Cara Italia, dov’è finito il senso della concretezza?

Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 243) il 22 settembre 2018.

Il tragico disastro di Genova mette in evidenza un problema caratteristico dei nostri giorni

Ci sono attimi in cui gli orologi di un’intera collettività si fermano, momenti che sono destinati a essere ricordati come i segnatempo indelebili di tragedie che spezzano le vite delle loro vittime e lacerano i cuori di chi sopravvive. E’ quanto successo a Genova il 14 agosto 2018 alle 11:36 del mattino: in pochi attimi, un’immane tragedia ha mietuto quarantatre vite umane e ha fatto scattare profondi dibattiti sullo stato di manutenzione di innumerevoli infrastrutture sparse per l’Italia. Genova, e l’Italia intera con essa, hanno pianto le vittime con un misto di tristezza e rabbia per l’accaduto, per l’ennesima tragedia che forse si sarebbe potuta evitare.

Delle cause e concause del disastro non si parlerà in questa sede per diversi motivi, anche perché le indagini sul disastro sono ancora in corso e, nonostante l’ovvietà di alcune circostanze relative all’evento, c’è tanto da scoprire ancora per determinare le colpe reali e inequivocabili. Eppure, sulla scia dell’onda di psicosi collettiva nata a seguito dell’incidente, molti esperti di indagini geologiche e ingegneristiche sono stati indotti a riflettere dopo aver visionato l’invito fatto da un primo cittadino di un comune del quale non si farà il nome per evitare accostamenti alla politica (la politica di fatto non c’entra, il problema alla base di tutto è generalizzato e senza colore). Il rappresentante del popolo summenzionato, presa visione della situazione manutentiva “preoccupante” di un’infrastruttura locale a seguito del disastro in Liguria, ha lanciato un appello ai liberi professionisti del settore al fine di condurre un’analisi sulla stabilità dell’infrastruttura stessa a titolo prettamente gratuito. Sintomo, questo, di un problema più esteso di quanto si creda, una piaga per molti “normale” ma che i nostri antenati i quali han tirato su interi monumenti troverebbero deplorevole se la sperimentassero al posto nostro. Questa altro non è che la reazione opposta a quella che una tragedia come quella di Genova dovrebbe far scattare: anziché prendere atto del fatto che per decenni si è deciso di chiudere un occhio sul rischio idrogeologico e sulla manutenzione di importanti aree e infrastrutture, facendo patire la fame ai giovani esperti di ambo i settori, si decide invece di continuare con la linea secondo la quale chi si occupa di cose concrete in un mondo di pettegolezzi, social, stories e like, deve continuare a prestare il proprio servizio alla collettività da lavoratore sottopagato o addirittura si ritrova costretto a lavorare a titolo gratuito.

La richiesta di quel signor sindaco che tanto ha fatto discutere trova il suo perché nella perdita del senso della concretezza da parte dell’italiani, ossia nella mancata percezione di vivere in un mondo fisico costituito da una natura rigogliosa al contorno delle costruzioni antropiche che devono essere costruite e mantenute da esperti appositamente pagati per farlo, lavoratori dignitosi che devono essere riconosciuti dalla società. E’ stato bello per molti vivere in un mondo dei sogni costellato dall’astratto delle chiacchiere e dei pettegolezzi, dei social e dei matrimoni tra vip, un sogno interrotto bruscamente il 14 agosto 2018 alle 11:36 a Genova, quando in una calda e tragica mattina d’estate l’Italia ha capito, forse non troppo tardi, di vivere in un mondo reale dove esistono ambienti e infrastrutture da monitorare.

Francesco D’Amico

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