[Trip Report] Ecco a voi il Museo della Creazione

Si trova nel cuore della Bible Belt americana e, purtroppo, non si pone come luogo di intrattenimento

Esperti che discutono argomenti e lo fanno con toni accesi, moderatori che danno la parola a ciascuno di loro segnando tutte le tempistiche col cronometro nel tentativo di non fare torti a nessuno. Uno dei retaggi filosofici più “politically correct” ci porta, di fronte a determinati “dibattiti”, a dare lo stesso valore a due posizioni contrastanti, o quantomeno ad indurci a pensare che ci siano dibattiti in corso che, chissà, un giorno termineranno con un “vincitore”. Una filosofia secondo la quale se Tizio, persona di spicco, si esprime su una cosa dicendo A, e poi Caio, altra persona di spicco, si esprime dicendo B, con A e B completamente diversi, tutti e due meritano lo stesso spazio, hanno lo stesso peso e devono essere studiati e rispettati. Che la verità sia più vicina ad A o a B, passa in secondo piano… l’importante è dare peso ulteriore a quella concezione secondo la quale chi dice una cosa spesso conta più della cosa stessa. Insomma, una filosofia che induce una paura nel prendere posizioni e che, anche se concettualmente positiva e democratica, può portare a risultati compromettenti.

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La realtà, tuttavia, è un altro paio di maniche. Ci sono argomenti che riguardano la Scienza in cui, semplicemente, ci sono posizioni contrastanti e una delle due è sbagliata. Punto. Che sia Tizio o sia Caio a sostenere la posizione sbagliata, magari anche grazie all’appoggio di Sempronio, non conta nulla: nel mondo scientifico, se A è giusto e B è sbagliato, A è giusto e B è sbagliato e l’argomento si chiude qui.

Chi non ha molta dimestichezza con la Scienza, infatti, spesso è portato ad applicare ad alcuni dibattiti quella stessa concezione filosofica di cui sopra, con risultati potenzialmente devastanti. E’ il caso, per esempio, del “dibattito” tra Evoluzionismo e Creazionismo, in cui le virgolette non sono state messe lì per caso. Per i conduttori televisivi di parte e i fondamentalisti, il dibattito c’è, bisogna parlarne e nelle scuole gli studenti dovrebbero studiare entrambe le cose. Per la Scienza, quella vera, il dibattito non esiste in quanto l’Evoluzionismo è supportato da prove, il Creazionismo no, ergo quest’ultimo non merita nessuno spazio in nessun contesto accademico o scolare. Tanto per fare un esempio analogo, c’è un motivo ben chiaro per il quale nelle scuole si insegna l’Astronomia anziché l’Astrologia.

BibleBelt

Gli USA sono un insieme di stati molto variegati, con economie e società diverse. Una fascia di stati (marcati in rosso nella cartina qui sopra) prende il nome di “Bible Belt”, ossia “Cintura della Bibbia”, ed è caratterizzata da una massiccia predominanza cristiana protestante molto incline al fondamentalismo. Ebbene, in una realtà culturalmente molto tarata come questa cintura si manifestano cose che nemmeno in un paese vaticanizzato come l’Italia possono manifestarsi. Un esempio eclatante è il Creation Museum, il Museo della Creazione, che si trova a pochi minuti di macchina dall’aeroporto di Cincinnati, che serve anche l’area del Kentucky del nord. Il museo, infatti, si trova a Petersburg, proprio nello stato americano del Kentucky.

Arrivare al museo partendo dall’aeroporto CVG di Cincinnati non è affatto difficile. Le guide turistiche dell’aeroporto sanno cos’è e dove si trova, stessa cosa per quanto riguarda i tassisti che si offrono addirittura volontari per venirvi a prendere al ritorno dalla visita. Condividerò con voi la breve storia del sottoscritto, studente italiano di Geologia e paleontofilo da sempre, e di questa breve ma intensa visita al Creation Museum. La visita è stata fatta nel contesto di un lungo viaggio negli USA, fatto per motivi familiari, durante il quale ho potuto ritagliare una giornata di tempo per volare da New York a Cincinnati.

