Impariamo a viaggiare

Questo articolo è uscito sul mensile Il Lametino lo scorso 9 giugno 2012. Potete trovarlo anche sul blog GSI. Per maggiori informazioni circa la presenza dell’articolo su entrambi i siti, si consiglia la lettura della FAQ.

Italia, Bel Paese. Italiani, brava gente. Tanti posti belli da vedere, paesaggi unici, gente solare e cordiale, grandi ed importantissimi monumenti, cibo da favola, grande moda e chi più ne ha più ne metta. Per favore, qualcuno si sbrighi col pizzicotto perché sognare, anche se ad occhi aperti, ci fa perdere il contatto con la realtà e in periodi bui come questo dobbiamo stare più attenti che mai. Sognare alimenta le illusioni, e considerando la radice latina del verbo illudere, che deriva da in più ludere (scherzare, giocare) e che in forma riflessiva assume il significato di alimentare false speranze, ne consegue che l’illusione può essere intesa anche come un modo per scherzare con noi stessi. In poche parole, quando attribuiamo all’Italia molti più onori di quanti ne merita, mettendo un velo tra i nostri occhi e quella che è la realtà, ci prendiamo in giro da soli.

Perché, diciamo la verità, pensiamo di essere tra i primi quando, in realtà, non siamo altro che gli zimbelli del mondo occidentale. Facciamo finta di niente, nascondendoci dietro a qualche etichetta “Made in Italy” simbolo di qualità, ma non serve un lampo di genio per rendersi conto del fatto che l’Italia e gli italiani non sono niente di eccezionale e che un po’ di “scuola di civiltà” farebbe bene a tutti quanti. Anzi, meno male che abbiamo il Colosseo, le meraviglie di Firenze, la Ferrari, Giorgio Armani, le spiagge, la pizza, l’amatriciana e qualche laureato che si fa valere nel confronto diretto coi suoi colleghi stranieri: se non fosse per queste eccellenze la nostra situazione sarebbe veramente penosa. Non c’è Nord e non c’è Sud perché, in fin dei conti, i difetti-tipo dell’italiano sono gli stessi in tutta la penisola. Forse il polentone medio è più civile del terrone medio, chissà, ma quello è un discorso a parte. Detto questo, in qualità di italiani, in cosa facciamo schifo? Beh, da quale difetto dobbiamo iniziare la rassegna? Siamo incapaci di fare una fila (basti pensare al caos che regna sovrano alle poste o in un aeroporto durante i picchi di attività, con tanto di caccia al furbo che vuole passare davanti), diamo un’importanza molto relativa alle regole imposte (pagare le tasse?  non fumare dove non è permesso? seguire le indicazioni? chissenefrega!), per noi la “prevenzione” e la “gestione dei rischi naturali” sono definizioni prive di senso (il bello è che in caso di calamità naturale poi non siamo neanche in grado di ricostruire a dovere), non sappiamo tenere pulite le nostre città (per noi sono come un’immensa busta della spazzatura), abbiamo una miriade di politici incapaci votati da gente altrettanto incapace (probabilmente i più corrotti, meno produttivi ed egoisti dell’Occidente, evitiamo di fare esempi perché ci sarebbe da elencarne un buon 99.9% e in questa sede manca lo spazio), troviamo truffe e fregature anche quando non ci sono (questo la dice lunga sui nostri livelli di coesione sociale, perché una nazione è condannata quando i cittadini non si fidano di nessuno), il livello medio di conoscenza scientifica è penoso (tanto che, in un’area geografica ad altissimo rischio sismico, non c’è formazione scientifica in merito e il popolino crede puntualmente ai “profeti di sventura” che annunciano terremoti, nonostante i chiarimenti dei veri esperti), il nostro stile di guida è pessimo (consumiamo il clacson molto più in fretta degli altri, per non parlare delle corde vocali, e più in generale abbiamo la fama di non essere persone civili per le nostre strade)… e poi cosa succede? Ci poniamo domande stupide della serie “ma perché i tedeschi sono più bravi di noi?”, come se la politica economica fosse l’unica differenza tra noi e la Germania e l’educazione esemplare di chi vive in Deutscheland non contasse nulla.

Stereotipi? Macché, si tratta della realtà. L’italiano medio è più incivile dell’inglese medio, dell’olandese medio, del tedesco medio, dell’americano medio, etc. etc., e se iniziassimo ad accettarlo magari potremmo provare a risolvere il problema, perché nessuno si cura se non sa di essere malato. Quattro anni fa, in occasione dei giochi olimpici di Pechino, le massime autorità cinesi hanno dichiarato guerra alle cattive abitudini dei loro concittadini nel tentativo di dare al mondo intero una buona impressione: hanno, quindi, capito che c’era un problema e si sono attivati per risolverlo, almeno in parte. La nostra situazione non è paragonabile a quella cinese, ma ciò non toglie che qualche “scossa” agli animi degli “italiani brava gente” possa aiutare a migliorare le cose. Siccome i corsi serali di civiltà per adulti sono improponibili (mancherebbero le strutture, i fondi e probabilmente pure gli insegnanti necessari per estirpare questo cancro dalla popolazione italiana), dovremmo fare un po’ come i leoncini che guardano gli adulti della loro specie cacciare le prede per imparare a dovere l’ars venatoria: andiamo all’estero, viaggiamo, guardiamo i paesi in cui le cose funzionano, torniamo in Italia diversi e applichiamo quello che abbiamo appreso per migliorare il nostro paese. Non riusciamo a cambiare le cose? Non ci interessa farlo? Va bene lo stesso se impariamo ad indignarci di fronte alle cose che un tempo, da italiani in Italia, per noi erano la normalità e che, da italiani nel mondo, ci sembrano vergognose. Anche parlarne con gli altri va bene, e col tempo i risultati si faranno vedere. Meglio tardi che mai. A causa della crisi non abbiamo più i soldi per viaggiare? Iniziamo a fare un mea culpa per non averci pensato prima, e troviamo un modo per rimediare perché, casi sfortunati a parte, il tempo e il denaro per un break si possono trovare tranquillamente con qualche piccolo sacrificio. Si tratta comunque di soldi ben spesi: un viaggio è (quasi) sempre una bella esperienza, aiuta le persone a formarsi e, stando alle conclusioni di alcuni studi, aumenta persino l’intelligenza allenando il cervello con nuovi stimoli.

Sia chiaro, ci sono viaggi e viaggi. Per molto, troppo tempo, siamo stati capaci di emigrare, non di viaggiare: l’emigrazione ha tolto braccia e cervelli, compromettendo la crescita e riducendo le aspettative per il futuro. E’ solo imparando a viaggiare, da italiani ma sopratutto da lametini, che possiamo migliorare noi stessi, gli altri e la nostra terra.

Francesco D’Amico

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