Furto del cane: i proprietari abbandonati al loro dolore

Leggi questo articolo sul blog dei Giovani Scrittori Indipendenti. Questo articolo è uscito sul mensile il Lametino (n. 216) il 28 marzo 2015.

Lametino Fanni

Rubare il cane altrui è certamente una delle cose più abiette che la mente umana abbia mai partorito.

Non soltanto per il dolore che causa al proprietario, che si vede privato con la forza di qualcuno che considera come un amico speciale, ma anche per i danni ed i maltrattamenti che possono essere arrecati allo stesso animale. E’ stato davvero un brutto colpo quello di sentirmi dire da un caro amico, che di recente ha perso il padre, “il giorno delle esequie, sapendo che in casa non c’era nessuno, estranei si sono introdotti nella mia proprietà e mi hanno rubato un cane”.

Ebbene si, “mi hanno rubato un cane”. E’ possibile che l’essere umano possa spingersi a tanto? Purtroppo, considerando la nostra storia passata e quella contemporanea, la risposta è affermativa. Sembrerebbe, inoltre, che la pratica del furto di cane sia in espansione in ogni parte del paese. Le ragioni per la quali i nostri amici a quattro zampe vengono rapiti sono molteplici.

L’avidità di animali ha lo scopo di soddisfare le più inquietanti delle ipotesi: richieste di riscatto, vendette trasversali, lotte clandestine, accattonaggio, mercato di carne e pelle, vivisezione, allevamento irregolare, messe nere e sadismi. Ed è proprio dopo aversi visto sottrarre il proprio animale che i proprietari vengono lasciati soli.

L’ipotesi di furto del cane non è una fattispecie criminosa tipica prevista dall’ordinamento penale, viene assorbita nell’ambito del furto generico, o con scasso se ne sussistono i presupposti, e mancano quindi azioni particolari volte soprattutto alla ricerca ed alla restituzione della bestiola.

L’unico riferimento specifico è la legge 189 del 2004, che tutela i cani e gli altri animali d’affezione, ma le circostanze concrete la rendono assolutamente inapplicabile.

Il cane stesso, inoltre, non è considerato quale “bestiame” e pertanto non si applicano nemmeno le circostanze aggravanti previste dai casi specifici.

Non va neppure dimenticato che, a livello nazionale, non esiste alcun database generale sul numero e sul tipo di animali registrati (microchip), cosa che rende impossibile qualsiasi determinazione statistica e vanifica ogni tentativo di ricerca capillare. Senza dimenticare che la gran parte degli animali domestici non è regolarmente registrata, sia per mancanza di una precisa normativa in materia sia per l’inerzia dei proprietari, facendo si che molti animali domestici siano, per così dire, “sconosciuti allo Stato”.

Sulla totalità dei furti di cane, inoltre, solo il 3% dei casi viene denunciato, mentre il 15% viene indicato come semplice smarrimento (fonte Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente), ed a tale scopo si ricorda che solo a seguito di una denuncia per furto o rapimento le autorità possono aprire una indagine.

Infine, i problemi endemici del Paese quali l’assenza di una normativa certa, la mancanza di certezza della pena, la mancanza di ricerca capillare, la scarsità del personale di polizia, l’arretratezza tecnologica (quanti commissariati dispongono di lettore di microchip?), uniti alla velocità ed alla scaltrezza dei malviventi, fanno si che la ricerca dei poveri scomparsi sia praticamente impossibile. Solo pochissime volte, per ottenere un cospicuo riscatto, i cani vengono riconsegnati ai loro proprietari; nella maggior parte dei casi o non fanno più ritorno a casa o vengono ritrovati senza vita dopo qualche tempo.

Sicuramente il modus operandi tipico italiano (o italiota) addiverrebbe a dire le solite cose, ormai banali, relative al “sistema ed al fatto che deve cambiare”. Cosa che, fra l’altro, non avviene mai. In questo caso il cambiamento deve provenire da noi, in piccolo, registrando correttamente i nostri cani all’anagrafe canina (microchip), denunciando correttamente alle autorità tutti i casi di furto, rapimento o maltrattamento, attivandosi a mezzo stampa per pubblicizzare le notizie.

Nello specifico chiunque avesse notizie di Fanni, detta Fannina, una drahthaar di quasi due anni, che potete vedere nella foto, con una macchia bianca sulla zampa sinistra, numero chip 380260020122302 è pregato di allertare le forze dell’ordine, che si metteranno in contatto con il legittimo proprietario.

Paolo Leone

Due settimane dopo la diagnosi di una grave ed incurabile malattia, nostro padre Vincenzo D’Amico è venuto a mancare il 21 febbraio scorso qui, a Lamezia Terme. Abbiamo fatto il possibile affinché la perdita non diventasse di dominio pubblico, ma ciò non è bastato: col semplice passaparola da paese, la notizia della scomparsa di nostro padre si è diffusa a macchia d’olio e, approfittando della nostra assenza temporanea, qualcuno ha violato la nostra proprietà privata per sottrarre, tra il tardo pomeriggio del 21 febbraio, giorno della scomparsa di nostro padre, e il pomeriggio del 22, giorno del suo funerale, un cane dal canile di casa. Il cane in questione si chiama Fanni, detta Fannina, una drahthaar femmina di quasi due anni con pelo corto di colore marrone scuro e con una macchia bianca striata sulla zampa sinistra. Fanni è stata ceduta dal suo vecchio proprietario Francesco Tornello a nostro padre circa un anno e mezzo fa; il numero del suo microchip è 380260020122302 e siamo sicuri che sia stata presa con forza da almeno un individuo. Il tutto è stato denunciato ai Carabinieri e ad alcuni enti venatori. Nostro padre ha vinto i suoi ultimi riconoscimenti con Fanni, e ciò che è successo proprio a ridosso della sua scomparsa è un atto universalmente condannabile come sbagliato e frutto di un’insensibilità non umana, qualcosa che solo una mente molto contorta avrebbe potuto organizzare nei minimi dettagli. Come se il dolore per la perdita di nostro padre non fosse già abbastanza, abbiamo anche vissuto momenti di tensione e preoccupazione che ci hanno di fatto costretti a prendere seri provvedimenti, in termini di sicurezza, al fine di evitare che un fatto del genere possa ripetersi. Giudizio morale a parte, quanto è accaduto è comunque condannabile in virtù delle leggi vigenti in materia.

Fanni

Se chi ha commesso il fatto irrispettoso nei confronti di nostro padre sta leggendo queste parole, è pregato di restituire Fanni viva e in buono stato, direttamente alla famiglia o ad un ente che possa farlo in sicurezza. Chi conosce dettagli relativi all’accaduto e che possono essere utili, è pregato di segnalare il tutto alle Forze dell’Ordine. Prevediamo una ricompensa monetaria, la cui entità è da definire, alla persona che ci permetterà di riavere viva e vegeta la nostra Fanni.

Vi ringraziamo per aver dedicato parte del vostro tempo alla lettura di questo appello.

Francesco ed Enzo D’Amico

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