Immigrazione, parte II. L’Europa germanocentrica.

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 222) il 14 novembre 2015. Leggi anche la prima parte.

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Dalla frammentazione giuridica a quella politica dell’Unione

Una volta analizzato il problema migratorio in generale, dopo averlo contestualizzato nel territorio dell’Unione Europea ed averne individuato i problemi derivanti dalla frammentazione giuridica del diritto comunitario, appare chiaro come una soluzione rapida ed efficiente possa provenire soltanto dai soggetti direttamente coinvolti, ovvero le istituzioni politiche europee e quelle dei singoli stati membri. Anche in questo ambito, tuttavia, le differenze di vedute e l’influenza del singolo stato nella politica europea determinano il nascere di posizioni e soluzioni differenti che finiscono nel generare inutili compromessi. L’Inghilterra, in primo luogo, nonostante il suo passato imperialista e la sua grossa “fetta di responsabilità” nelle passate politiche coloniali, rimane esterna alla formazione del pensiero concreto dell’Unione, agendo quasi da spettatore interessato piuttosto che protagonista della vita politica.

I paesi scandinavi (Danimarca, Svezia, Norvegia), in secondo luogo, propongono un modello politico-sociale di profonda assistenza e tutela sia per i propri cittadini che per gli stranieri. Questo modello, conosciuto come “socialdemocrazia”, seppur ammirabile e modello auspicabile per tutti gli stati membri, è messo in atto solo per il favorevole rapporto PIL/popolazione ed incontra numerose problematiche, soprattutto in ambito economico, se applicato in paesi più popolosi. I paesi dell’Europa dell’est, terzo, risentono ancora della precedente dominazione comunista ed il loro passaggio ad una economia di mercato non necessariamente ha comportato un netto miglioramento della vita e dei servizi assistenziali. Alcuni di questi paesi (Romania, ex-Jugoslavia) sono ancora terre dalle quali i cittadini emigrano nella speranza di condizioni di vita migliori.

I paesi mediterranei, (Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia), che vengono investiti in pieno dal flusso migratorio, Stati dai quali il poco efficiente diritto comunitario richiede il massimo sforzo assistenziale per i migranti, sono attualmente caratterizzati da una economia in contrazione dovuta a decenni di cattiva amministrazione politico-economica ulteriormente devastata dalla crisi del 2008. Considerate le suddette motivazioni, può l’Europa “ordinare” forme di assistenza imponenti e dispendiose, senza garantire le coperture necessarie e senza verificare il sostrato economico e sociale preesistente? No, certamente.

Infine, la Germania. Senza dubbio la Germania è lo Stato con l’economia più forte e florida del continente europeo. Ciò ha dato forza al paese di affermarsi quale primo attore dell’Unione e di assorbire al suo interno numerosi lavoratori stranieri comunitari e non (ad es. le minoranze turche e polacche).

Immigration

Anche a livello politico il paese tedesco si erge al di sopra di tutti gli altri e numerose scelte politiche comunitarie appaiono in realtà fatte nell’interesse della Germania piuttosto che nell’interesse di tutti i paesi membri. La Repubblica teutonica, come ovvio, non vuole rinunciare a questo predominio costruito nel tempo e continua ad imporre agli altri Stati “paletti” o altri limiti che la avvantaggiano ulteriormente (patti di stabilità, fiscal compact, limiti di spesa, rapporti deficit/PIL, spread sono tutte variabili calcolate sulla Germania, e non sulla media comunitaria). Se la mancanza di unità giuridica lascia l’acuto osservatore interdetto, la mancanza di unità politica lo lascia senza dubbio desolato. Alla lacuna giuridica si può porre rimedio in maniera relativamente veloce ed efficace, mentre le opposte vedute politiche non possono essere sanate nel breve periodo. L’unica auspicabile conclusione è quella di un cambiamento radicale nella struttura e negli scopi della comunità europea, da realizzarsi venendosi incontro e tutelando le esigenze, così come i diritti e gli obblighi, di tutti i singoli Stati membri.

Paolo Leone

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