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Non serve una mente particolarmente razionale per pensare, o almeno sperare, che questo luogo sia stato costruito e sviluppato come una specie di parco giochi, un modo per intrattenere le masse, bambini inclusi. E invece no. E’ tutto dannatamente reale e professionale, e lo stile un po’ infantile della prima sala e della biglietteria viene subito ridimensionato da un approccio pseudoscientifico simil-serio che accompagna il resto della struttura. Il problema è che, non conoscendo la Scienza, per un visitatore è difficile distinguerla dalla pseudoscienza propinata al Creation Museum. Il primo pensiero va ai bambini che, dopo una simile visita, risulterebbero molto più facili da plagiare e manipolare. Provate a mettervi nei loro panni: come si fa ad avere una visione critica di quanto descritto in un museo, che nell’immaginario collettivo è un luogo di conoscenza, divulgazione culturale e verità?

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All’inizio, una piccola galleria con pareti che ricordano nello stile un affioramento roccioso mostrano varie immagini relative alle leggende sui draghi, creature fantastiche che, ovviamente, in questo contesto sono utilizzate per dare peso ad un’ipotesi che potremo “ammirare” un po’ più avanti. La leggenda dei draghi funge da fondamento per qualcosa che il museo insegnerà ai visitatori poco dopo, andando avanti con la visita.

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Ecco, infatti, che si inizia con la propaganda per invasati redneck, un termine che identifica gli americani fondamentalisti che vivono nella Bible Belt e che spesso ha assunto una connotazione negativa. E’ un po’ come il termine “terroni“, in fin dei conti. Come inizia la propaganda in questione? Parte identificando il Behemoth, una grande creatura biblica, come un sauropode, un grosso dinosauro erbivoro: è qui che l’inizia la vera e propria epopea nella pseudoscienza che caratterizza questo museo.

Andando poco oltre, sulla sinistra, si passa al museo vero e proprio. L’entrata sembra abbastanza curata, quasi come se fosse quella di un museo normale, potremmo azzardare.

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Fin qui, infatti, nulla veramente di strano. Voglio dire, abbiamo visto immagini di draghi in stile da cartone animato volte a suggerirci “qualcosa”, e abbiamo potuto notare un’interpretazione paleontologica di una vaga descrizione biblica. Sono ipotesi, suggerimenti, piccole osservazioni che servono ad alimentare la curiosità del visitatore, nonché a convincerlo ad accettare le tesi esposte nel resto del museo. Il vero tuffo nella pseudoscienza religiosa del creazionismo sta per iniziare. Tenetevi pronti!

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Ora potete assaporare l’atmosfera che permea questo “museo”: questa ricostruzione mostra due dinosauri teropodi di piccole dimensioni insieme a un essere umano. Certo, perché secondo chi ha costruito il Museo della Creazione, dinosauri ed esseri umani avrebbero convissuto nonostante il gap temporale di sessantasei milioni di anni che separa l’era mesozoica, anche nota come era dei dinosauri, dall’Olocene in cui viviamo.

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Procedendo, dopo il primo tocco di vera pseudoscienza, ecco che il museo inizia a propinarci il succo del Creazionismo, con un’alternanza di nozioni scientifiche rivisitate e menzioni varie dai testi sacri della religione cristiana. Qui descritte troviamo le 7 C del piano divino per l’Uomo e per la Terra: Creazione, Corruzione, Catastrofe, Confusione, Cristo, Croce e Consumazione.

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Il contrasto tra le due interpretazioni sul perché dell’esistenza dei fossili: secondo la parola di Dio, sono stati formati circa 4.350 anni fa, subito dopo il Diluvio Universale, mentre, “secondo gli uomini”, gli strati fossiliferi erano presenti già milioni di anni prima.

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Ecco qui ad ammirare una delle tante chicche di questo museo. Secondo gli scienziati secolari, e quindi laici/atei, il Grand Canyon sarebbe stato formato da processi geologici lentissimi ma inesorabili, protratti per centinaia di milioni di anni. L’eruzione vulcanica del Monte St. Helens in America, tuttavia, dimostrerebbe che strutture geologiche simili possono formarsi molto velocemente, anzi, quasi in modo istantaneo. Con questo schema, è palese l’intento di mettere la Geologia contro se stessa, nella speranza di cercare e trovare contraddizioni insite, da colmare successivamente con le risposte che si trovano tra i capitoli della Bibbia.

