare. Il nostro compito è quello di mettere in evidenza i problemi della nostra città e proporre delle soluzioni che lascino il segno: la politica è un mezzo per raggiungere i nostri obiettivi.
Francesco D’Amico