Nascita e storia dei Blog: Habitat immateriale e linguaggio virtuale

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 248) il 25 maggio 2019.

“Io bloggo, dunque sono!”

In informatica, un Blog è un diario in rete. Più dettagliatamente, il termine stesso blog è la contrazione di web-log, ovvero “traccia su rete”. Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel 1997 in America dove il 23 dicembre dello stesso anno viene pubblicato il primo blog grazie a Jorn Barger, che ne conia anche il termine. La versione tronca blog è stata creata da Peter Merholz che nel 1999 ha usato la frase “we blog” nel suo sito, dando origine al verbo “to blog” (bloggare, scrivere un blog). I blog sono un fenomeno del web in continua crescita, una forma di pubblicazione online, un’estensione di una homepage, formattata in maniera differente. Mentre le homepage sono spazi dove le persone possono inserire figure statiche, descrizioni non interattive, i weblog sono pagine web dinamiche, caricate attraverso regole di base che supportano vari strumenti i quali permettono di caricare blog in maniera molto più facile e veloce senza usare il linguaggio markup di base HTML. La struttura di un blog è costituita da un programma di pubblicazione che permette di creare una pagina web senza conoscere il linguaggio base, una struttura che può essere personalizzata con vesti grafiche delle quali ne esistono diverse centinaia. Attraverso software preimpostati o svariati servizi web come Blogger, LiveJournal, WordPress e tanti altri, è possibile creare blog in maniera semplice e veloce, stabilendo in seguito la piattaforma che ospiterà il nostro diario in rete e compiendo una prima scelta comunicativa: dare un nome alla pagina che sarà l’etichetta attraverso la quale nuovi link e nuovi visitatori giungeranno a noi. I blog hanno un’area principale fatta di contenuti, oltre a una lista di entrate: “post” di solito scritti attraverso frasi brevi e “paratattiche”.

Quando, anni fa, si iniziarono a collezionare informazioni attraverso i siti internet, il termine bookmarking ebbe un nuovo significato. Presto, la necessità di “postare” divenne l’inizio di un processo infinito. Lo sa bene Tim Berners-Lee, informatico inglese co-inventore del World Wide Web, quando afferma che “Internet può essere considerato come una world wide conversation senza fine, dove i blog abbattono le barriere di scrittura e lettura creando piattaforme aperte attraverso publishing pages di espressione e scambio culturale”. Ma “bloggare” è qualcosa di più, è avere un diario intimo reso pubblico e “senza lucchetto” dove poter stare insieme agli altri ed esprimere liberamente la propria opinione, un luogo cibernetico dove poter scrivere e parlare di sé in tempo reale, pubblicare notizie, informazioni e storie di ogni genere, aggiungendo, se si vuole, anche dei link. Nel blog, il vero protagonista è l’autore stesso, il blogger, il quale gestisce in maniera autonoma la traccia dei propri pensieri condividendoli con gli altri avventori della rete che leggono e lasciano opinioni attraverso i commenti dei post. Nasce una reazione a catena: scambi di notizie, sussurri, discussioni, racconti, amicizie; si crea un mondo intero di sensazioni e di emozioni, una Wunderkammer (camera delle meraviglie) che naviga incessante sulle “onde” del Web tenendo in contatto migliaia di blogger, gli abitanti comuni di quella “stanza piena di gente”, quell’ambiente virtuale, nonché “comunità o rete sociale” che porta il nome di BlogoSphere, un habitat immateriale costellato di blog entro il quale gli internauti si incontrano per conoscere gli altri e mettere a nudo se stessi, una galassia del linguaggio virtuale che, attraverso milioni di link collega fra loro gli aitanti blogger del futuro. Si può interagire col P.C. e conoscere qualcuno, certo, o in questo caso visitare il suo blog, ma sarà sempre un “qualcuno” che non si conosce in maniera diretta, in maniera fisica. Questo incide sul modo di comunicare e mette una barriera tra il mondo reale che coinvolge le persone fisiche e quello del cyberspazio dove la presenza fisica non esiste ed è immateriale tanto quanto ciò che si scrive. Il Blog resta la rivoluzione indiscussa della pagina scritta che, spogliatasi del suo “abito” cartaceo, ha indossato quello elettronico. Il linguaggio è scritto sullo schermo e da lì prende vita sotto le nostre mani e a noi stessi ritorna in un viaggio virtuale dove la scrittura stessa si fa garante di ciò che siamo, di ciò che comunichiamo e diventa spesso una sorta di manifesto futurista dell’informazione culturale libera. Ma che ne sanno gli influencer?

Matilde Marcuzzo

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