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In questa parte del museo si affronta un piccolo dilemma. I fatti sono gli stessi, ma cambiano le interpretazioni… perché? Io una mezza idea ce l’ho, e voi? Ecco ritornare lo strano spirito del quale è stata fatta menzione a inizio articolo, ossia quello strano intento del mettere, allo stesso livello e meritevoli delle stesse attenzioni, posizioni contrastante in cui il consensus scientifico è schierato da una parte soltanto.

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Ogni tanto, come in questo caso, presso il Creation Museum si manifestano sculture che attirano l’occhio dei visitatori paleontofili come me. Piccola opinione personale che molti di voi condivideranno: tale dedizione nel ricreare una creatura estinta è sprecata, visto l’uso che se ne fa. D’altronde, la cura riservata a queste sculture non fa altro che alimentare, nel visitatore con scarso background geologico-paleontologico, l’idea di visitare un museo come tutti gli altri.

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Due percorsi paralleli con due ipotesi altrettanto parallele per giustificare la presenza di un affioramento di fossili di Utahraptor negli strati geologici. Secondo l’uomo, l’Utahraptor rinvenuto fossile viveva circa 125 milioni di anni fa su una Terra diversa dalla nostra, con una compagine tettonica non comparabile a quella attuale. Il dinosauro è rimasto annegato nei pressi di un fiume antico; morto, sarebbe poi stato coperto da fini sedimenti che ne hanno garantito la fossilizzazione, preservandolo fino ai giorni nostri. Secondo la parola di Dio, sarebbe vissuto poco prima del Diluvio, 4.300 anni fa, e morto annegato nel grande cataclisma. Dopodiché, il suo corpo sarebbe stato sepolto dai sedimenti depositatisi dopo l’immane catastrofe. Tutte due queste “interpretazioni” portano allo stesso risultato convergente: la scoperta del fossile di Utahraptor da parte dei paleontologi moderni.

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Non poteva mancare una piccola parentesi sull’arcinoto fossile dell’australopiteco Lucy. Lucy come gorilla, Lucy come essere umano, Lucy come scimpanzé… chi siamo noi per dire chi o cosa fosse? Chi sono i paleontologi per esprimersi e dire che fosse un’antenata degli esseri umani?

Piccolo particolare drammatico emerso dopo aver rivisto queste foto: dal riflesso del vetro si vede chiaramente che anche i bambini sono soliti visitare questo “particolare” museo. Lì per lì non ci avevo fatto caso, ma col senno di poi ho realizzato come il target ideale dei visitatori fosse proprio la tipica famiglia americana.

12278848_998945680128018_2156525220301821624_nNel proseguire la visita nel museo, diventano comuni le frasi a effetto volte a plasmare la mente dell’ignaro visitatore. Ecco qui che le scoperte scientifiche diventano un “attacco alla Bibbia”. Pensare che la Terra sia decisamente più vecchia di quanto detto da Ussher, vescovo che in base agli eventi biblici calcolò l’età della Terra in circa 6.000 anni (oggi sappiamo che la Terra ha 4.5 miliardi di anni), sarebbe una specie di eresia. Secondo questo schema, il semplice uso di espressioni come “milioni di anni fa” è un affronto nei confronti della Parola di Dio.

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Che questo stralcio di articolo di un giornale sia vero o no, colpisce una cosa: un evangelista cristiano che accetta l’evoluzione diventa in automatico ateo. C’è qualquadra che non cosa, mi permetto di pensare. Mi guardo intorno e noto di essere entrato in un’area del museo quasi interamente dedicata a ripetuti attacchi nei confronti dell’ateismo: si inizia con l’esempio dell’evangelista, oggetto di questo articolo in esposizione, e si finisce con lo “smantellamento” del “modello ateo” di famiglia e società.

Solitamente, non faccio un uso così esteso delle virgolette, ma le circostanze le rendono necessarie o rischierei davvero di passare per creazionista.

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In base ad un rapporto sul flusso dei fedeli nelle chiese britanniche, “la chiesa cristiana in questo paese sarà morta e sepolta tra 40 anni. Scomparirà dalla quotidianità della vita inglese, e solo lo 0.5 per cento della popolazione parteciperà alle funzioni domenicali”. Si tratta di un semplice trend statistico sulla scomparsa del Cristianesimo nel Regno Unito, uno dei tanti cambiamenti nella nostra società; qui, ovviamente, assume una connotazione negativa e catastrofica, perché al Museo della Creazione non potrebbe averne un’altra.

