Covid-19 e aviazione commerciale, riflessioni sullo status quo ante

Nota preliminare: l’oggetto del presente articolo riguarda un argomento di attualità e in continuo sviluppo, pertanto gli eventi successivi alla data di pubblicazione (24 maggio 2020), salvo aggiornamenti, non sono contemplati.

Nel dibattito del momento, “posto centrale sì o no?”, i retroscena potrebbero essere un po’ più complicati del previsto…

Il SARS-CoV-2 dei Coronaviridae, meglio noto come “il Coronavirus” benché quel nome, attribuito alla singola specie responsabile dell’omonima pandemia da CoViD-19 in corso, sia scientificamente inappropriato, ha travolto l’aviazione commerciale mondiale in un modo tale da far impallidire la crisi derivata dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. I motivi delle ripercussioni così nette nei confronti del trasporto aereo sono evidenti e agli occhi di tutti: si tratta di un nemico invisibile che trova, negli assembramenti di persone, l’ambiente più favorevole alla sua diffusione capillare. Non è un terrorista infiltrato e pericoloso, non è una persona o un gruppo di persone da sottoporre a controlli di sicurezza prima della partenza e da contenere con una modifica ai protocolli globali. Nulla di tutto ciò, perché il virus è veicolato da persona a persona e con dimensioni tali da rendere la sua lotta un po’ l’antitesi di quanto è stato fatto prima della pandemia, nell’aviazione commerciale come in altri settori: spremere le persone e addensarle nel minor spazio possibile al fine di incrementare i profitti.

Grafico parziale, elaborato dal noto sito di tracciamento voli FlightRadar24.com, che mette in evidenza parte del vistoso calo nel traffico aereo.

Le compagnie aeree hanno subito durissimi colpi e solo il mercato della business aviation è riuscito, non senza difficoltà, a limitare i danni subiti con un operativo voli che qualcuno potrebbe definire miracoloso, considerata la situazione generale. Per il resto, sembra una mattanza senza precedenti, dato che molte compagnie aeree stanno fallendo, sono già fallite o stanno correndo ai ripari per garantirsi coperture pecuniari dei rispettivi Stati, in modo da evitare la bancarotta. L’intero processo è stata una parabola discendente che in pochi mesi ha annichilito molti anni di crescita continua per il trasporto aereo; all’inizio, le notizie della pandemia sembravano qualcosa di lontano, che potesse riguardare solo paesi di un altro continente, e non ci è voluto molto prima che il problema arrivasse direttamente a casa nostra. Molte compagnie avevano già caricato la summer 2020 nei propri sistemi di prenotazione, e hanno visto, in modo progressivo, un altissimo tasso di passeggeri no show (persone prenotate ma che rinunciano a partire) sui propri voli, al quale è succeduto un drastico calo delle prenotazioni, poi amplificato dalle restrizioni governative che hanno messo in ginocchio la mobilità aerea internazionale. Benché allo stato attuale è impensabile stabilire con certezza quando il trasporto aereo mondiale si riprenderà da questa durissima crisi, è comunque abbastanza consolidata l’idea di un ritorno progressivo alla normalità, non tanto dei volumi di traffico pre-pandemia ma del concetto stesso di trasporto aereo. Si potrà tornare a fare turismo, a viaggiare per lavoro e per motivi personali, il tutto con delle restrizioni specifiche volte a contenere il rischio di un diffondersi del contagio e con numeri ridotti rispetto a qualche mese fa. Da qualche parte si dovrà pur iniziare, se si vuole tornare a un traffico minimo garantito che abbia come obiettivo finale il progressivo ritorno alla normalità, e sicuramente lo faremo con flotte diverse rispetto al passato, dato che la pandemia ha accelerato il ritiro di colossi dell’aria come l’Airbus A380, nato per rivoluzionare il trasporto aereo e finito come grosso grattacapo nel tentativo di contenerne i costi.

