Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 241) il 5 maggio 2018.
Quando la cultura liberale diventa interessante
Nei confronti del liberalismo vi è sempre stata una certa ostilità preconcetta. E diverse sono state le supposizioni errate, redatte nel secolo ormai passato, proprio sul tema degli obiettivi che lo stesso tendeva a proporsi. Ma cosa è davvero il liberalismo? Il liberalismo è una dottrina politica. Esso presuppone che la gente preferisca la vita alla morte, la salute alla malattia, il nutrimento all’inedia, l’abbondanza alla povertà ed insegna all’uomo come agire in base a queste valutazioni. Il liberalismo è l’idea della libertà individuale di scelta, che deve essere conseguita tramite la limitazione e il controllo del potere politico. Sin dalle sue origini, questa dottrina politica, si confronta con l’individuazione di quelle funzioni il cui compimento deve essere demandato ai pubblici poteri. Avvicinarsi alla cultura liberale, infatti, vuol dire sviluppare una propensione a situazioni quali la cooperazione, la condivisione, la fallibilità umana. Il liberalismo affonda le sue radici nell’antichità classica con un unico Stato capace di praticare una via di dottrina liberale. Stiamo parlando di Atene che, per diversi studiosi di epoca recente, è considerata la terra classica della libertà, nonché il luogo in cui lo Stato doveva mettere tutta la sua potenza al servizio degli individui. Tutto questo partendo da un elemento imprescindibile qual è l’uguaglianza davanti alla legge che fu, per gli ateniesi, la condizione di libertà e la possibilità di manifestare le proprie opinioni.
Diversi sono stati i risultati positivi conseguiti con l’applicazione delle teorie liberali, come il fatto che il liberalismo ha contribuito moltissimo alla riduzione della mortalità infantile. Eppure la storia ci racconta di un liberalismo che dal XIX secolo in poi viene ad essere fortemente combattuto, probabilmente perché poco compreso e sicuramente poco tollerato dai poteri forti. Così, le teorie liberali non hanno mai avuto modo di svilupparsi pienamente. Quello che senza dubbio si può affermare è che il liberalismo non è anarchismo. E questo è ancor più valido quando si scopre, leggendo e riflettendo, che il liberalismo stesso non è altro che la lotta contro la presunzione che ci possa essere una fonte privilegiata della conoscenza. Esistono, infatti, molte concezioni errate riguardanti il fatto che il liberalismo sia contro lo Stato: non sono assolutamente vere. Si tratta di un semplice luogo comune, ovvero ciò che tutti sanno e che – molto spesso – risulta essere sbagliato. Per il liberalismo − e per chi si dichiara liberale nel vero senso della parola − lo Stato è imprescindibile. Ecco perché non è anarchismo, come prima enunciato.
Come se non bastasse, un altro problema molto discusso è che questa dottrina politica viene solitamente associata al capitalismo, aspetto che possiamo considerare solo relativamente giusto, perché anche se è stato molto criticato da diversi autori, va compreso che il capitalismo non è un preciso sistema economico ma, semmai, un’evoluzione storica dell’economia. Tuttavia, le accezioni più disparate su questo termine, hanno fatto si che lo stesso capitalismo diventasse molto spesso un elemento di disputa tra retorica e filosofia. Naturalmente, allo scarso onore attribuito al capitalismo corrispondeva un altrettanto scarso interesse per il liberalismo.
Il liberalismo diventa così una pratica di pensiero e di azione, per la quale fondamentale sarà l’applicazione di norme e teorie scientifiche, partendo da un presupposto essenziale: la fallibilità umana. Questo emerge dagli studi di quella che viene solitamente definita “Scuola austriaca di economia”, attraverso la quale si comprende come il liberalismo non sia altro che un atteggiamento mentale che si traduce in azione. Si tratta, essenzialmente, dell’azione umana che si trova alla base di un’opera importantissima del grande Ludwig von Mises, uno degli esponenti di primo piano del circolo culturale “Grande Vienna”. Uomo geniale, capace di sviluppare sempre un’attenta analisi dei pensieri, nell’opera sua più importante dal titolo “Human Action” del 1949, delinea una delle definizioni più autorevoli e se vogliamo “chiare” del liberalismo: “Il liberalismo non è una teoria organica; non è un dogma rigido. È il contrario di tutto questo: è l’applicazione delle teorie scientifiche alla vita sociale degli uomini”.
Antonio Mirko Dimartino