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Questa foto riassume il contenuto di un piccolo tunnel presente all’interno del museo. Praticamente, alcuni televisori mostrano gente intenta a commettere atti poco consoni a quella che dovrebbe essere la famiglia ideale cristiana e ai precetti cristiani in generale; un ultimo video mostra questi individui in una chiesa, insieme, a distrarsi e a fare gli scostumati e scapestrati. Si tratta di una famiglia che ha fatto un grande errore: sostituire la verità divina con ciò che ha sfornato l’uomo, ossia la scienza “inesatta”. Anche qui, mi tocca usare le virgolette. Non credo di aver mai usato così tante virgolette in anni e anni di scrittura e giornalismo freelance, sapete?

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Si passa alla sala successiva e si lascia alle spalle la vena di catastrofismo sociale che il Museo della Creazione associa all’ateismo. Nella nuova sala si inizia a parlare della Genesi, il primo libro del Pentateuco, dove non poteva mancare un video sulla “nascita” di Adamo, il primo essere umano creato dal Dio giudaico.

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Un percorso successivo porta i visitatori in un ambiente molto chiuso e al buio, illuminato solo da alcuni luci concentrate su determinati punti. Tante le sculture e le rappresentazioni di animali e vegetali in perfetta armonia tra loro. Ecco a voi il Giardino dell’Eden così come l’abbiamo sempre immaginato.

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Forse il dinosauro nell’Eden non l’avevate immaginato, mentre i creazionisti non riescono a dormire la notte senza immaginare i dinosauri nell’Eden. Fa parte della loro forma mentis, c’è poco da fare.

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Nasce anche Eva, la prima donna, creata da Dio prendendo una costola di Adamo. In realtà, alcuni studiosi del testo biblico pare siano contrari all’uso della parola costola per descrivere l’episodio, in quanto – dicono loro – il termine originale in ebraico utilizzato nella Bibbia (tsela) indicasse la metà di qualcosa o qualcuno. Non la costola di Adamo, quindi, ma la metà di Adamo. Non che questa precisazione renda il racconto più veritiero, ma è un fatto molto interessante da sapere. A proposito, di questo dibattito linguistico non si fa menzione nel museo, o almeno non ricordo se ne facesse menzione: l’ho scritto perché ne ero venuto a conoscenza molto prima di questa visita e ho pensato che fosse il caso di tirarlo fuori.

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Ricordate come finisce la storia di Adamo, di Eva, dell’Eden e del serpente? Ecco che il Peccato Originale fa scattare morte e sofferenze, nonché catastrofi naturali. Tutte le cose brutte e orribili del nostro mondo sono riconducibili a quell’episodio, emblematico della scarsa fiducia dell’Uomo nei confronti del Creatore.

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Questa stanza si pone come un mezzo per mostrare la cruda realtà, il forte distacco tra l’atmosfera paradisiaca dell’Eden e quello che è successo dopo. Per potersi vestire e cibare, Adamo ed Eva devono togliere la vita ad altri esseri viventi. Si piange, si è tristi per il dramma dell’uccisione come mezzo necessario per sopravvivere nel nuovo e crudele ordine naturale. Il fine giustifica i mezzi, ma lo giustifica con malinconia.

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La prima famiglia umana della storia biblica si ritrova costretta a lavorare la terra. Il Peccato Originale ha portato anche questo, la “necessità” di lavorare, sudare e sentire dolore, in tutte le sue sfaccettature.

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La Bibbia, come sicuramente sapete, va avanti e continua con le sue storie, lasciando l’episodio di Adamo ed Eva alle spalle per raccontare altre storie. All’inizio, ci hanno parlato del Diluvio Universale e di come ha plasmato la superficie terrestre attuale: procedendo nel museo, si arriva in uno spazio interamente dedicato all’Arca di Noé.

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E’ proprio lui: Noah, Noé, al lavoro. Lui non scherza mica, lavora per l’umanità intera! Decisamente un supereroe di altri tempi.

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Modello in scala degli interni dell’Arca. Nel compartimento a sinistra vediamo dei dinosauri, mentre in quello a destra dei felini. Tutto normale secondo la logica cardine del Creation Museum.

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A Diluvio cessato l’Arca si ritrova sul monte Ararat, o almeno così dice la Bibbia.

