Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 238) il 20 gennaio 2018.
Spunti e riflessioni sull’idioma del mondo economico e informatico
Nessuno mette in dubbio il fatto che il mondo sia in qualche modo diventato più piccolo grazie all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. In questo mondo “sempre più piccolo” alcune lingue sono ormai di fatto considerate come lingua franca (lingua usata come strumento di comunicazione internazionale) dei tempi odierni e, mentre questo è sicuramente un aiuto per la comprensione universale, una comunicazione efficace rimane una vera e propria sfida, cosi come definita nel libro della Genesi dove, relativamente alla costruzione della Torre di Babele, si legge una definizione delle difficoltà di comunicazione: “Il Signore disse: Ecco essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola […] Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l’uno non capisca la lingua dell’altro (Genesi 11: 6-7). Qualunque studio della storia dell’uomo confermerà che “la confusione della nostra lingua”, avvenuta nella preistoria della razza umana, ha certamente raggiunto i suoi obiettivi ed è talmente radicata da poter essere riscontrata anche all’interno di società in cui si condivide uno stesso idioma.
In un mondo dunque dove la lingua, strumento essenziale della comunicazione, è il veicolo fondamentale del progresso, della conoscenza scientifica e tecnologica, dove “il linguaggio stesso è per sua essenza un mezzo perfetto di espressione e comunicazione, in ogni popolo conosciuto”, radicalmente plasmato in continuum dallo sviluppo delle tecnologie digitali di questo terzo millennio, come può un solo idioma, in questo caso l’inglese, diventare, “lingua franca” di un sistema in rivoluzione?. Sarebbe opportuno considerare la lingua inglese come afferma David Crystal (professore onorario di linguistica presso l’Università del Galles), “una lingua comune, come sorprendente risorsa mondiale che ci renda capaci di trovare nuove opportunità per la cooperazione internazionale” , avente lo speciale privilegio di essere fulcro vincente di una crescita comunicativa in ambito tecnologico fuori dal comune. “Una lingua non raggiunge uno status globale fino a che essa non sviluppa un ruolo speciale riconosciuto in ogni paese, ruolo che sarà considerato più ovvio nei paesi dove un gran numero di persone parlano quella determinata lingua come first language, nel caso dell’inglese ciò significa l’America, il Canada, l’Inghilterra, l’Irlanda, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa e diversi paesi caraibici.” In questo caso l’inglese assume ruolo di idioma ufficiale delle nuove tecnologie emergenti, proprio perché è usato come potenziale mezzo di comunicazione in molti ambiti come la politica, l’economia, l’industria, i mass media e il sistema educativo perché no, ma anche perché in molte popolazioni in cui risulta essere second language, viene però parlato come se fosse lingua madre. Nel momento in cui però, una lingua assume un ruolo globale nella società, deve allo stesso tempo affrontare gli effetti negativi, i cambiamenti linguistici, che questa “rivoluzione” comunicativa in ambito elettronico sta avendo su di essa; nel caso dell’inglese si potrebbe parlare di “rivelazione” poiché è proprio questo l’idioma “principe” di Internet e delle nuove tecnologie, del mondo degli affari in senso lato, quello più diffuso in ambito informatico, quello che tutti parlano e tutti riescono a comprendere.
Matilde Marcuzzo
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