Nota: questo Trip Report è ancora work in progress.
Una trasferta transatlantica che comprende otto voli con cinque compagnie aeree diverse – tre voli in classe Economy, cinque in classe First e due in classe Business

Immagine creata su http://www.gcmap.com
Questo trip report arriva con mesi di ritardo, e porta un nome caratteristico. La fine di questo report, infatti, marca l’inizio di un calvario culminato con una gravissima perdita familiare. E’ stata, appunto, la calma prima della tempesta.
Il viaggio in questione comprende varie tappe e sulle due immagini, sopra e sotto, potete trovare un po’ di “trivia” circa gli aeroporti coinvolti e le distanze percorse.

Immagine creata su http://www.gcmap.com
Il mio viaggio verso la costa occidentale dell’Oceano Atlantico inizia, come di consueto, da SUF, l’aeroporto di Lamezia Terme. In fase di prenotazione, scelgo la soluzione di viaggio AZ1168-AZ610, una soluzione comoda che non costringe il passeggero a svegliarsi prestissimo di mattina. Il primo volo era programmato con partenza alle 10:45 circa e arrivo a Roma circa 1h15min dopo, un orario pratico e comodo che mi avrebbe risparmiato le solita sveglia tra le 3 e le 4 di mattina. Proprio in aeroporto, due settimane prima della mia partenza, mentre parlavo con un amico biologo ricercatore che stava per prendere un volo Ryanair per Bologna, ricevo un sms da parte della compagnia già di bandiera che mi informa della cancellazione del mio volo, AZ1168, con riprotezione automatica sul volo successivo, AZ1166, ed un tempo di transito a Roma di poco superiore all’ora. Il transito è “fattibile” e rientra tra le soluzioni di viaggio vendibili, ma memore delle baraonde vissute al check-in coi voli AZ in ritardo e le riprotezioni da gestire a valanga, decido di optare per una maggiore tranquillità. Contatto l’assistenza clienti per chiedere un cambio di prenotazione e viaggiare con la soluzione AZ1162-AZ608, partenza da Lamezia alle 7:00 e circa 2h30min di transito per New York, ma dato che la soluzione proposta in seguito alla cancellazione risulta vendibile, la mia richiesta è assimilabile alla richiesta di un cambio di prenotazione ed è quindi soggetta al pagamento di penali.
Un pensiero fantozziano permea la mia mente: tordo intero!

Tordo intero!
Decido di partire la mattina alle 7:00 e di aspettare ben 6 ore a Fiumicino. I giorni passano, la data della partenza si avvicina, contatto i miei parenti per fornire i dettagli dei miei voli… e parto. Sarà un’ammazzata? Sarà piacevole? Dormire durante il volo intercontinentale sarà un obbligo se non voglio arrivare a New York in modalità zombie.
AZ1162
Aeroporto di origine: Lamezia Terme – Sant’Eufemia (SUF)
Aeroporto di arrivo: Roma – Fiumicino (FCO)
Distanza tra gli scali: 469km
Compagnia: Alitalia (AZ)
Aeromobile: Airbus A319
Registrazione: EI-IMR
Nome dell’aereo: Italo Calvino
Classe: Economy (unica disponibile)
Posto: 3A (finestrino)
Gate: 02
Bagagli: 3/30KG
Ora di partenza prevista: 7:00
Ora di arrivo prevista: 8:10
Ora del decollo: 7:10
Ora dell’atterraggio: 8:13
Tempo di volo: 1h 3min
Partire dal proprio luogo di lavoro ha vantaggi e svantaggi: i primi consistono nel conoscere nei minimi dettagli procedure, strutture e tempistiche, i secondi riguardano soprattutto l’aspetto personale. Se un lavoratore prende l’aereo per un viaggio, diciamo, “non convenzionale”, tempo qualche ora e lo sanno anche i colleghi in ferie in Australia. Forse quest’allusione è esagerata, ma rende l’idea.
Mi presento al banco 4, riservato ai soci Premium Alitalia e SkyTeam, col passaporto e tre bagagli da stiva. La tariffa Business garantisce due pezzi da 32kg e con la carta Freccia Alata Plus ho diritto ad un terzo pezzo da 32kg, per un totale di 96kg di franchigia (che per le mie esigenze è stratosferica dato che non credo di aver mai superato il peso complessivo di 50kg). La collega del check-in rimane spiazzata dai miei bagagli, chiama la biglietteria e la collega lì presente le conferma che per il terzo pezzo non devo pagare nessuna penale. Vabbé, qualche svista può capitare a tutti ed è sempre meglio chiedere; a check-in finito procedo verso il gate.
Un po’ di folla al gate 02. Ovviamente non potevano mancare i passeggeri che sbagliano intenzionalmente la fila nel tentativo di imbarcarsi insieme a chi ha diritto all’imbarco prioritario. Loro ci provano e come va, va.
E’ l’alba, ecco come si presenta il nostro A319. I voli domestici che precedono o seguono un volo intercontinentale, per me, sono completamente scollegati dal resto. Sapere di dover passare diverse ore su un aeromobile, o di averle già passate, rende un viaggio con un tempo di volo inferiore all’ora quasi insignificante, ma comunque necessario: se non ci fosse il feederaggio, spostarmi tra l’Italia e gli USA diventerebbe una vera e propria impresa. Salito a bordo riconosco il capocabina del volo, un compagno di sventure col quale però non ricordo che situazione lavorativa abbiamo vissuto. Era un volo in forte ritardo? Un problema informatico che ci ha costretti a verificare i posti dei passeggeri a bordo? Non lo ricordo, e lui non si ricorda di me perché di rampisti ne vede tantissimi, e di continuo.
Un volo tranquillo, come tanti altri. Sto sempre al finestrino e penso alle mille cose che dovrò fare. Ho preso tutto? Il ricarica batterie del telefono? Il computer? Il passaporto è in tasca o l’ho dimenticato nel cobus? Millemila preoccupazioni che precedono le mie coincidenze intercontinentali. In questo caso specifico si aggiunge la piccola tensione per lo scalo da sei ore, del tipo… arriverò a New York stanco morto?
Una coltre di nebbia mai vista prima, sembra un quadro.
L’atterraggio avviene in orario, e una volta uscito dall’aereo penso a come gestire quello che al momento detiene il record di transito più lungo della mia vita.
La mia prima mossa è andare alla Sala VIP “Le Navi”, che si trova in prossimità dei gate H. Entro e mi fanno notare che sono lontano dalla mia area d’imbarco, ma ne sono cosciente e dato che il transito è molto lungo passerò metà del tempo a Le Navi e l’altra metà alla Giotto, nell’area G.
Il tempo passa e noto una cosa: il volo AZ608, quello che avrei teoricamente dovuto prendere se avessi cambiato la prenotazione, è operato da EI-EJG, l’A330 con livrea speciale della Calabria, sul quale non ho mai avuto il piacere di volare. L’aereo è ormai riverniciato e sono solo riuscito a spottarlo qualche volta a Fiumicino e a New York. Sul suo gemello più piccolo, EI-DSM, ho volato un paio di volte ma non quando aveva la livrea della mia regione: con lui, o esso, ho però vissuto attimi di preoccupazione. Una volta EI-DSM è arrivato a Lamezia con un’emergenza medica a bordo, e allo sbarco c’era l’ambulanza sottobordo. Una passeggera, sentitasi male e soccorsa da un medico che per fortuna era tra i passeggeri del volo, è stata fatta coricare ai posti 1ABC. Che esperienza. Ma continuiamo col viaggio…
Questa è l’entrata della lounge “Le Navi” di Fiumicino, normalmente utilizzata dai passeggeri premium che si imbarcano attraverso i gate H (sì, quelli da terzo mondo).
