Tra sinestesie e refrain embricati, in chiaroscuro, a persuasione dell’icona

Vince il Federiciano 2015, a sorpresa, Daniela Ferraro, mentre era a rappresentare una delle giornate della Cultura Calabrese per “la luce del poeta”

 “Filomena” da Piume di cobalto, Aletti editore

E sosteneva il passo/un fiero andare… / Su Filomena/ognuna lingua si tace. / Spiano i vetri / vetusta effigie nell’ora / che si dispoglia / nel vacuo di un tramonto. / E di madre esemplare, / sposa devota / reca cinte le tempie / e il guardo intatto. / Nessuno figge la pena / che in sé annoda / l’accigliata virtù, / spini in ghirlanda.

«Finostós e icona nella poesia di Daniela Ferraro

Nella traccia mnestica del nóstos, la “Filomena” di Daniela Ferraro, assume la valenza gerarchica dell’icona bizantina, essa, nella sprezzatura del gesto focalizza infatti una deissi non tridimensionale ma calibrata al mimetismo ieratico dello stilnovo: dipanato nel poietico in volume d’effigie. Il testo, Piume di cobalto quindi, associando la physis in parusia di parola, reitera nel proprio itinerarium lo speculum virtuale di codesta oltranza che, nella trama prosodica tessuta figurale, palesa stilistica l’immoto andare di Filomena correlata vicaria con la figura dell’ascesi, analogica sulla vicissitudine dell’ente. Insomma, la Ferraro, converte sacrale il vettore escatologico dell’icona e, nel vibrante iato esistenziale del dissidio, colloca inconscio il desiderio latente di un sisma psichico minimale mirato al formarsi del destino che, epifanico, sovrasta l’identità della Kore, oltre il lucente spiare dei vetri. Inquisita nel passo, la Canefora, ha spini e ghirlanda combaciante col bildungsroman dell’autore in fieri e, in contrappunto col paesaggio, affine alla ciclica stagione si dispoglia il vacuo tramonto. Infatti, in simbiosi coll’imago, il poeta, introduce intransitivo un nóstos focale nello sguardo assente della figura che, dal profondo eterno femminino, riflette in superficie le tarsie paratattiche della scrittura, schiva alla deduzione logica. Infatti, il linguaggio di Daniela, risulta essenzialmente di tipo noetico, cioè basato sull’intuizione analogica manifesta dall’ipallage straniante. Intrinseco al fascino introvertito dell’icona, allora anche l’etimo scandaglia il sublime legato al verbo fingere della figura e, in transfert, lo compone in dittico mitico: veicolato dall’incedere di Filomena in cristiano dissidio tra fascinazione erotica e catarsi. Nella postura imperiale dorata d’icona, o nel respiro ionico della danza, la locrese Daniela, qui sugellata tattile un rilievo vascolare e, costellandolo in visione pudica, non lo esprime ad occultare il fenomeno naturale ma a renderlo leggibile, in litofania sul versus dell’arazzo. Tra sinestesie e refrain embricati in chiaroscuro a persuasione dell’icona, o nella patina del sacro implicito al disfarsi della cenere, Filomena, inderogabile possiede il proprio luogo e lo calca, nel ritmo metrico di un solco versificato, oppure in symmetros antico: autoctono al profilo di Nikopea, in parusia di parola». (Giovanni de Girolamo)

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Demetrio Guzzardi, Daniela Ferraro nella settimana della cultura calabrese.

Ho volutamente iniziato con questa pregevole recensione fatta alla poesia, ma anche poetica della professoressa Ferraro, poiché Daniela Ferraro è una “creatura poetica”, icona di un modo di vivere ma, anche, di fare poesia di altezza e purezza ineguagliabile, così come puro è il lessico di questo dire nella critica. Un ritornare allo splendore arcaico e profondo della parola, come a mio sentire un grande poeta, merita.

Daniela Ferraro è di Locri, nel reggino, vincitrice dell’ultima edizione del Federiciano, organizzato a Rocca Imperiale nel mese di agosto scorso. Edizione, che si ripete annualmente e che registra, da sempre, una grande partecipazione di letterati e poeti. La bellezza del concorso consiste nel rivestire il Paese della Poesia, così è chiamata la località calabrese, di stele di bellezza arcaica e tradizionale con i versi d’autori noti e vincitori.

Testimonial del Festival annualmente sono grandi personaggi della cultura a tutto tondo. E Rocca Imperiale diventerà presto set cinematografico di Pupi Avati.

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Daniela Guzzardi con l’editore Demetrio Guzzardi.