Nell’era del distanziamento sociale, il primo dilemma amletico ad aver interessato trasversalmente tutte le compagnie è stato, ed è, il seguente: posto centrale, sì o no? Il posto centrale nelle file con tre o più posti per settore è stato subito inquadrato come l’oggetto principale del dibattito sul distanziamento sociale, tradotto in termini di trasporto aereo. Molte autorità hanno imposto grossi limiti alla capacità massima degli aeromobili, con una media dei posti realmente usufruibili scesa a cavallo tra il 50 e il 60 per cento dell’offerta totale. E’ facile dedurre come restrizioni del genere rendano molto difficile la capacità di un volo di generare profitto per la propria compagnia, dato che gli stessi costi operativi risultano spalmati su una fetta minore di passeggeri, i quali, con l’ovvio incremento del prezzo dei biglietti, saranno spesso scoraggiati all’acquisto; da questo deriva un circolo vizioso che colpisce in modo particolare le compagnie aeree a basso costo, le quali puntano molto sulla suscettibilità dei propri clienti alle variazioni di prezzo. Non è un caso, infatti, che siano state proprio tali compagnie a tagliare in modo più netto l’operativo voli, proprio in virtù della necessità di riempire il più possibile i propri aerei perché dettato, a monte, dal modello di business. Su questa diatriba mondiale è arrivata a esprimersi la IATA, l’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo, che raggruppa la maggior parte delle compagnie aeree del mondo: nel suo comunicato stampa ufficiale, la IATA invoca misure anti-contagio più precise e capillari, e presenta una corposa apologetica del posto centrale, che può continuare a essere assegnato senza che ciò comporti grossi problemi per la sicurezza dei passeggeri. Questa mossa da parte della IATA può essere considerata, da molti, come scontata, perché palesemente indirizzata al mantenimento degli interessi pecuniari delle compagnie aeree, le più colpite dal taglio dei posti disponibili. Sicuramente, al netto delle considerazioni di natura scientifica alla base di questa scelta molto dibattuta, fa discutere il netto contrasto tra queste prescrizioni relative alle configurazioni dei posti degli aeromobili, e tutte le altre attività umane: sport, ristorazione, svago, industria, etc., tutti i settori del lavoro e del tempo libero vedranno, nei prossimi mesi, rigide applicazioni del distanziamento sociale, mentre gli aerei sembrerebbero esentati da queste misure, almeno applicando alla lettera le disposizioni suggerite dalla IATA. Qui, più che altro, inizierà a subentrare un aspetto psicologico non indifferente, oltre che scientifico, dato che in tutte le attività svolte nella vita quotidiana si applicherà il distanziamento sociale mentre, come per magia, a bordo di un aereo potremo avere nove persone in uno spazio prossimo ai due metri quadrati, e in sicurezza, almeno stando alla IATA. Chi vorrà ritrovarsi in un posto centrale, nei mesi a seguire, dato che già da prima della pandemia questi posti risultavano essere i più “odiati” tra tutti? L’aspetto psicologico sarà poi da associare a un aspetto operativo, dato che pur ipotizzando un’assegnazione “sicura” dei posti centrali, bisognerà rivoluzionare le modalità di imbarco e sbarco, che prima della pandemia erano basate sull’addensamento delle persone.

Nemmeno un anno fa, molti progetti provavano a proporre soluzioni ergonomiche per massimizzare la densità dei passeggeri a bordo. In figura, i design Aviointeriors. Fonte: CNBC.com.

Chiusa questa doverosa premessa, è opportuno rimodulare questa diatriba nella nostra mente e riflettere su quale fosse lo stato dell’arte dell’aviazione commerciale prima della crisi in atto. Dove eravamo arrivati, qualche mese fa, prima che il SARS-CoV-2 smantellasse tutto? Dopo la crisi precedente, quella dell’11 settembre, l’aviazione commerciale si è ripresa accelerando a dismisura la propria crescita, con le dovute eccezioni (quelle esistono sempre, e confermano la regola). La crisi economica del 2008 non ha rallentato questo forte sviluppo, che è andato avanti, si può dire, per due decenni e in modo regolare, seppur a tratti altalenante. Nuovi mercati si sono affacciati con prepotenza al mondo del trasporto aereo: è il caso del mercato cinese, per esempio, che ha visto il suo aeroporto più trafficato, il Beijing Capital, iniziare a fare concorrenza al primato dello scalo americano di Atlanta Hartsfield-Jackson. Abbiamo visto le ME3, le tre  grandi realtà del Medio Oriente (Emirates, Etihad e Qatar Airways) imporsi in scala mondiale, di fatto connettendo tra loro punti opposti del globo. Abbiamo assistito, in Europa più che altrove, all’imposizione del dominio low cost nel corto raggio rispetto ai modelli di mercato tradizionali, in un contesto dove tale modello è più capace di competere e massimizzare i propri punti di forza. Stavamo anche assistendo a qualche tentativo di “esportazione” di tale modello nell’intercontinentale, con livelli di successo variabili. A cadenza regolare, statistiche varie su aeroporti, compagnie e passeggeri ci mostravano segni più ovunque, tutti indicatori di una crescita costante. Abbiamo visto concretizzarsi in parte il piano di alcune compagnie di passare ad aerei con densità di posti maggiori, frutto di rimodulazioni degli interni di aeromobili come l’Airbus A320 e il Boeing B737 che avrebbero permesso di trasportare più passeggeri incrementando di poco i costi operativi, e stavamo studiando con ammirazione le prime bozze progettuali di sedili ancora più addensati. Ci dicevano, e infatti sentivamo dire molto spesso, che questi super addensamenti servivano a ridurre l’inquinamento indotto dalle migliaia di aerei che, ogni giorno, si libravano in cielo per trasportare passeggeri da un punto A a un punto B. Abbiamo assistito, progressivamente ma inesorabilmente, a una riduzione dei tempi medi di turnaround degli aeromobili a terra, ossia i tempi intercorsi tra l’arrivo da un volo e la ripartenza del successivo, con picchi inferiori di soli 25 minuti, necessari per la riduzione dei costi operativi, che a loro volta riducono il prezzo medio dei biglietti e di conseguenza aumentano il numero dei passeggeri trasportati. Gli stessi aeroporti monopolizzati dalle compagnie aeree che hanno investito molto in questi criteri di riduzione dei costi si sono dovuti attrezzare con le necessarie strutture di preimbarco, costruite e predisposte ad hoc in modo da addensare i passeggeri durante le operazioni di imbarco e accelerare le nuove tempistiche di partenza dei voli.