Il bellissimo panorama della lounge, chissà se e quando finiranno il molo coi nuovi gate.
I pasti non sono eccelsi ma se paragoniamo questa lounge a tante altre, è sicuramente sopra la media. E’ anche spaziosa, i passeggeri non sono costretti a stare l’uno attaccato all’altro come avviene, per esempio, alla Borromini.
AZ610
Aeroporto di origine: Roma – Fiumicino (FCO)
Aeroporto di arrivo: New York – Kennedy (JFK)
Distanza tra gli scali: 6873km
Compagnia: Alitalia (AZ)
Aeromobile: Airbus A330
Registrazione: EI-EJJ
Nome dell’aereo: Michelangelo Merisi Da Caravaggio
Classe: Business
Posto: 2L (finestrino)
Gate: G05
Bagagli: 3/30kg (in transito da volo precedente)
Ora di partenza prevista: 14:35
Ora di arrivo prevista: 18:25
Ora del decollo: 15:10
Ora dell’atterraggio: 18:28
Tempo di volo: 9h 18min
Non ricordo esattamente a che ora mi sono spostato dalla lounge Le Navi alla Giotto, ricordo solo che prima di farlo ho controllato lo status del volo AZ1166 (quello sul quale ero stato inizialmente riprotetto) e ho visto che il volo è stato operato regolarmente. Avrei potuto prendere quel volo, dormire di più e fare un transito regolare, ma non mi sono pentito affatto della mia decisione: io sono per i viaggi tranquilli, comodi e senza pensieri, non voglio scali con biglietti separati, compagnie che limitano anche la quantità d’aria che respiro, etc. E poi con quel transito i miei tre bagagli sarebbero stati a rischio.
Ecco un “compagno di gate”, Airbus dell’Aer Lingus.
Ed ecco EI-EJJ “Michelangelo Merisi da Caravaggio”, l’Airbus A330 che opererà il volo AZ610.
Boeing 747 della Thai, quasi pronto per andare a Bangkok. Peccato che, a causa della forte concorrenza di Etihad, Qatar ed Emirates, Thai è stata costretta a cancellare la rotta Roma-Bangkok dal proprio operativo. Presto, questa diventerà una foto “storica”.
Sento qualcosa cadere per terra dietro di me. Mi giro e noto che, sorpresa, una tasca del mio zaino targato Frecce Tricolori è lacerata e un ricarica batterie è caduto per terra. Controllo per vedere se sono cadute altre cose, ma per fortuna è tutto ok. Metto tutto nella tasca centrale.
Il magnifico comfort della Magnifica. Ok, scusate la cacofonia.
Il Caravaggio si riflette sui vetri del molo G.
Via col sistema di intrattenimento…
Sguardo d’insieme. Siamo in tanti in Business ma c’è spazio per tutti anche nelle cappelliere. Da notare il fatto che l’Airbus A330 non ha la cappelliera centrale che è invece presente sul Boeing 777. Chissà se in Economy hanno dovuto sbarcare dei bagagli.
Qualcuno benedica la porta USB dei sedili di Magnifica!
Siore e siori, alla nostra destra, Airbus A380 della Emirates.
Durante la fase di taxi, di fronte a me, credo di vedere EI-DSL, anche lui (o esso) un vecchio compagno di sventure, e noto il già citato EI-DSM, che qualche ora dopo sarebbe diventato protagonista di un episodio particolare.
Pronti per il decollo…
Guardare le nuvole dall’alto è sempre un’emozione.
Rotta per JFK, direzione nord-ovest.
Gli assistenti di volo Alitalia della Magnifica, appositamente formati per questo tipo di servizio, preparano il pasto.
Tutto inizia a prendere forma. Vedete quel bigliettino col logo SkyTeam? E’ un invito ad un sondaggio riservato ai clienti premium, al quale ho partecipato successivamente inserendo i dati riportati sul bigliettino stesso. In palio, se non erro, due biglietti di andata e ritorno in Economy per una destinazione SkyTeam che ovviamente, viste le scarse probabilità di vincere, non ho ottenuto.
Quando prendo l’aereo i miei gusti musicali cambiano. Oddio, Desert Rose di Sting merita anche quando sono a terra…
Si dia inizio alla grande abbuffata!
Ribadisco: grande abbuffata!
Non potevano mancare due deliziosi dolci come contorno al tutto.
Chi mi conosce sa che sono un grandissimo fan del the, soprattutto al limone. Caldo o freddo che sia.
Il viaggio procede, chiudiamo i finestrini. Il sistema di intrattenimento dell’IFE dell’A330 è nettamente superiore rispetto a quello del Boeing 777.
Il magico tramonto…
Succo d’arancia…
Dai non manca molto. Sorvoliamo Boston, città che ho visitato circa due anni prima.
L’atterraggio avviene alle 18:28 e lo sbarco è tutto regolare. Chi ha familiarità con l’aeroporto JFK sa che non è possibile scattare foto dell’area arrivi con l’infrastruttura doganale, neanche in casi eccezionali come quello da me sperimentato. Ebbene, per la prima e fino ad ora unica volta, non trovo orde di passeggeri ai controlli doganali e mi sbrigo in meno di 20 minuti, giusto il tempo di far passare gli altri passeggeri della Business del mio volo. Voli in ritardo o cancellati, dirottamenti, iperefficienza della dogana, non so il motivo per il quale questa volta è andato tutto liscio come l’olio. Alla riconsegna bagagli trovo qualche passeggero Air France e il relativo equipaggio, sicuramente arrivati prima di noi dato che la calma era proprio piatta.
Questo netto anticipo mi lascia un po’ spiazzato, dato che generalmente non dipendo dai mezzi pubblici quando arrivo a JFK. Un parente passa per venirmi a prendere e decido di aspettarlo nell’area arrivi, vicino ai vari uffici Lost & Found delle compagnie che operano presso il Terminal 1.
Le strade sono mediamente trafficate e per arrivare a Yonkers, nel Westchester, ci mettiamo tra i trenta e i quaranta minuti. Nei giorni che seguono ho impegni per lo più “istituzionali”, dopodiché mi preparo per la seconda tappa del viaggio: la città perduta di Atlantid… ehm… Atlanta.
DL5179
Aeroporto di origine: White Plains, Westchester County (HPN)
Aeroporto di arrivo: Atlanta – Hartsfield-Jackson (ATL)
Distanza tra gli scali: 1257km
Compagnia: Delta Air Lines (DL)
Aeromobile: Canadair Regional Jet 900
Registrazione: N197PQ
Nome dell’aereo: –
Classe: First
Posto: 2A (finestrino)
Gate: G
Bagagli: 1
Ora di partenza prevista: 7:25
Ora di arrivo prevista: 9:58
Ora del decollo: 7:58
Ora dell’atterraggio: 10:15
Tempo di volo: 2h 17min
Qui inizia la parte più caratteristica del viaggio. La rotta Roma – New York è molto trafficata anche per coloro che viaggiano in Business, ma sono in pochi a conoscere la piccola ma interessante realtà dell’aeroporto di White Plains, che si trova nella Contea del Westchester, poco più a nord di New York City.
Lo scalo è considerato molto comodo ed efficiente dai locali, che quando possono partono da qui: gli scali newyorchesi veri e propri sono, per molti, un’ultima spiaggia e chi può li evita. La clientela di HPN è variegata ma tendenzialmente altospendente, tant’è che moltissimi voli da e per HPN hanno la classe First, e non mancano gli aerei privati. Quella del Westchester è una delle contee più benestanti degli Stati Uniti e questo va ad influenzare la clientela dell’aeroporto. Non vi faccio la lista dei personaggi famosi che hanno un aereo privato parcheggiato proprio qui a HPN…
Ad HPN ci arrivo con la macchina in una ventina di minuti circa, e prima di scendere non riesco a scattare una foto del P-80 esposto all’entrata dello scalo come gate guardian. Vista l’ora, la foto sarebbe uscita malissimo.