Pupi Avati si fa fotografare davanti alla stele con incisa la sua poesia “E noi del Cinema Italiano”, in cui il regista bolognese ha ricordato il soggiorno a Rocca Imperiale per le riprese del suo prossimo film “Le nozze di Laura”.

“Il Federiciano”, VII edizione, 28 Agosto 2015, Rocca Imperiale, ha però decretato la vittoria della nostra poetessa, che in quel momento allo svelamento della stele con la sua poesia, si trovava altrove, per presenziare alla Settimana della Cultura Calabrese a Camigliatello Silano e con l’editore Demetrio Guzzardi, entrambi allo scuro che questa meravigliosa poetessa di lì a poco sarebbe diventata una memoria storica impressa sulla passeggiata del centro storico del Paese della Poesia.

Noi l’abbiamo raggiunta per farci raccontare la sua emozione, sorpresa, e commozione, di aver due serate sulla sua “poetica coscienza” e di cui una vincitrice e, ironia dei fatti, anche rappresentate a pieni voti dell’altra: la cultura calabrese. Segno anche che Demetrio Guzzardi vede lontano e riconoscere i veri talenti da inserire a pieno titolo nelle sue manifestazioni.

La poesia che è stata premiata e che riportiamo in foto è Settembre 1939″, e che invitiamo a visitare nel luogo, occasione per vedere le meraviglie di Rocca Imperiale.

Ritorniamo al nostro “Usignolo della Locride”, così è definita la nostra poetessa:

Che si prova a trovarsi su una stele nel Paese della Poesia?
Nel mio caso, tanta sorpresa. Mi capita spesso, partecipando a tante manifestazioni, d’incorrere in coincidenze di premi, devo dire che sono anche molto contenta di essere invitata e di classificarmi spesso tra i finalisti dei concorsi, ma devo di solito fare delle scelte, che sono di spostamento. Non era la prima volta che partecipavo, in altra occasione ho ricevuto la menzione di onore.

Daniela, è stata pubblicata anche dalla casa editrice di Roma Aletti (promoter “Il Federiciano”). Come inizia questa collaborazione?
Agli albori della pubblicazione del mio secondo libro, su invito della casa editrice. Hanno mandato l’invito, io ho spedito le mie liriche, che sono state bene accette nella preselezione e pubblicate. Così nasce: Cerchi concentrici (Sul cadere dell’alba). Trovandomi bene nasce il terzo libro, secondo con l’Aletti, nel 2014: Piume di Cobalto, con la prefazione di Lorenzo Spurio, critico letterario di Ancona e cover di Antonio De Blasi.

Qual è la musa ispiratrice che ti guida?
Sono una poetessa dei sentimenti. La mia prima poesia, a sette anni, per la morte di mia nonna. Da ragazzina scrivevo con la rima baciata, molto musicale ovviamente e diretta alla mia famiglia. Ero attratta dagli eventi tristi, che con il tempo avevo perso. Dieci anni fa ho ripreso in mano la Poesia, in seguito all’evento difficile della fine del mio matrimonio ho cominciato a scrivere a verso sciolto, scrivendo di fiabe, anche di satira e poetica d’amore. Ho raccolto le mie poesie come azione liberatoria. Così nasce “Icaro” nel 2011, quarantatré poesie solo e scritte di getto. Dopo mi sono fermata un poco, subito dopo il secondo libro con l’Aletti e arriva poi nel 2014 il secondo libro sempre edizione Aletti.

Piume di Cobalto

Piume di Cobalto

La poetica quindi è intesa come slancio emotivo?
La poesia esprime una situazione di disagio e raramente di gioia, infatti, sono davvero poche le poesie di gioia nella mia poetica. Il verso deve essere molto musicale anche se non in rima. Se succede, usi la rima: il verso classico. Inoltre credo che debba essere il contenuto a dettare lo stile.

Daniela, sei anche insegnante. Del resto, tanti sono i poeti docenti. Come concili le due attività?
Non è facile, insegnando in una scuola tecnica, le due attività sono totalmente diverse. Sarebbe bella la poesia anche per loro, ma hanno altre attitudini e non prettamente letterarie. Il linguaggio poetico da me usato è alto e non adatto al tipo d’insegnamento per determinate scuole, che richiedono per la didattica un linguaggio semplice.

Lucia De Cicco

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2 risposte a Tra sinestesie e refrain embricati, in chiaroscuro, a persuasione dell’icona

  1. giovanni de girolamo ha detto:

    Grazie per la citazioni, gentili e… ad maiora. g. de g.

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