Quanti anni hai?

L’apparire giovani sempre e comunque

Analisi sociologiche non sono in grado di farne, però qualche osservazione in generale sì. E quello che dico su queste generaliste basi è: trovo penoso il giovanilismo.

Avete presente il cinquantenne che continuamente mostra la sua bimbiominkiosità sui social? Quello che deve per forza pubblicare ogni sua opinione, stato d’animo, pubblicità e quant’altro perché questo è il nuovo mondo? Avete presente quello che abbonda di puntini sospensivi nelle sue frasi – sentore di lacunosità e sospensività del suo pensiero? Ecco. Il giovanilismo. Cos’è questo mondo giovane? Sentito quanto questi ne parlano? Quello che dicono? “Bisogna dare spazio ai giovani”. Sì, date spazio ai giovani: come? Per dare spazio ai giovani basta il social network. Ma non basta soltanto dare spazio a loro: bisogna imitarli. Il ridicolo che avanza. Dunque via ogni distinzione: niente più adulti, cosicché le opposizioni sono giovane/vecchio e, di rimando, buono/cattivo. Il giovane è buono. Se sei vecchio fatti da parte che non servi più. L’importanza del riciclo allora qui si vede, perché giovane diventa il vecchio che si comporta come pensa ci si comporti se si è giovani. Allora vediamo il cinquantenne che ancora si sente ragazzino, la sessantenne che non vive la sua età. Vediamo il ridicolo. Ma non tanto per questi casi particolari (ché ognuno ha questa pseudo libertà, con un certo limite sempre – tenendo conto che non è libero chi semplicemente fa ciò che gli pare, visione distorta ed egoistica del mondo umano), quanto per la riproposizione reiterata di questo fenomeno che diventerà la norma nell’immaginario collettivo. E allora, quel “siamprontiallavita” ha ragion d’essere, viene giustificato. Infatti, se il binomio giovane/buono è accettato come tale, allora la conseguenza logica è che tutto ciò che è giovane è un dato positivo. Perciò se un giovane, socialmente riconosciuto come tale, compie un gesto qualsiasi, proprio perché lo compie in-quanto-giovane è un gesto buono. E anche tutto ciò che socialmente è ritenuto come buono, non può che essere giovane in-quanto-buono. Generalizzo? Forse un po’, ma è nei casi estremi che si trova in maniera lampante l’essenza.

Young01

Proviamo a emancipare un attimo il discorso. Pensiamo all’uso nevrotico dei social network e degli smartphone da parte di questi giovani qui. Quante volte al giorno vi capita di imbattervi in questi fenomeni (in entrambi i sensi – goliardata del momento)? Quante volte vedete questo che pubblica la sua importantissima opinione su qualcosa, opinione che non può fare a meno di regalare al resto dell’umanità per rendere questo mondo migliore (e dimentica che questo mondo è un suo prodotto)? Quante foto, link e quant’altro, magari pubblicati dallo stesso telefonino (sì, io li chiamo ancora così, proprio perché sono in-quanto-vecchio e in-quanto-cattivo) vedete? Ma soprattutto: quante volte vi viene da dar ragione ai grammar-nazi?

Cosa vuol dire “essere giovane”? Dei jeans, una camicia con le maniche rimboccate, un linguaggio schietto, franco, e, chiaramente, smartphone e social network a palla? Quali sono gli altri motivi per ritenere giovane un giovane? Quali sono i contenuti di questo essere giovani? Nessuno. “Giovane” è anche “apparire giovane”. Peccato che per qualcuno non è anche, ma solo. Essere giovani è uno stato, non una qualità di qualche tipo, né motivo di vanto alcuno. Conseguenza del contrario è appunto la colpa dell’essere vecchi, le case di riposo come carceri in cui scontare la pena. Peccato che si tratti di una colpa della quale tutti, compresi i cinquantenni dotati di smartphone, ci macchieremo. A meno che, appunto, non si faccia passare l’idea per la quale giovane sia una qualità, dunque tutti possono essere tali. Anche i cinquantenni sgrammaticati che inneggiano alla condivisione pedissequa, continua e eterna dei loro momenti reiterati di gioventù apparente.

A. Ve.

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