La mia destinazione è Atlanta, l’hub per antonomasia, e ci andrò con un aereo regional della compagnia che ad ATL regna incontrastata, la Delta. Prima del mio volo per ATL ne parte un altro che però non ho deciso di prendere per non disturbare troppo chi mi avrebbe accompagnato con la macchina.
Come potete vedere, HPN è il classico aeroporto americano: tantissimi voli operati con aerei a bassa capienza e network degno di tutto rispetto. Le major americane garantiscono comode coincidenze e con appena due voli si possono raggiungere non solo le principali città degli USA ma anche tantissime destinazioni chiave in tutto il mondo. Il point to point è dominato dalla ben nota compagnia jetBlue, che collega White Plains con vari scali della Florida usando i suoi A320, gli aerei civili più grandi che operano qui: molti residenti del Westchester, come alcuni miei parenti, hanno appartamenti o addirittura intere case in Florida, e la jetBlue costituisce la chiave per poterli raggiungere.
Quella mattina, però, è una strage! Apparentemente, quasi tutti i voli jetBlue risultavano cancellati per motivi che non sono mai andato ad investigare. Gli aerei erano parcheggiati, e in giro per l’aeroporto c’erano alcuni equipaggi a zonzo; forse non capirò mai cos’è successo ma le ipotesi a mio avviso più fondate potrebbero essere a) uno sciopero o b) maltempo esteso in tutta la Florida.
Ecco come si presenta l’area check-in: piccola e ottimizzata. Il check-in della Delta è proprio di fronte, mentre quello della jetBlue sta a destra. Proprio lì c’era un po’ di fila, sicuramente dovuta alle varie cancellazioni di quella mattina.
Una super bandiera americana non poteva mancare: il patriottismo statunitense si trova anche negli aeroporti.
Scelte artistiche che rendono l’ambiente più amichevole.
Foto notturne dall’osservatorio dello scalo. Prima dell’alba, l’APRON e la pista di White Plains si presentano così.
Maggiori dettagli sui voli della fascia oraria 6:00-9:30. Il mio parte alle 7:25 e risulta perfettamente regolare, mentre alcune frequenze jetBlue, come già detto, sono state cancellate. Il gate del mio volo non è ancora uscito.
C’è un po’ da aspettare ma è sempre, dico sempre, meglio aspettare un po’ in aeroporto piuttosto che vivere il dramma di perdere un volo. Nella sala dei gate c’è gente di tutti i tipi, a testimoniare il fatto che l’utenza di HPN è molto trasversale. Quella mattina l’età media mi è sembrata un po’ più bassa del solito.
Purtroppo non ci sono sale VIP dove poter aspettare, ma non si può dire che l’ambiente sia scomodo e poco piacevole.
Dopo aver visto l’imbarco dei voli che hanno preceduto il mio, tocca a noi. La nostra uscita è la G e come potete vedere è facile ritrovarsi in qualche fila confusa, dati gli spazi molto ristretti. Nessun caos all’italiana: i passeggeri si dispongono come possibile e a parte qualche battuta qua e là sul finire a bordo dell’aereo sbagliato, tutto va liscio come l’olio.
Ovviamente, per i passeggeri di classe First è previsto l’imbarco prioritario e mi imbarco tra i primi. Al gate ritrovo la stessa addetta che mi ha fatto il check-in un paio d’ore prima.
Una volta passato il gate G, seguiamo la stessa strada dei passeggeri imbarcati attraverso l’uscita H con la differenza che il nostro aereo è più vicino del loro. Un’addetta smista i passeggeri onde evitare che le battute di prima si trasformino in fatti reali degni della stampa d’aviazione più catastrofista. No, aspetta, non siamo in Italia…
Ecco il nostro regional. Al parcheggio adiacente, un altro regional… e poi un aeromobile jetBlue.
La macchina che opererà il nostro volo è N197PQ, un regional jet con divisione della cabina in due classi.
La First domestica americana, il più delle volte, non è nulla di eccezionale: buon pitch e servizio a bordo sopra la media, ma nessun apparato IFE né tanto meno la possibilità di reclinare il sedile di 180°. Il vantaggio principale per un maniaco del finestrino come me è avere alla mia sinistra il finestrino stesso e alla mia destra il corridoio: insomma, posso gestire al meglio i miei spazi senza avere la preoccupazione di poter dare fastidio a qualcuno.
Coca Cola pre-volo, non avete idea di quante ne prenderò prima dell’arrivo ad Atlanta. Il “bello” è che quando scrivo questo trip report la Coca Cola è diventata, per me, una specie di tabù a causa di alcuni problemi di salute, si spera non gravi.
Dopo gli annunci di routine, inizia l’accensione motori e la fase di taxi verso il fondo pista.
Dato che pioveva, era difficile cogliere alcuni dettagli da bordo. Potete comunque notare i mezzi aeroportuali in attività e alcuni dei millemila aerei privati basati a HPN, segno anche loro che ci troviamo in un’area degli USA in cui i ricchi sicuramente non mancano.
Behind the curtain. Una piccola “panoramica” della cabina, con marcato il passaggio da First a Economy che “devia” leggermente il corridoio a causa del passaggio da una configurazione 1-2 ad una configurazione 2-2. Il volo è pienotto e tutti quanti sembrano concentratissimi.
La sicurezza prima di tutto…
…senza però rinunciare alle delizie offerte dall’assistente di volo dedicato. Perdo facilmente il conto dei bicchieri di Coca Cola bevuti.
Ci lasciamo le spalle il maltempo e rotoliamo verso Sud. Dato che il volo supera le due ore di durata, ho il tempo per qualche foto e per un po’ di relax. A bordo è disponibile una connessione wi-fi gratuita (almeno per chi viaggia in First, immagino) e ne approfitto per navigare sul web. Tra una cosa e l’altra, per un po’ seguo il mio stesso volo su flightradar24.com.
Durante le fasi finali della discesa si possono apprezzare i tipici paesaggi della Georgia, uno stato degli USA che sembra aver trovato un buon compromesso tra edilizia e natura. Anche nella stessa Atlanta c’è spazio per questa macedonia di colori. La discesa è molto tranquilla e non si ha mai l’impressione di andare verso un aeroporto molto trafficato.
Benvenuti ad Atlanta, l’aeroporto più trafficato del mondo! Il taxi in dura un po’ e rimaniamo in attesa per diversi minuti, in attesa che vari aerei della Delta – soprattutto vetusti MD-80 – decollino. I decolli in parallelo sono un vero e proprio spettacolo, così come l’Airbus A380 della Korean Air che non ha bisogno di presentazioni.
Non ricordo esattamente il terminal – o concourse – d’arrivo ma doveva essere uno dei più esterni dall’area check-in Nord-Sud.
Come dicevo prima, questo è lo scalo più trafficato del mondo e da questa foto si capisce perché.
L’area di riconsegna dei bagagli non è enorme e i tempi di consegna non sono proibitivi, anche perché la maggior parte del tempo si passa spostandosi dal gate d’arrivo ai nastri (per spostarsi all’interno di ATL serve una linea della metro interna). Fatto curioso: tutti i terminal hanno il nome di una lettera e una voce automatica riporta anche la parola nel gergo aeronautico che indica quella stessa lettera. Tuttavia, anziché usare la parola Delta per indicare il terminal D, la voce dice “David”, probabilmente per evitare un’ulteriore pubblicità gratuita alla compagnia di casa qui ad ATL.