Esatto, perché era proprio questo l’obiettivo comune a quasi tutto ciò che abbiamo visto negli ultimissimi anni: addensare i passeggeri nelle cabine, ammassarli nelle strutture di preimbarco, fare tutto il possibile per ridurre le tempistiche a discapito del comfort, insomma, in poche parole, fare l’esatto contrario di quanto ora ci è imposto dalle normative sul distanziamento sociale. Nel far ciò, però, abbiamo perso di considerazione molti altri concetti cardine del trasporto aereo che sono stati trascurati, e che il Covid-19 potrebbe aiutarci a riprendere. Uno tra tutti è il parametro passengers kilometers flown (PKF, passeggeri per kilometri volati), che tiene conto dei passeggeri trasportati in base alla distanza percorsa e non alle singole unità: un modo per definire, nel concreto, quanto si sta connettendo il mondo, perché è palese che considerando i soli passeggeri trasportati, un network intercontinentale risulta “meno efficiente” di un network di medio raggio, dove nell’arco delle 24 ore un aereo fa più voli e trasporta in media più passeggeri, anche se a distanze ridotte. Ma, si sa, a noi piacciono le statistiche facili per cui è più semplice puntare su un dato di non difficile comprensione come i passeggeri complessivi, senza ulteriori complicazioni. Questa considerazione ci porta a un’altra cosa che abbiamo perso “per strada”, ossia la differenziazione di clientela e cabine per classi in modo da intercettare tipologie di passeggeri trasversali: proprio in virtù di quanto detto in precedenza, un aereo con 140 posti addensati risulta “più virtuoso” di un altro aereo che, a parità di modello, ne ha 110 in quanto diviso in due o più classi di viaggio (Economy, Business, First, etc.). Abbiamo, infatti, smesso di considerare l’indotto generato dall’attirare diversi tipi di cliente perché, come già detto, ci è piaciuto tanto addensare e fare classifiche con parametri semplici. Prima era comodo crescere con questi sistemi, ma ora ci ritroviamo con interi aeroporti e compagnie aeree che non sono pronti ad affrontare il sacrificio di una temporanea riduzione dei posti a bordo.

Un trasporto aereo futuristico sembrava alle porte. Quanto ci vorrà per superare la crisi attuale e andare oltre? Immagine di GolfBusiness.com.

La questione è molto complessa e potremmo andare avanti per ore a discuterne, dato che ha tante sfaccettature, e ciascuna di esse necessiterebbe delle dovute precisazioni. Limitiamoci, in questa sede, a uno sguardo d’insieme, che – infine – ci permette di realizzare come il trasporto aereo sia andato lungo dei precisi binari di una ferrovia, scelti a discapito di altre linee parallele, e di come proprio tale scelta presa in passato ora renda molto più complicata del previsto la ripresa del settore dalla pandemia che sta flagellando il mondo intero, nessuno escluso.

Francesco D’Amico

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