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Ancora una volta, il Gran Canyon è considerato una prova a favore della tesi del Diluvio. Ora che il visitatore sa con precisione in cosa consiste quella colossale struttura geologica, è più facile rispondere ai geologi che spiegano la formazione di determinate formazioni rocciose ricorrendo a termini “blasfemi” come “milioni di anni fa”, “per milioni di anni”, eccetera. Ora, il visitatore sa che il Gran Canyon può essersi formato qualche migliaio di anni fa, e può trasmettere quella conoscenza ad amici e parenti.

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Come detto in precedenza, ogni tanto si trova qualche chicca per i paleontofili. Questa è la ricostruzione del cranio di un dinosauro teropode, un feroce predatore dei tempi antichi. Fin qui, siamo d’accordo coi creazionisti, ma è quando si quantifica l’antichità in questione che nascono le diatribe.

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Questo schermo è troppo bello per essere esposto al Museo della Creazione. Mi dispiace, ma non riesco a pensare ad altro guardando questa foto scattata durante la mia visita.

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La vita si riprende dal Diluvio e si differenzia. Ma, un momento, questo non significa accettare l’evoluzione? Cioè, fatemi capire, fino ad ora ci avete propinato tesi su tesi per dirci che animali e vegetali sono stati creati da Dio così come li vediamo… e ora si assiste, come se nulla fosse, alla schematizzazione dell’esplosione di varietà genetiche che avrebbe seguito il Diluvio? Metterci d’accordo e parlare insieme di esplosione cambriana è così difficile o si sceglie in modo arbitrario quale esplosione evolutiva accettare, e quale no?

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Dopo lo shock dello schema sull’evoluzione “accettabile”, ossia sulla parte dell’evoluzione che ai creazionisti conviene (semplice varietà delle razze di una stessa specie equina), si procede e si arriva all’area di ristoro. Con un po’ di fantasia, potremmo pensare a un nesso tra questo accostamento: lo shock psicologico così sostenuto può far venire fame, sete, stanchezza, per cui sopraggiunge la necessità di rifocillarsi.

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Mini mostra sui dinosauri, accessibile dal piano di ristoro, andando su per una breve rampa di scale. Il problema di questa foto? Mostra due creature vissute in tempi geologici lontanissimi tra loro: abbiamo, infatti, uno stegosauride tipico del tardo Mesozoico, e quello che a me ricorda un Edaphosaurus, un rettile antico affine ai mammiferi, vissuto circa 300 milioni di anni fa, nel Paleozoico, che coi dinosauri c’entra poco o nulla!

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La visita sta per finire, è giunto il tempo dei ringraziamenti. A cosa dobbiamo la creazione del Museo della Creazione, pseudoscienza e creazionismo dilagante a parte? Il tutto è stato offerto in collaborazione con… Answers in Genesis, una piattaforma molto conosciuta dai secolari americani e che vanta anche un portale in italiano. Come suggerisce il nome, si tratta di una piattaforma online dove è possibile approfondire le tematiche scientifiche affrontate nella Genesi, interpretandole in modo da non entrare in contrasto col testo sacro del Cristianesimo.

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Siamo proprio alla fine, ai titoli di coda… e non poteva mancare il solito filo di patriottismo, nella forma di una bandiera esposta su una parete. In America, questo sentimento è molto forte e la cosa, per certi versi, è positiva: magari fossimo così anche in Italia. Il problema di questo sentimento è il suo uso, o meglio, abuso. In questo museo, come in altre zone e in altre occasioni, il patriottismo viene sfruttato per rivendicare le origini cristiane di una nazione che, in realtà, è nata come stato secolare, del tutto neutro rispetto alle religioni. Prendere un po’ di ignoranza scientifica, un po’ di fanatismo religioso, un po’ di patriottismo e mischiare le tre cose per continuare a parlare di creazionismo nel nuovo millennio, è una delle cose più vergognose della società moderna, con la quale dobbiamo, purtroppo, confrontarci quotidianamente. La presenza di un intero museo dedicato a questa corrente antiscientifica dovrebbe far riflettere sulla reale diffusione del fenomeno, che in un’America molto radicale prende piede in modo più marcato, ma che, in fondo, ha le sue radici un po’ in tutto il mondo occidentale.

Francesco D’Amico

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