Preso il bagaglio, con un taxi procedo verso l’albergo.
Atlanta, Georgia, USA
La città perduta di Atlantid… ehm, Atlanta, che tanto perduta non è dato che è uno dei principali hub del trasporto, non solo aereo, del continente americano, non è una super metropoli come New York ed è l’ideale per una visita da week end.
I fan della serie The Walking Dead troveranno queste strade sicuramente familiari.
Molto bello da visitare è l’acquario, noto ai più per la sua chicca principale: il Rhincodon typus, o squalo balena.
Molto bello anche questo beluga.
Modello con alcuni dettagli anatomici del Rhincodon.
Semplicemente stupendo. L’acquario ha un tunnel che passa praticamente sotto un’immensa vasca, e se siete fortunati potete riuscire a scattare una foto dello squalo balena dal basso, quasi come se nuotaste insieme ad esso.
Atlanta è anche la casa della Coca Cola. Oltre ad un caratteristico grattacielo, ad Atlanta potete trovare il Coca Cola World, un museo dedicato, appunto, alla storia di una tra le bibite più diffuse al mondo.
La guida turistica presenta un video di presentazione sul fantastico mondo della Coca Cola.
La sua storia è secolare e ogni paese, in ogni periodo storico, ha avuto bottiglie caratteristiche con pubblicità caratteristiche. All’interno del World c’è un’enorme sala in cui – udite udite – potete provare aggratis millemile tipi diversi di Coca Cola.
Riconosco che le mie foto notturne non sono proprio il top del top. Il gioco di luci di Atlanta è molto carino, e nonostante la popolazione di milioni e milioni di abitanti, le strade larghe e i giardini danno al viaggiatore l’impressione di non stare in un posto con una densità di popolazione così alta.
Conoscete la catena Caribou Coffee? Fanno del latte caldo semplicemente delizioso.
L’orto botanico, così come quasi tutte le attrazioni di Atlanta, è facilmente raggiungibile a piedi dal centro. Immerso nella natura, è un compromesso tra la botanica pura e l’arte.
Modello in scala di un trenino.
Margaret Mitchell. Probabilmente, questo nome non vi dirà nulla. E se vi dicessi che si tratta dell’autrice del libro Via col Vento? La sua casa, trasformata in un museo, è visitabile e ha pure un negozietto di souvenir. Io ho comprato qualche stampa caratteristica, oltre ad un calendario del 2015.
Atlanta è anche la città di Martin Luther King.
Questa è la casa di King. Fa un po’ riflettere il fatto che a visitare questi posti ormai da considerarsi “storici” ci siano per lo più afroamericani. Anzi, praticamente tutti i visitatori, me escluso, erano afroamericani. Sono capitato in una fascia oraria particolare o il senso di appartenenza ad una razza o l’altra è ancora così marcato negli USA?
DL4986
Aeroporto di origine: Atlanta – Hartsfield-Jackson (ATL)
Aeroporto di arrivo: White Plains, Westchester County (HPN)
Distanza tra gli scali: 1257km
Compagnia: Delta Air Lines (DL)
Aeromobile: Canadair Regional Jet 900
Registrazione: N131EV
Nome dell’aereo: –
Classe: First
Posto: 2A (finestrino)
Gate: E34
Bagagli: 1
Ora di partenza prevista: 20.35
Ora di arrivo prevista: 22:42
Ora del decollo: 20:51
Ora dell’atterraggio: 22:40
Tempo di volo: 1h 49min
Finita la scampagnata ad Atlanta, è giunto il tempo di tornare nel Westchester.
Prospettiva della skyline di Atlanta mentre il taxi svolta a sinistra per andare verso l’aeroporto.
Faccio il check-in fuori, presso un banco drop off SkyPriority, ed entro. L’area check-in della Delta non sembra proporzionata al traffico, ma bisogna ricordare che una grossa porzione di traffico arriva ad ATL per prendere una coincidenza e quindi non passa dal frontline.
Non potevano mancare le macchinette per il self check-in.
Due targhe commemorative in prossimità dei controlli di sicurezza ricordano Hartsfield e Jackson, due afroamericani che hanno fatto molto per la città e il suo aeroporto.
Trovare il proprio volo è un po’ come cercare un ago in un pagliaio, ed oltretutto c’è anche il rischio che il gate possa cambiare. Mentre prendo la metro interna, il tassista mi chiama perché ha nuovamente bisogno dei dati della mia carta di credito per il pagamento; dato che non sentivo bene, esco non appena possibile, fornisco i dati e prendo il treno successivo.
Da uno spiraglio riesco a notare e poi fotografare uno dei tanti wide body della Delta, dopodiché decido di andare verso la sala VIP più vicina. A distanza di mesi è stata un po’ una sorpresa realizzare di aver scattato un’unica foto della saletta. Mi scuso con chi avrebbe voluto qualche foto in più per scoprire com’è fatta.
Il servizio è standard per una sala VIP SkyTeam, con un catering abbastanza al di sopra della media e comunque superiore a quello di Alitalia (compagnia che dovrebbe puntare sull’italianità del cibo d’eccellenza, ma vabbè). Non mancano i divani e il posto non è particolarmente affollato. La connessione wi-fi è molto veloce.
Ad una certa ora decido di andare via per dirigermi verso il gate E34, che si presenta così:
L’aereo è un regional e ad imbarcarci non siamo tantissimi. Vicino a me, durante l’attesa dell’imbarco, un signore che a giudicare dalla carta d’imbarco dovrebbe essere italoamericano ma col quale non scambio parola.
Dettaglio del tappetino con la scritta “SkyPriority”. Il colore rosso cede il posto ad una tonalità più “deltiana”.
Dopo un po’ l’imbarco inizia e un’addetta molto gentile imbarca i clienti prioritari. L’imbarco è col finger e una volta saliti a bordo ci sistemiamo abbastanza velocemente; il mio posto è il 2A, lo stesso dell’andata. Coincidenza? No, preferisco i finestrini anteriori ma non nutro, a differenza di altri, una profonda ammirazione per la prima fila: mi sistemo dalla 2 in poi è dato che la configurazione della First è 1-2, il posto 2A è proprio l’ideale. Fatto curioso riguardo il volo: il Comandante, col quale ho avuto l’occasione di scambiare qualche parola, ha lo stesso cognome (che non rivelerò per ovvi motivi) di uno dei presidenti degli USA dell’ultimo ventennio.
Pitch sempre e comunque molto generoso.
Ma come, non siete ancora decollati e già inizi a riempirti lo stomaco di Coca Cola? La risposta è sì.
Mezzi aeroportuali in piena attività e dettagli dei vari gate che vedo scorrere durante la fase di taxi out.
Quello dovrebbe essere un A330 dell’Air France, accompagnato, se non erro, da un altro wide-body della KLM Royal Dutch. Il feederaggio è sicuramente un fattore chiave che mantiene collegamenti aerei del genere, peccato che non ci sia un volo diretto da Fiumicino operato da Alitalia; l’unica opzione praticabile è la Delta, sia da Roma che da Milano-Malpensa. Questo, comunque, ci fa capire che nonostante la sua importanza in Europa e, in parte, nel mondo, l’Italia non movimenta flussi paragonabili a quelli del duo francolandese. Rispetto ai grandi traffici europei, noi siamo periferici.
“Fly Delta Jets”, dice quell’enorme insegna pubblicitaria rossa. La fase di taxi procede e vedo decollare, prima di noi, vari aeromobili della Delta e in particolare almeno un paio di Boeing 757. Vedo passare anche un Airbus della Frontier, compagnia low cost che conosco appena. Qualche minuto dopo siamo in aria.
