Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 233) il 29 aprile 2017.
Breve disamina sulla vicenda storica, direttamente collegata alla situazione contemporanea
I sempre più numerosi test missilistici nordcoreani, uniti alle presunte ufficiose conferme di un programma nucleare ben avviato, sembrano alimentare in maniera drastica la tensione nell’estremo oriente, palesando sempre più concreti venti di guerra. Il leader nordcoreano Kim Jong-un, con i suoi metodi dittatoriali fortemente spettacolarizzati e le dichiarazioni antiamericane aggressive e pesanti, pare inoltre ben intenzionato a gettare benzina sul fuoco. E’ quindi necessaria una breve dinamica storica sulla situazione nordcoreana, per meglio comprendere la situazione attuale in ogni recondita e singolare sfaccettatura. La penisola coreana era soggetta, fin dagli inizi del ‘900, alla dominazione imperiale giapponese; dopo la seconda guerra mondiale, tuttavia, il crollo dell’impero del sol levante aveva determinato un vuoto di potere che in molti aspiravano a colmare. La nazione coreana, pertanto, per quanto liberata dall’invasore giapponese e, sulla carta, unificata, si trovava ad essere divisa in due zone di influenza: sotto l’influsso comunista cino-sovietico il nord, sotto quello nippo-americano il sud. Questa divisione fu ufficializzata nel 1947, quando le due zone divennero ufficialmente due Stati distinti, divisi lungo la linea del 38° parallelo. Il 15 agosto dello stesso anno veniva eletto presidente della nuova Repubblica di Corea (il Sud) SyngmanRhee, artefice di una politica ultra nazionalista e coinvolto in gravi episodi di corruzione; il 9 settembre nasceva invece nel Nord la Repubblica Popolare Democratica di Corea, con capitale Pyongyang ed a capo Kim Il Sung, fautore di un rigido regime comunista, il quale mirava a riunire l’intera penisola di Corea sotto la propria dittatura. Egli autorizzò, nella notte fra il 24 ed il 25 giugno 1950, l’invasione del confine sud-coreano da parte di cinque divisioni dell’esercito del Nord, organizzato ed equipaggiato dall’URSS e forte di quasi ottantamila uomini. L’esercito sud-coreano, mal addestrato ed equipaggiato, venne rapidamente sconfitto e la stessa capitale, Seoul, fu preda dei nord-coreani; rimaneva sotto il controllo dei “sudisti” la sola zona intorno al porto di Pusan.
Gli Stati Uniti, previa approvazione di una risoluzione ONU votata in assenza dell’Unione Sovietica, sbarcarono a Pusan con i primi contingenti militari guidati dal generale Douglas MacArthur. Le forze americane arrestarono immediatamente l’avanzata “nordista” ed iniziarono a riconquistare il territorio Sud coreano; sbarcavano quindi ad Incheon, dietro le linee nemiche, per cogliere di sorpresa il nemico e scacciarlo ancor più velocemente. Giunti, quindi, gli americani al confine fra le due coree, su proposta del generale MacArthur, l’Onu autorizzò, con la seduta del 7 ottobre 1950, l’invasione della Corea del Nord da parte degli americani. In meno di un mese, a novembre dello stesso anno, le truppe di MacArthur si erano spinte, per volontà del generale e contro le disposizioni dello stesso governo statunitense, fino a pochi chilometri dal confine con la Cina: fu una decisione azzardata che cambiò le sorti del conflitto. Sentendosi minacciata dall’avanzata americana, ormai giunta in prossimità del confine, la Cina autorizzò l’arrivo dei corpi di spedizione “volontari”: oltre centomila uomini furono inviati in Corea. Le truppe cinesi ricacciarono gli americani nuovamente a sud. Nell’aprile del 1951, con il comandante Matthew Bunker Ridgway a sostituire MacArthur, il presidente americano Truman aprì finalmente le trattative con la Corea del Nord, spaventato anche dai proclami cinesi: la Cina neocomunista sembrava infatti intenzionata ad intervenire ancor più massicciamente nel conflitto. La guerra tra i due stati confinanti aveva a quel punto già fatto circa tre milioni di morti, tra i militari e, soprattutto, tra la popolazione civile.
Il 10 luglio 1951 iniziarono i colloqui per la pace: due anni dopo l’inizio delle trattative, il 27 luglio del 1953, a Panmunjeom, la fine dei negoziati sancirà il ritorno alla situazione precedente alla guerra, con il confine stabilito sul 38° parallelo.
Paolo Leone