Poco dopo il decollo sentiamo un rumore secco e notiamo una fonte di luce interna alla cabina. Nel giro di qualche secondo realizzo che la porta della lavatory anteriore non è stata chiusa bene e durante il decollo si è spalancata. Gli assistenti di volo risolvono subito il problema e la cosa finisce lì, certo però che quel rumore è stato improvviso e fastidioso anche per chi è abituato a prendere l’aereo molto spesso.
Le luci di Atlanta dopo il decollo. Le foto da me postate non sono proprio di alta qualità e quando si tratta di scattare foto di un paesaggio notturno questa pecca si manifesta al 100 per cento. Garantisco, tuttavia, che lo spettacolo era mozzafiato.
Ogni tanto bevo anche qualche bottiglia d’acqua. Sì, è una battuta. Il volo procede normalmente e la fase finale di discesa verso White Plains permette ai passeggeri seduti in prossimità dei finestrini sinistri di ammirare New York City in tutto, è proprio il caso di dirlo, splendore. Le foto dell’Atlanta di notte erano mozzafiato ma queste dovrebbero esserlo ancora di più; purtroppo, la fotocamera non riesce a rendere lo stesso effetto. La prospettiva è fantastica e decisamente panoramica: con un occhio molto attento si possono notare i vari borough della Grande Mela e gli edifici più importanti. Atterrando di notte al Kennedy o al La Guardia non credo sia possibile avere una simile prospettiva; forse, e dico forse, qualcosa di simile si può sperimentare atterrando a Newark, sempre di notte, arrivando dalla direzione giusta.
Questa chicca è stata inaspettata e scoprire che le foto non hanno la qualità sperata è stato un certo disappunto. Ci lasciamo NYC alle spalle e dopo qualche minuto atterriamo a White Plains, dove i tempi di sbarco sono molto brevi.
Ciao ciao N131EV! Sarà molto improbabile rivederti, ma mai dire mai!
Ecco la piccola area di riconsegna bagagli di HPN. Mentre aspetto il mio pezzo, vedo passare l’equipaggio del mio volo, due piloti e due assistenti di volo, che esce in fretta e furia per andare verso l’hotel a loro assegnato. Dopo qualche minuto anch’io mi ritrovo fuori, col mio bagaglio, in attesa del mio parente. Purtroppo, nonostante sia un aeroporto molto comodo per gli abitanti del Westchester, lo scalo di White Plains ha il difetto di non essere ben collegato con mezzi pubblici e di avere policy molto restrittive nei confronti dei tassisti, che possono sostare di fronte all’aerostazione per un tempo molto limitato. Per me, che ho un parente ad aspettarmi a poche decine di metri dall’area di riconsegna bagagli su un’auto di tutto rispetto, non è un grosso problema, ma per chi non ha un appoggio locale i grattacapi non devono essere pochi. Durante il tragitto di ritorno con la macchina noto qualche cumulo di neve in prossimità delle strade, e infatti mi confermano che durante la mia assenza ha nevicato non poco. Un forte contrasto rispetto al bel clima di Atlanta.
Ocean City, Maryland, USA
(galleria work in progress)
UA3901
Aeroporto di origine: Newark – Liberty (EWR)
Aeroporto di arrivo: Washington – Dulles (IAD)
Distanza tra gli scali: 341km
Compagnia: United (UA)
Aeromobile: Dash 8
Registrazione: N34NG
Nome dell’aereo: –
Classe: First
Posto: 2A (finestrino)
Gate: C101
Bagagli: NO
Ora di partenza prevista: 10:00
Ora di arrivo prevista: 11:23
Ora del decollo: 10:07
Ora dell’atterraggio: 10:55
Tempo di volo: 48min
La prossima tappa del viaggio è l’aeroporto di Washington-Dulles. Esattamente, la metà non è una città specifica, è proprio l’aeroporto internazionale di Washington, in Virginia, presso il quale si trova un museo d’aviazione molto interessante.
Piccola premessa: non molto tempo fa qualcuno, su un forum italiano d’aviazione, aveva detto che il vero hub di New York era lo scalo di Newark, che si trova nel vicino New Jersey. EWR, è questo il suo codice IATA, è ben collegato alla Grande Mela ma per chi conosce le realtà residenziali dello stato di New York, tutto può essere tranne che l’hub di riferimento della zona. Se andate a Manhattan, Newark può essere una buona alternativa al Kennedy, ma se state nelle aree dal Westchester in su, come nel mio caso, arrivarci può essere un incubo, tant’è che passare dalla comodità di White Plains al caos di Newark è stato un mezzo trauma. Molto più difficile da raggiungere dello scalo JFK, e con soluzioni di viaggio che prevedevano a) una donazione di sangue/organi ai tassisti o b) più cambi tra taxi, treni e pullman, per chi sta nel Westchester l’aeroporto Liberty di Newark è forse l’ultimissima tra le opzioni preferite.
Vista la situazione, devo farmi accompagnare con la macchina la mattina presto, prima dell’alba. Ecco come si presenta l’area immediatamente al di fuori dell’aerostazione.
Viaggio in classe First con United e questa è l’entrata riservata ai passeggeri premium della compagnia che fa di Newark il suo hub di riferimento per la East Coast.
Un po’ di caos mattutino, più che giustificato. Alla fila per i controlli di sicurezza prioritari, un signore americano – il tipico businessman – dice con calma e a voce medio-alta che questa lentezza nei controlli è ingiustificata perché i passeggeri premium, generalmente, non hanno grossi bagagli a mano e i controlli dovrebbero essere fluidi. Ha ragione, ma a me non sembra una questione di inefficienza dei controlli quanto di sovraffollamento dei passeggeri.
Ecco il bel panorama garantito da una lounge Premier di United.
Lounge affollata, sì.
Ma come, niente Coca Cola? Vabbè, un succo ogni tanto ci può stare. Mentre aspetto, faccio il check-in online del volo che prenderò il giorno successivo, poi scoprirete quale…
Sì, le lounge americane battono in stile quelle italiane. La cosa invita a riflettere, vero?
Spazi-lavoro dedicati a chi viaggia per lavoro.
Vasta scelta di riviste e schermi dove monitorare lo status del proprio volo.
Uscendo dalla lounge per andare al gate, scatto una foto dell’entrata.
Premio Priority Pass “Lounge of the year 2010”, credo meritatissimo.
Via verso il gate d’imbarco.
United Express Dash 8. Ecco il turboelica che mi porterà a Dulles.
Divisione in file molto complessa, man mano che l’orario d’imbarco diventa imminente il gate inizia ad affollarsi. In Italia, e non lo dico solo per fare una battuta, un gate con divisione in gruppi da 1 a 5 sarebbe improponibile.
Eccomi a bordo.
Pitch generoso anche su United First. Durante le operazioni d’imbarco, l’assistente di volo dell’Economy annuncia ai passeggeri il benvenuto a bordo su un volo diretto a Washington-Reagan, l’altro aeroporto di Washington. La passeggera seduta all’1A, di fronte a me, si preoccupa e parla con la capocabina che sta di fronte a noi. Lei garantisce che il volo è diretto al Dulles, non al Reagan, e rassicura la passeggera dicendo che pur volendo non è possibile atterrare a DCA anziché a IAD. Usa l’interfono per dire alla collega, testualmente, “We’re going to I-A-D!”. Problema risolto, a partire dall’annuncio successivo in poi, si parla solo ed esclusivamente del Dulles.
Durante l’imbarco un signore si siede al corridoio al lato opposto al mio, un tizio vestito bene che non mastica bene l’inglese. Si siede, e durante le operazioni di imbarco passano due signori italiani che parlano con questo passeggero facendo battute sull’essere in First anziché in Economy. No, basta, anche qui? Mi perseguitate, vi siete messi tutti d’accordo… scherzi a parte, dovevano essere passeggeri in transito arrivati da Malpensa e diretti a Washington.
Taxi out e decollo sul turboelica Dash.
La rotta è corta e l’aereo non raggiunge mai una quota elevata. Durante la crociera, il rumore delle eliche si sente molto di meno.
La rivista di bordo United.
Il volo è corto, si ha sempre l’impressione di volare con le nuvole a fianco. La discesa permette a chi vuole di scattare qualche foto del paesaggio da periferia che caratterizza queste zone. Non è tipico come quello della Georgia, anzi… sembra quasi italiano.
La serietà e la concentrazione dei passeggeri americani è una caratteristica peculiare. A proposito, anche qui si nota la separazione tra First ed Economy, e il passaggio dalla configurazione 1-2 a quella 2-2.
Hehe…
Inizia la discesa, direzione Washington Dulles.
Che bel fiume, chissà se è il Potomac…
Atterraggio a IAD con frenata molto ma molto brusca…
Particolare del motore sinistro durante la fase di taxi in. Arriviamo all’area di parcheggio ma le porte non si aprono, aspettiamo diversi minuti. Il passeggero italiano alla mia destra, col quale sono più che orgoglioso di non aver scambiato nemmeno una parola, inizia a borbottare, magari fiero di portare la cultura dei viaggiatori italiani in giro per il mondo. Però, purtroppo per lui, siamo in un paese serio con persone serie, e nessun altro si lamenta.
Usciamo dal Dash, una rapida foto all’aeromobile prima di andare via e realizzare cos’è successo…
Vedete i signori sulla sinistra? Quello seduto è un operatore aeroportuale di terra di ovvie origini asiatiche rimasto ferito poco prima. Un fiume di sangue usciva dalla sua testa, tamponato in parte da un panno bianco poi diventato rosso. Persino il comandante è sceso per assicurarsi che non sia stata una ferita grave. Ascoltando gli altri operatori, credo di aver capito cosa sia successo: aprendo lo sportellino laterale per attaccare il GPU, ground power unit, l’operatore è stato colpito alla testa dallo sportellino stesso, e anche con una certa violenza.
Uscendo dal finger scatto una foto del concourse in cui ci troviamo…
…e poi mi giro per scattare un’altra foto dell’aeromobile. I colleghi dell’operatore sono andati in suo soccorso, e credo che il secondo da sinistra sia proprio il comandante del volo. Chissà se il tizio italiano ha visto l’accaduto, e chissà se nonostante tutto ha continuato a borbottare. Non c’è limite all’insensibilità delle persone.
Una delle caratteristiche del Dulles è il modo in cui i passeggeri si spostano da un terminal all’altro. Dei mezzi speciali parcheggiati a ridosso della struttura caricano i passeggeri e si spostano tra un edificio e l’altro. Sembrano una via di mezzo tra i normali cobus aeroportuali e delle auto da Destruction Derby.
Procedendo verso gli arrivi, passiamo vicino ad un Airbus della Virgin in fase di pushback.
L’aeroporto di Dulles è dedicato, appunto, a John Foster Dulles.
Piccola galleria d’arte presente in aeroporto.
Gem Gallery, credo dedicata agli impiegati di United e/o di IAD.
Una volta uscito dall’aeroporto, prendo un pullman per uno dei posti più belli al mondo se siete appassionati d’aviazione.
Steven Udvar-Hazy Center, Virginia, USA
(galleria work in progress)
B61808
Aeroporto di origine: Washington – Dulles (IAD)
Aeroporto di arrivo: New York – Kennedy (JFK)
Distanza tra gli scali: 366km
Compagnia: jetBlue (B6)
Aeromobile: Embraer 190
Registrazione: N198JB
Nome dell’aereo: Big Apple Blue
Classe: Economy (unica disponibile)
Posto: 10D (finestrino), effettivo 8C (corridoio)
Gate: B70
Bagagli: NO
Ora di partenza prevista: 19:40
Ora di arrivo prevista: 21:00
Ora del decollo: 20:05
Ora dell’atterraggio: 20:57
Tempo di volo: 52min
Reduce dalla bella esperienza al Center, ritorno al Dulles e passo i controlli di sicurezza. Ovviamente non potevano mancare due o tre italiani che borbottavano. Ribadisco: basta. Almeno quando sono in vacanza lasciatemi stare!
Aspetto al B70 e assisto, da lontano, ad una strana scena. Se ho capito bene, al gate opposto al nostro c’era un volo in ritardo che poi ha recuperato il ritardo stesso ed è partito. Un paio di passeggeri, due ragazzi intorno ai trent’anni, si sono presentati al gate quando era ormai troppo tardi e hanno perso il volo, dando inizio ad uno spettacolo che si è poi concluso pacificamente (anche perché se qui fai casino arriva la Polizia che prima ti prende a manganellate e poi ti chiede cos’hai fatto).
Ora, per quanto io possa essere un fan di jetBlue, che di low cost ha forse solo il nome, la differenza rispetto alle esperienze di volo precedenti si nota. Innanzitutto, manca una lounge e questo rende l’attesa più “lunga”. Secondariamente, avendo solo la classe Economy disponibile su questa rotta, avrò sicuramente qualcuno al mio fianco e questo ridurrà la percezione del comfort.
L’aereo, un Embraer E190, arriva e parcheggia. Escono i passeggeri del volo in arrivo, tra i quali uno o due piloti di un’altra compagnia, credo American Airlines. Non ricordo bene; è interessante però notare come gli accordi interni permettano ad equipaggi di compagnie diverse di usufruire dei voli per spostare gli equipaggi in base alle esigenze.
Prima dell’imbarco, mentre aspetto, una ragazza bionda seduta per terra di fronte a me si piega e permette ai fortunati (in questo caso soltanto il sottoscritto) di guardare il bel panorama. Un dettaglio poco rilevante, direte voi.
Avevo preassegnato il posto 10D, un finestrino, e mentre sto per sedermi la ragazza seduta al posto a fianco al mio mi chiede gentilmente di passare al corridoio 8C, posto assegnato alla sua amica. Vorrebbero sedersi insieme ma gli sono capitati due posti separati… le dico che forse dovremmo informare un assistente di volo dell’avvenuto cambio, ma per lei non è il caso. L’altra ragazza si imbarca, mi vede al suo posto, mi ringrazia tanto e va ad occupare il 10D. Al mio fianco, all’8D, una signora mora.
Non starò al finestrino, pazienza, ma volare con jetBlue è uno spettacolo a prescindere da tutto. Lo svantaggio di non avere una lounge e di non poter stare in First è ampiamente compensato dal sistema di intrattenimento di bordo.
Comando laterale per controllare l’IFE del mio schermo.
Visualizzo la mappa per scattare una foto dello schermo. Come potete vedere, Dulles è periferico rispetto a Washington, è un po’ quello che Malpensa costituisce per Milano. Reagan, l’aeroporto nazionale, è praticamente in città e non dista molto da Arlington.
La jetBlue offre, in Economy, i posti più spaziosi d’America. Chi vuole Even More Space, ancora più spazio, può acquistare dei posti dedicati con un seat pitch migliore.
Aspettiamo un po’ prima di partire, credo per traffico aereo (stiamo andando a JFK, credo sia normale), dopodiché decolliamo. Il rumore dei motori dei jet regionali Embraer è caratteristico.
Tantissimi canali televisivi, musica a go go… che sistema stupendo. Quello dovrebbe essere John Cena un attimo prima di un incontro di wrestling.
Una volta, i passeggeri di un volo jetBlue protagonisti di un incidente sono riusciti a vedere sul sistema di intrattenimento del proprio posto i servizi televisivi esclusivi dedicati al loro volo decollato da Los Angeles e costretto al rientro per un problema al carrello.
La nostra destinazione è la principale base di jetBlue, il Terminal 5 di JFK.
Un’assistente di volo molto carina di nome Kristen o Kristin, credo Kristin, serve queste patatine. Nonostante la compagnia sia low cost, il catering di base è gratuito.
Non manca molto all’arrivo a New York.
Ecco come si presenta il Terminal 5, considerato il migliore del Kennedy e comunque uno tra i migliori d’America. Dato che ho un volo la mattina successiva, molto presto, non mi faccio venire a prendere e faccio un pit stop presso un hotel del Queens. Fuori dal T5, una fila interminabile di passeggeri in attesa di un taxi, che riuscirò a prendere dopo un’attesa non inferiore ai 45 minuti.
AA1995
Aeroporto di origine: New York – Kennedy (JFK)
Aeroporto di arrivo: Charlotte – Douglas (CLT)
Distanza tra gli scali: 872km
Compagnia: American Airlines (AA) operato da US Airways (US)
Aeromobile: Airbus A321
Registrazione: N543UW
Nome dell’aereo: –
Classe: First
Posto: 2F (finestrino)
Gate: 36 (Terminal 8)
Bagagli: NO
Ora di partenza prevista: 8:15
Ora di arrivo prevista: 10:23
Ora del decollo: 8:43
Ora dell’atterraggio: 10:18
Tempo di volo: 1h 35min
Rieccomi a JFK per un altro viaggio. Una navetta gratuita porta i clienti dell’hotel al Kennedy, facendo vari stop lungo tutta la strada circolare dei vari terminal. Gratuita o no, la mancia all’autista per la sua gentilezza ci sta, sempre.
American Airlines e US Airways, in fase di fusione ormai avanzata, hanno combinato un mezzo “guaio”: il volo è AA, operato da US, e le compagnie hanno fornito due codici di prenotazione e due numeri di biglietto diversi. Per qualche strano motivo, non ho potuto stampare le carte d’imbarco al banco check-in e ho dovuto smanettare ai chioschi self check-in per ottenerle, provando più volte l’uno o l’altro codice.
Il tempo non è tantissimo e bypasso la lounge per andare direttamente al gate.
La destinazione è Charlotte, uno dei principali hub della US che però vedrà le sue operazioni di lungo raggio ridotte in seguito alla fusione con American. Durante l’attesa, a due o tre gate dal mio una serie di annunci invitano i passeggeri di un volo in overbooking a rinunciare al volo in cambio di un voucher e riprotezione su una frequenza con scalo. Credo che il voucher annunciato fosse di 200 dollari circa.
Sembrava tutto così concitato, anche perché fino all’ultimo al gate hanno atteso passeggeri in transito provenienti da altre destinazioni senza cancellarli per cedere il posto ai passeggeri overbooked.
L’imbarco del nostro volo inizia. Io vado matto per gli Airbus A321 e ammetto anche di regolare le mie prenotazioni anche in base alla presenza o meno di quest’aeromobile, un gigante tra i narrow body. Se, per esempio, posso scegliere tra i voli Alitalia da Lamezia che partono alle 7 e alle 8 del mattino, e il primo è operato da A321, sceglierò quello.
Ho volato più che altro su A321 Alitalia, ma quelli di US Airways sono avanti. Innanzitutto, hanno una vera classe First con configurazione 2-2 e vere e proprie poltrone, mentre la configurazione in Economy è la classica 3-3. Io credo che chi comanda in Alitalia debba come minimo fare un viaggio su uno di questi aerei per capire cosa significa offrire un servizio all’altezza ai passeggeri premium.
Barriere che separano la First dall’Economy. Ops, si vede anche un ciuffo dei miei capelli.
Rivista di bordo US che tratta la Georgia che, come già visto, ha uno stile caratteristico.
Il capocabina, credo con un forte accento del Sud, serve rinfreschi ai passeggeri di First. Prima del decollo l’aeromobile si ferma e il comandante annuncia un po’ di attesa: mancano alcuni dati dal weight and balance office, l’equivalente del nostro ufficio del centraggio, senza i quali ovviamente l’aereo non può decollare. Per me è una cosa inusuale perché da noi nessun aereo sblocca dal parcheggio se i dati del centraggio non sono stati finalizzati e firmati sia dall’agente di rampa che dal comandante. L’America è un altro mondo per chi lavora nel settore dell’aviazione civile.
Siamo quasi allineati, pronti a lasciare JFK per andare al Douglas di Charlotte, CLT.
Ci siamo quasi…
Via, siamo in volo! Questo è il paesaggio tipico del Queens, e il lontananza potete notare la skyline di Manhattan.
Mi improvviso latinista per affermare: Coca Cola biscottisque abbundant in ore viatorum.
Nuvole, sempre e solo nuvole durante il tragitto. US offre anche una connessione internet (altra cosa da far sapere a chi comanda in Alitalia) ma non ne usufruisco perché ho dormito poco e preferisco riposarmi.
Ovviamente si capisce che siamo in un hub dominato dal gruppo American Airlines. Ecco a voi Charlotte-Douglas.
Prima di lasciare l’aeromobile scatto una foto della poltrona di classe First.
Ecco l’area transiti di CLT. La mia destinazione è il museo d’aviazione della Carolina del Nord e del Sud, non molto distante dallo scalo.
Carolinas’ Aviation Museum, North Carolina, USA
(galleria work in progress)
AA1824
Aeroporto di origine: Charlotte – Douglas (CLT)
Aeroporto di arrivo: New York – Kennedy (JFK)
Distanza tra gli scali: 872km
Compagnia: American Airlines (AA) operato da US Airways (US)
Aeromobile: Airbus A321
Registrazione: N151UW
Nome dell’aereo: –
Classe: First
Posto: 1A (finestrino)
Gate: C06
Bagagli: NO
Ora di partenza prevista: 18:35
Ora di arrivo prevista: 8:30
Ora del decollo: 19:12
Ora dell’atterraggio: 20:29
Tempo di volo: 1h 17min
Che dire, esperienza interessante, non proprio ai livelli del Center di Dulles ma comunque degna di nota. Ritorno al Douglas, per prendere l’aereo che mi riporterà a New York.
Qui così come ad Atlanta, ho fatto una gran bella fesseria. Ho una sola foto scattata alla lounge US Airways che, tra l’altro, mostra alcuni aeromobili parcheggiati fuori. Ancora stento a crederci… per fare un paragone, la lounge era molto simile a quella di United già visitata a Newark, con aeree riservate a chi deve lavorare al computer.
Durante l’attesa vedo atterrare un paio di A330 della US Airways, molto belli, e un aeromobile Lufthansa. Su un articolo letto un paio d’anni prima, avevo appreso che il Douglas ha addirittura due torri di controllo, una delle quali è controllata da US Airways e serve per gestire gli spostamenti degli aeromobili sulla rampa. Nonostante questo, il traffico era molto intenso e ho visto diversi aerei aspettare fermi per qualche minuto prima di procedere col taxi out e decollare. Charlotte non avrà un super aeroporto, ma non si può dire che non è congestionato.
Dal gate, riesco a scattare una foto all’aereo che mi riporterà a New York, un altro A321.
Eccomi qui, al posto 1A. Come ho già detto non sono un fan delle prime file, ma nel momento in cui ho fatto il check-in online l’1A era l’unico posto disponibile. Scambio quattro parole col comandante del volo e la capocabina, e mi siedo.
Il volo partirà in ritardo per traffico aereo (Charlotte è già quello che è e il nostro volo è diretto al Kennedy, immaginate il caos). Due passeggeri con coincidenza per Doha, credo operata da Qatar, sono stati fatti sbarcare perché avrebbero sicuramente perso la loro coincidenza. A loro è stata garantita la riprotezione via Londra (probabilmente Heathrow), e ciò ha comportato qualche minuto di attesa exra per permettere agli operatori di trovare i bagagli dei due passeggeri e rimuoverli. Entrambi i passeggeri erano in First, a pochi passi da me.
Guardando verso avanti vedo questo. Non è proprio il massimo, ma è opportuno notare che con la fusione tra US e AA, il logo US presto diventerà storico.
Foto di pessima, anzi pessissima qualità, lo riconosco. Ma tra il cellulare che non era proprio al top e la luminosità, il risultato è questo.
Allo sbarco, scatto questa foto del sedile 1A.
Arrivato a New York JFK T8, prima di uscire, scatto un paio di foto a queste opere artistiche molto carine. Come prevedibile, là fuori il traffico era inaudito e ho dovuto aspettare un bel po’ prima che il mio parente mi venisse a prendere per portarmi nuovamente nel Westchester.
AZ611
Aeroporto di origine: New York – Kennedy (JFK)
Aeroporto di arrivo: Roma – Fiumicino (FCO)
Distanza tra gli scali: 6873km
Compagnia: Alitalia (AZ)
Aeromobile: Airbus A330
Registrazione: EI-EJM
Nome dell’aereo: Giovanni Battista Tiepolo (livrea speciale: Expo Milano 2015)
Classe: Business
Posto: 4A
Gate: 03 (Terminal 1)
Bagagli: 3/40kg
Ora di partenza prevista: 22:00
Ora di arrivo prevista: 12:35
Ora del decollo: 22:25
Ora dell’atterraggio: 12:09
Tempo di volo: 7h 44min
Rieccomi al T1 di New York per ripartire e tornare in Italia, sicuro come al solito che è solo questione di mesi prima di tornare nuovamente qui.
Arrivo decisamente presto e i passeggeri al check-in sono pochi. Io vado al desk SkyPriority e lascio i miei tre bagagli con peso complessivo di 40kg. Questa volta l’addetta al check-in conosce bene la mia franchigia.
Il Terminal 1 di JFK non è proprio all’altezza delle compagnie che vi operano, ma qualche miglioramento c’è stato. A partire dalla segnaletica, per esempio.
Dalla lounge Michelangelo riesco a scattare una foto di EI-EJM, l’A330 con livrea speciale dell’Expo che opererà il mio volo.
Non ho mai capito a cosa servono questi schermi, mai trovati accesi.
Coincidenza delle coincidenze, mi rendo conto – ma ormai è troppo tardi – che un amico blogger si trovava nella lounge Air France a poche decine di metri dalla Michelangelo. Non siamo riusciti a salutarci, purtroppo. Certo che è stata un’occasione davvero particolare dato che nessuno dei due era al corrente della presenza dell’altro a New York, men che meno della presenza a JFK proprio in quel momento.
Si ritorna in Business! Le operazioni d’imbarco in Magnifica sono sempre fluide e scorrevoli, c’è tanto spazio pro capite ed è molto difficile incrociare un altro passeggero.
Siete riusciti a cogliere il dettaglio? Pollice all’insù con la mano destra, cellulare con la sinistra.
Come quasi tutti sanno, al ritorno serve meno tempo. Un po’ per il jet stream che facilita il volo, un po’ per la rotta, più morbida.
Mai dire di no agli assistenti di volo che preparano il tavolino per servire il pasto, mai.
Un bel salto di qualità rispetto alle cose mangiate e bevute durante i voli domestici in America, giusto?
Durante il volo, ne approfitto per guardare il remake de Il Pianeta delle Scimmie. Ho visto al cinema il seguito di questo remake, e pur conoscendo la storia, qualche tassello mancava e ho deciso di riempirlo. Bel film, molto psicologico, nonostante il finale sia scontato praticamente dal principio.
Momento folle: mentre tutti dormono attivo il flash per scattare questa foto che non ha molto senso.
A poco più di cinque ore dalla partenza, la rotta diventa più diretta e andiamo verso Fiumicino. Come al solito, sorvoleremo la Francia e prima dell’arrivo prenderemo la colazione.
Ci siamo quasi, siamo a meno di 430 miglia da Roma.
Anche qui, distesa di nuvole su nuvole…
Ormai manca poco, la luce del Sole rianima l’ambiente dopo il volo notturno.
A bassa quota il paesaggio laziale che si può ammirare è questo.
Ci siamo quasi, manca poco al tocco.
Sorpresa, parcheggiamo ai remoti. Questo renderà lo sbarco un po’ più scomodo, ma c’è anche un piccolo vantaggio: potrò scattare delle bellissime foto dell’aereo con livrea Expo Milano 2015. L’annuncio fatto a bordo specifica che per i passeggeri di classe Business è previsto un cobus dedicato per lo sbarco.
EI-EJM in tutto il suo splendore! Ora è giunto il momento di prendere la coincidenza per Lamezia…
AZ1171
Aeroporto di origine: Roma – Fiumicino (FCO)
Aeroporto di arrivo: Lamezia Terme – Sant’Eufemia (SUF)
Distanza tra gli scali: 469km
Compagnia: Alitalia (AZ)
Aeromobile: Airbus A320
Registrazione: I-BIKI
Nome dell’aereo: Girolamo Frescobaldi
Classe: Economy (unica disponibile)
Posto: 4F
Gate: B15
Bagagli: 3/40kg (in transito da volo precedente)
Ora di partenza prevista: 14:45
Ora di arrivo prevista: 15:55
Ora del decollo: 17:24
Ora dell’atterraggio: 18:06
Tempo di volo: 42min
Decido di aspettare alla Borromini ma col senno di poi sarei potuto andare alla Dolce Vita, a breve capirete il motivo.
Commetto l’errore di andare al gate come se il mio volo fosse in orario…
…e trovo il cosiddetto Chaos nella sua personificazione multipla. Le operazioni di imbarco sono tutte bloccate causa maltempo. Nonostante la lunga attesa, decido comunque di aspettare lì.
Alla fine l’imbarco inizia e ci dirigiamo verso un parcheggio remoto. Rispetto al volo precedente, la differenza è veramente abissale.
Praticamente sono le stesse persone con le quali avrò a che fare in aeroporto.
Il nostro compagno di parcheggio, EI-IMI con livrea speciale del Friuli Venezia Giulia, ormai riverniciato. Bella livrea, vista da vicino più di una volta sia come passeggero che come addetto.
Cielo da scenario post-apocalittico, ma comunque bello da vedere. Merita decisamente una foto. C’è anche un addetto che fa cucù.
Un attimo prima di salire a bordo, sento il dovere morale di scattare questa foto per tramandarla ai posteri. Gioco di luci molto bello.
Venendo da un volo intercontinentale operato da EI-EJM, vedere questo logo vicino alla porta anteriore dell’Airbus sembra quasi aprire un continuum spazio-temporale.
Ma perché Alitalia non introduce una First domestica all’americana? Perché, perché, perché?
Alla nostra sinistra avevamo EI-IMI, alla nostra destra un Embraer e altri Airbus. Partiamo finalmente, e come accade puntualmente dopo un volo intercontinentale mi annoio da morire.
A Lamezia è già buio quando arriviamo. A fianco a noi un Boeing 737 della Ryanair.
Andando agli arrivi noto per la prima volta questo cobus promozionale che riprende lo stesso stile usato sugli aerei Alitalia con livree speciali calabresi.
Il viaggio finisce, e subito dopo inizia il calvario…